40 anni di pallavolo a Sammichele di Bari: buon compleanno

di Alessandra Morgese

06/05/2011

40 anni di pallavolo a Sammichele di Bari: buon compleanno
L’associazione culturale “la Piazza” ha contattato i componenti della prima squadra di pallavolo sammichelina, li abbiamo intervistati e abbiamo organizzato una serata, in cui, attorno ad un tavolo, si sono incontrati, alcuni dopo molti anni. Cogliamo questa occasione per ringraziare tutti loro per l’impegno profuso con spirito di volontariato e passione. La squadra iniziale era composta, come dice Michele Spinelli (uno dei “padri” della squadra), da Francesco Spinelli, Aurelio Tasso, Domenico Liotino, Peppino Pastore, Tonino Fortunato, Domenico Pastore, Lorenzo Netti, Giovanni Lotito, successivamente si aggregarono Giovanni Bianco Maselli, Martino Fischietti, Mauro Magistro, Michele Netti, Nicola Netti.

Francesco Spinelli. “Lo sport mi ha dato molto a livello di crescita personale e grazie alla pallavolo non è mai esistito il gioco delle carte, la frequenza dei bar”. Aurelio Tasso condivide e aggiunge che la pallavolo, essendo lui caratterialmente molto timido, lo ha aiutato a diventare più spigliato. Domenico Liotino aggiunge che era un gruppo di amici e che la pallavolo era un collante fra loro. Oggi, tutti sono concordi nel dire che la pallavolo è stato un fenomeno positivo per Sammichele.

Domenico Liotino: “tutto cominciò fra un gruppo di amici in un campo di terra in via Bologna, eravamo io, Domenico, Giovanni, Giovanni, Peppino, Aurelio e giocavamo solo fra di noi. Costruimmo la rete e poi, per un anno, andammo a giocare sul ponte della via vecchia per Turi”; Mimì Costantiello quando vide questo gruppo li contattò. “La prima riunione con Mimì l’abbiamo fatta nel Central bar dove adesso è il Bari Club”, continua Domenico - “mettemmo 200 lire a testa e comprammo il pallone”, ricorda Nicola Netti: “lo pulivamo ogni volta con la pomata delle scarpe”. “Quando comprammo il pallone, andammo vicino al campo sportivo sotto un lampione, tutti intorno a Mimì facevamo i palleggi e quando andava a terra ci preoccupavamo perché si raschiava” conferma Domenico “questo fu l’embrione di una società che fece il primo campionato juniores. Stavamo nel circolo della Juventus Club, sede in via Cavour, presidente Vito Di Pierro, nel 1972, e abbiamo giocato solo qualche torneo. Dopo un anno ci trasferimmo ai campi da tennis. Le prime amichevoli le abbiamo giocate ad Acquaviva, Noci e Turi andando con la bicicletta, [Giovanni e Nicola avavano 12 anni ed erano anche ciclisti]. Altre volte siamo andati con la macchina di Mimì: 6 persone nella 600. La stessa auto era lo spogliatoio quando giocavamo sul ponte. Poi per motivi di lavoro Mimì lasciò e seguì Mimmo Alboreto che stravolse tutto perché veniva da Bari, dalla serie B. Ci fece fare un salto di qualità e incanalò i giocatori nei vari ruoli.

