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Allenamento intenso, stress ossidativo, danno muscolare
Allenamento intenso, stress ossidativo, danno muscolare
Dr Cristani Alessandro- Dr Lamberti Igor Azienda ospedaliero-universitaria Policlinico di Modena
16/10/2012
La nozione che l’allenamento determina, a seconda dell’intensità con cui è svolto,una maggiore o minore quantità di radicali liberi ha trovato numerose conferme in letteratura; ricordo che dal 2% al 5% del consumo di ossigeno totale dell’organismo è trasformato in specie reattive dell’ossigeno (ROS). In un atleta, durante l’allenamento, il consumo totale di O2 può aumentare da 10 a 15 volte e nei muscoli attivi fino a 200 volte. Quindi il lavoro muscolare (aerobico e non) genera specie ossidanti potenzialmente tossiche per le cellule muscolari; stress ossidativo è il termine usato per definire il punto di superamento delle capacità difensive dell’organismo dai ROS. L’allenamento normale (convenzionalmente inferiore al 50-60% della capacità aerobica o della tensione muscolare massimale) determina a livello muscolare l’aumento degli enzimi ad azione antiossidante e del glutatione (1). Antiossidanti sono definite molecole presenti nella cellula anche in piccole concentrazioni ed in grado di prevenire o ridurre l’ampiezza del danno ossidativo. Pertanto esercitano un effetto protettivo sui miociti e conseguentemente preventivo del danno muscolare.
Con questo tipo di risposta adattativa si ottengono
3 effetti principali
:
1) riduzione del rischio di danno cellulare
2) aumento della capacità prestazionale
3) ritardo della comparsa della fatica
Le cose cambiano se l’allenamento è intenso (strenuous), prolungato e molto frequente come accade per gli atleti di elite, sottoposti per lunghi periodi ad allenamenti intensi ed impegnative competizioni. Per “sopportare” l’elevato carico di lavoro si attivano dei meccanismi di adattamento che incrementano il normale potere antiossidante della cellula. Come è possibile vedere dalla FIG. 1 con l’aumento dello stress ossidativo anche la produzione dei ROS aumenta compromettendo la prima linea di difesa antiossidante presente nel muscolo e nel sangue (2). In questo caso il potenziale ossidativo è troppo alto per essere compensato e ciò determina nelle macromolecole cellulari significative alterazioni metaboliche (compromissione dei lipidi, delle proteine e acidi nucleici) e strutturali (rottura delle microfibrille e delle membrane).
Pertanto al danno meccanico derivante dalla tensione muscolare si aggiunge il sovraccarico ossidativo responsabile della tossicità mioblastica. Questa situazione determina danni cellulari immediati durante lo sforzo muscolare e successivi ad esso (FIG 2) se essa si ripete; la fibra muscolare diventa maggiormente suscettibile alle lesioni ed aumenta il rischio che si determini una danno macroscopico muscolare.
Il danno ai miociti determina la fuoriuscita e messa in circolo di enzimi e proteine muscolari (CPK, aldolasi, mioglobina...etc), considerati i marcatori di questo processo; sfortunatamente essi presentano una ampia variabilità, sia in condizioni patologiche che fisiologiche, per cui il loro utilizzo nella pratica clinica sportiva risulta limitato (3). Va anche detto che in questa sfavorevole condizione attivata dall’aumento dello stress ossidativo potrebbe risultare utile valutare la determinazione di parametri che si riferiscono alla capacità totale antiossidante dell’atleta (malondialdeide, riduzione del glutatione, catalasi...etc) ma non vi sono ancora certezze in tal senso.
L’informazione sul processo biochimico esposto va completata poiché, a partire dal 2007, in letteratura sono comparse evidenze sempre più significative che i ROS non agiscono sulla cellula muscolare solo come dei tossici endogeni ma giocano anche un ruolo importante e positivo che consiste nella modulazione dell’ espressività genica cellulare (4), risultando quindi indispensabili per regolare la risposta all’intensità dell’allenamento e garantire l’incremento delle performances. L’esposizione ai ROS infatti ha la capacità di modulare la produzione di molecole ed enzimi ad azione anti ossidante che permettono al muscolo, adeguatamente allenato, di sopportare senza danno carichi di ROS molto maggiori rispetto a ciò che avviene in un soggetto non allenato. A questo punto della trattazione è essenziale fare un cenno all’integrazione della dieta degli atleti con anti ossidanti; se infatti in un primo momento si potrebbe essere tentati ad utilizzare con frequenza gli anti ossidanti negli atleti per prevenire o ridurre il potenziale danno da eccessivo stress ossidativo, si deve tenere conto di quanto appena esposto sull’importanza della presenza di una certa quota di ROS necessaria al muscolo per mantenere il suo potere anti ossidante. Se si diminuisce o si blocca la produzione di ROS si riducono o si annullano i segnali utili all’induzione dell’adattamento cellulare; di conseguenza una qualsiasi interferenza col metabolismo dei radicali liberi, mediante la somministrazione di anti ossidanti, può ostacolare tali meccanismi adattativi all’allenamento e quindi si rischia di annullare i benefici dell’allenamento nel promuovere l’incremento della performance dell’atleta.
La complessità del problema non ha permesso ancora di avere sicurezze sul come attuare la prevenzione dai danni da eccesso di ROS. E’ ancora problematico rispondere alla domanda se gli atleti necessitino di una quantità maggiore di antiossidanti rispetto ad una persona normale, con che dosaggio, con quale combinazione e se sia migliore la somministrazione attraverso il cibo o con supplementi. Attualmente, in base agli studi epidemiologici esistenti si ritiene corretto fornire agli atleti di elite un elevato apporto di antiossidanti con il cibo (ad es. l’apporto di vitamina C deve essere circa tre volte lo RDI). In questo confortati da studi recenti: frutta e vegetali posseggono anche altre componenti che hanno funzioni protettive (flavonoidi, polifenoli..) mentre sono stati rilevati nella popolazione normale effetti avversi sulla salute derivanti dall’uso prolungato di supplementi con alte dosi di antiossidanti.
Per concludere: gli atleti di elite vanno considerati soggetti particolari