Francesco ricorda: “Nel 1973 abbiamo cominciato a giocare con la Federazione (FIPAV), ma non avevamo nulla, così interessammo il sindaco Nicola Madaro, che coinvolse qualche azienda locale. Ai tempi, c’era il maglificio “Manifatture Bari” dietro la Chiesa che lavorava solo la lana, ci fecero delle maglie di lana a mezze maniche, bianco/celeste, accollate. Cominciammo a giocare d’estate, si può immaginare il caldo, il pantaloncino ognuno lo trovò per sè, quella fu la nostra prima divisa. Tutto questo coincise con l’ingresso nei nuovi campi da tennis in via Tenente Pino Pugliese, custode Michele”. Francesco riuscì ad avere i diritti del Mottola che giocava in serie D. “Ci allenavamo ai campi da tennis con tanto entusiasmo. Un giorno conoscemmo Adamo Forte che ci presentò il nipote Mimì Alboreto, amante della pallavolo che divenne il nostro allenatore. Ha dato molto a tutti noi. (n.d.r. quando lo abbiamo contattato per invitarlo a cena ha detto “per i miei ragazzi andrei anche in capo al mondo, non dirò mai di no quando ci sono loro di mezzo”). Con Mimmo arrivammo alla serie C - prosegue Francesco - purtroppo noi salivamo per merito, ma scendemmo per motivi economici. Uno dei primi sponsor fu Dino Petrera, un grande sostegno soprattutto per quanto riguarda le strutture. Il rapporto con lui nacque quando l’Amministrazione Comunale fece costruire il palazzetto affianco ai campi. Poiché per fare la serie C era obbligatoria una palestra al coperto il sindaco di allora, Nicola Morgese, ci concesse l’uso della palestra. Il primo anno giocammo all’aperto, chiedendo in prestito, come garanzia per la federazione la palestra al comune di Casamassima. Generalmente giocavamo all’aperto, in deroga; mi ricordo - dice Francesco - che quando siamo andati a giocare a Brindisi, con il Libertas Brindisi, perdemmo 3 a 0, invece a Sammichele vincemmo, con gli stessi, 3 a 0 perché solo noi eravamo allenati a giocare all’aperto. Tutti perdevano perché non erano abituati a giocare all’esterno. Quando entrammo nel palazzetto ci rendemmo conto che non c’era l’impianto di luci e la breccia per terra. Senza perderci d’animo, contattammo Petrera che ci fece il massetto di cemento, l’impianto elettrico, abusivo, lo collegammo con il campo esterno. Gli spogliatoi erano nei campi da tennis. L’anno ‘76/77 fu l’anno migliore, vincemmo. Poi nel ‘78 ci fu la scissione. Quell’anno ripetemmo il campionato di serie C e fu un disastro e vendemmo i diritti a Gioia. Ci scoraggiammo, ci fu molto malcontento anche perché eravamo molti e non tutti giocavano. All’epoca si giocava per il piacere di farlo e non per il premio economico, per quanti eravamo si potevano fare 3 squadre. L’anno successivo facemmo due campionati di terza divisione, si crearono due squadre in due gironi diversi e fummo promossi entrambi”. Del gruppo B era organizzatore D. Liotino, del gruppo A Francesco. Il girone di serie D era unico, poteva giocare solo una squadra. Quale delle due? Si fecero tante riunioni. Due le posizioni una squadra e i “giovani emergenti” o due società. Nacque la scissione. Aurelio afferma che tutto era predefinito, si erano create due leadership nel gruppo. Domenico era bravo da un punto di vista tecnico, mentre Francesco era un ottimo manager per la squadra. La scissione portò alla creazione dell’”Atletica Volley” e della “GS pallavolo”.

Quali sono le maggiori differenze che si riscontrano fra il passato e il presente della pallavolo?

“Fra il passato e il presente la differenza è che oggi si scimmiottano i professionisti, ma non si è tali - afferma Domenico - Oggi a Sammichele non giocano i sammichelini, si spendono un sacco di soldi per far giocare i ragazzi di fuori. Noi giocavamo per il piacere di farlo, eravamo amici, si litigava, si tornava insieme e con i soldi che si ricavavano dagli sponsor pagavamo solo la Federazione e la benzina per andare a giocare”. Aurelio aggiunge “La presenza all’allenamento era ed è importante. In passato facevamo i salti mortali per allenarci, nonostante i tanti impegni. Per la pallavolo noi lasciavamo ogni cosa; non si studiava molto anche a causa della pallavolo”. “Noi avevamo una passione pura - dice Francesco - Il mio impegno, afferma, era di sette giorni alla settimana, la mia auto personale era diventata della società”. Raccontano che Michelino divenne un punto di riferimento perché sempre presente. Per le trasferte si facevano anche tre viaggi per la stessa partita. Quasi tutti furono contattati da squadre più blasonate, ma nessuno ha accettato, a parte Mauro, perché preferivano giocare a Sammichele, “per la nostra squadra”. All’epoca, unico giocatore non Sammichelino era Gianfranco Milano [l’attuale allenatore della Riso Scotti Pavia], sammichelino di adozione. Gianfranco arriva dal Liceo Scientifico di Gioia, campione provinciale per tre anni consecutivi, dove c’era una squadra formata da Domenico, Gianfranco, Giovanni, Domenico, e pochi altri non di Sammichele. Aurelio ricorda che l’iscrizione al primo campionato juniores si fece grazie ad un’autotassazione del sindaco Nicola Madaro e tutta la giunta comunale. “Successivamente abbiamo avuto sempre contributi comunali o regionali, ma è pur vero che una divisa durava tre anni, oggi - dice Domenico - mio figlio ne ha anche più di una l’anno, oltre al borsoni e accessori”. Nicola ricorda l’episodio di quando è stato radiato. Tutto successe alla fine del derby “Atletica Volley” contro “GS Pallavolo”. “L’ultimo punto l’arbitro fischiò un’invasione a Battista Patruno. Era un momento decisivo. A noi sembrò che l’invasione non ci fosse stata. Tutti balzammo intorno all’arbitro e io mi infuriai. - Aggiunge molto simpaticamente - il giorno prima ero andato a Bari a ritirare il premio per buona disciplina nella pallavolo. Fortunatamente, nominato presidente nazionale il dott. Pietro Florio, fece un’amnistia”. In realtà, sia lui che gli amici dicono di non aver mai picchiato l’arbitro, benché ci fosse l’intenzione. In quel derby vinse il GS Pallavolo. Un altro elemento che fa capire cosa può essere cambiato oggi rispetto al passato, lo raccontano Domenico e Giovanni: “ci vestivano in modo elegante, buttavano il borsone fuori dalla finestra e andavano a giocare. I genitori non immaginavano che stessimo ai campi da tennis”. Aurelio racconta che quando doveva giocare, per

non farlo sapere ai genitori, nascondeva la divisa in un buco di un muro a secco.

Domenico Pastore ricorda: “l’amore nacque all’inizio, per aver praticato la pallavolo dai tempi della scuola media. I primi campionati li abbiamo giocati nella struttura dei campi da tennis, perché era l’unica. Michele, è stato il nostro padre putativo. Se non ci fosse stata la sua disponibilità non ce l’avremmo fatta. Poi, quando dovevamo giocare fuori paese, lui ci accompagnava con la sua macchina. Lui e altri due amici: Gianni Spinelli e Leonadro Spinelli. Poi subentrò Francesco e devo dire che grazie alla sua intraprendenza si poté costituire, in maniera organizzata, la società e quindi intrattenere rapporti anche con il Comune e con la Banca, per avere qualche aiuto economico”.

Si andava a giocare anche nel Centro Sociale?

“Sì, all’inizio, in pochi si giocava all’Oratorio, sarà stato il ‘71-‘72. Nel periodo della scuola media. Poi mi sono iscritto al liceo scientifico e sono nate amicizie con persone che amavano la pallavolo”.

Quando ci fu la fondazione della squadra femminile?

“Ricordo che alcune ragazze giocavano anche a pallacanestro. Quelle più versatili si buttarono nella pallavolo. Si fece la squadra femminile, anche se di numero limitato”.

Vuoi ricordare come è nata la squadra?

Giovanni Bianco Maselli. “Andavamo ancora alla scuola media, non c’era nessuna palestra coperta, si giocava all’esterno, di fronte alla casa del detersivo. C’era un gruppetto di ragazzi accomunati da questa passione per la pallavolo. Mimì Costantiello, qualche anno più grande di noi, era molto appassionato e faceva da allenatore e giocatore. si costuì la squadra e la scuola media ci dette la possibilità di utilizzare i ritti per la rete, che montavamo e smontavamo ogni giorno, e cominciammo a giocare sul ponte della via di Turi vecchia. Noi eravamo forti, ma senza tecnica. Poi dopo circa un paio di anni Costantiello andò via e ci fu un breve periodo in cui allenò Aurelio Tasso. Ma il salto di qualità avvenne con Mimmo Alboreto”.

Ritieni che questa esperienza ti abbia condizionato la vita?

“E’ stata una esperienza umana notevole, però alcune volte faccio la considerazione che una minima parte della motivazione che mi ha portato ad abbandonare l’Università, sia stato il fatto che ero molto preso dalla pallavolo. Il fatto di praticare uno sport faceva risentire il rendimento scolastico. Sicuramente rifarei tutto, è stata una esperienza molto importante”.

La gente vi seguiva?

“Certo. Quando giocavamo, i campi da tennis erano pieni, e in alcuni casi la gente saliva sul tetto degli spogliatoi. Successivamente costruirono la palestra e c’era sempre il pienone”.

E le famiglie?

“Mio padre all’inizio non mi diceva nulla, poi, quando avevo raggiunto 24-25 anni, mi faceva notare che era meglio lasciare, la considerava una perdita di tempo, ma alla fine non mi ha condizionato più di tanto”.

Michele Netti dice che la differenza fra il passato e oggi sta nel fatto che allora giocavano molti di Sammichele oggi pochissimi. “Mentre nasceva il gruppo che giocava in via Bologna, un altro, tutte le sere metteva un filo di ferro, a mo di rete, in via Caprera”, dicono Mauro Magistro e Michele. Quindi tutto nacque da gruppi spontanei. Giovanni Lotito ricorda che hanno fatto un torneo a Fasan

col nome Juventus Club. La divisa era nera e che quando è arrivato il primo pallone è stato molto emozionante. Dice Michele, “ci tenevamo molto. Nel frattempo c’era la possibilità di frequentare il Centro Sociale in via Pio XII, dove in un salone sebbene basso e stretto, giocavamo”. “In questa partita - dice Mauro Magistro indicando una fotografia del 1974 - mi emozionai perché convocato titolare”. “Si cominciò a giocare nel 1971 - dice Giovanni - intanto si costruivano i campi da tennis e noi avemmo il permesso di usare la struttura anche se non ancora aperta al pubblico. C’erano gli spogliatoi con la doccia, per noi fu un salto di qualità molto confortevole, stavamo bene, sia da un punto di vista psicologico che pratico. Facemmo l’iscrizione al campionato e presidente della squadra era Saverio Zappimbulso, che era anche assessore allo sport. Ci iscrivemmo alla federazione come GS atletico sammichelino. Da subito dimostrammo volontà e capacità”.

Qualche aneddoto del primo anno? Avevate un compenso?

Ironicamente Giovanni chiede se vogliamo ripetere la domanda che pare proprio non la comprenda. “All’epoca, non avevamo né borsoni, né tute e il completo erano solo maglia e pantaloncino, neanche le calze, come si vede nelle foto. Non c’è foto dove siamo tutti vestiti uguali. Per quanto riguarda le scarpe, all’epoca le più famose erano le Tiger gialle. Era tipico divertirsi negli spogliatoi, si facevano le gare, per esempio, per vedere chi riusciva a toccare il soffitto. Il venerdì sera era fisso l’allenamento. Michelino, che teneva moltissimo a noi, andava a comprare la focaccia e giocavamo alla birra”. Dice Mauro che Michele portava sempre con sè i ragazzi; “andavamo alla masseria a Laterza e trasportavamo i sacchi di grano durante l’estate anche per fare i muscoli e migliorare l’elevazione. Dopo questa fatica Michele ci portava a Castellana ad un negozio di articoli sportivi e ci comprava le scarpe da pallavolo”. “Durante l’allenamento - dice Michele - si dava l’anima, vi era tanto agonismo perché essendo in tanti gareggiavamo per essere convocati. Arrivarono Gianfranco e Mimmo. Quell’anno giocammo con la Milizia Volley di Acquaviva. Il gruppo di amici era attivo anche in estate tanto che si creò una squadra di calcio che partecipava al torneo di Sant’Antonio”.

Alla domanda circa quale movimento ha creato in Sammichele la pallavolo, Michele dice che quando loro giocavano il campo si riempiva sempre di pubblico. Mauro aggiunge: “all’epoca non c’era una forte squadra di calcio, pertanto fu facile attirare il pubblico, anche perché noi avevamo avuto successo alle interregionali e un anno rischiammo di andare in serie B a Modugno. La partita - continua Mauro - fu scippata, ci fu un pubblico così aggressivo che l’arbitro aveva paura e non vincemmo”.

Ci fu una concomitanza di fattori: quando il gruppo nasceva erano pronti i campi da tennis che certamente hanno molto facilitato la nascita della squadra.

“Prima di allora ci si allenava fuori, quando faceva molto freddo andavamo ad allenarci nella palestra in via Einaudi, della scuola media - ricorda Mauro - facemmo anche il campionato CSI con l’Oratorio e vincemmo tutta la fase regionale. Andammo a giocare l’interregionale a Termoli arrivammo secondi, nel ‘74. Per giocare arrivammo a truccare il documento di identità di Giovanni Maselli che, ironia della sorte, alla fine si ammalò e non potette giocare. La squadra è tale non solo per un fatto tecnico, ma anche per l’integrazione fra gli elementi. Alboreto portò nuove regole.

Questa esperienza vi ha segnato la vita?

Mauro: “Da un punto di vista caratteriale ci ha cambiato, si faceva esperienze, si viaggiava, si andava dappertutto. Chi vive nella squadra ha un modo di pensare diverso”.

Giovanni: “Questa esperienza mi ha allargato le conoscenze, sotto l’aspetto personale mi ha fortificato il carattere. Non demordo mai, non perdo mai la speranza di migliorare, finché non arriva l’ultimo punto la partita non è persa. Inoltre mi ha insegnato il rispetto del prossimo, delle potenzialità altrui, l’onestà nel riconoscere che per avere un risultato devi sapere, devi essere preparato”.

Michele: “La pallavolo mi ha aiutato anche al militare. Andai a fare il CAR a Pesaro, dove c’era la squadra dell’esercito, arrivò il maggiore e disse che bisognava fare le prove per formare una squadra. Ho fatto 11 mesi di compagnia atletica arrivando anche in nazionale”.

Mauro: “Al liceo di Gioia c’era uno squadrone molto forte, erano di Sammichele e Acquaviva; quando giocavano in campionato si combattevano le stesse persone con le quali il giorno dopo giocavi nella stessa squadra del liceo. Si impara molto con la pallavolo, non esiste che te la do vinta, tu forse vincerai, ma te la devi sudare”.

Michele: “Luigi Fedeli fu un grande nostro sostenitore”.

Michele Spinelli: “I ragazzi oltre alla voglia di far bene avevano addosso l’argento vivo. L’entusiasmo era alle stelle”. Gli comprò qualche pallone per allenarsi e mentre lui curava la preparazione atletica, Aurelio quella tecnica. “Fecero un ottimo campionato tanto da entusiasmare i sammichelini - continua Michelino - L’anno successivo arrivò Mimmo Alboreto e Gianfranco Milano, mancino potente. La squadra così era completa e tutti ci temevano. Così per due anni consecutivi fummo campioni regionali. Tutti si complimentavano per il successo. Quando la squadra raggiunse la serie C, lasciai ad altri il proseguo dell’attività, cosa che ereditò l’indimenticabile Luigi Fedeli, persona piena di entusiasmo e di amore verso quella creatura di squadra che avevo costruito. Sulla base di tale lavoro con i ragazzi si giunse al coronamento di un’impresa rimasta storica per la pallavolo di Sammichele, quando si laureò campione d’Italia dei giochi della Gioventù, battendo in finale la Panini Modena. La squadra era formata da Rocco Lassandro, Piero Spinelli, Nicola Liotino, Donato Massaro, Gianni Spinelli, Nicola Colapietro, Lello di Bari e Ciavarella”. È significativo chiudere con le parole di Michele, leader indiscusso di questa grandiosa esperienza sammichelina “senza esaltare nessuno, tutti hanno dato il meglio di sè, in campo e fuori, dando esempio ai più giovani che il sacrificio e l’abnegazione dà i suoi frutti, non a caso sono tutti ragazzi che hanno lasciato un bel ricordo e la vita li ha premiati tutti, tanto da potersi sentire orgogliosi di loro stessi e di quello che hanno fatto”.

Didascalia della foto:  Da sinistra: Peppino Pastore, Giovanni Bianco Maselli, Francesco Spinelli, Aurelio Tasso, Domenico Pastore, Lorenzo Netti, Mauro Magistro, Domenico Liotino, Tonino Fortunato, Giovanni Lotito, Mimì Costantiello (All.).

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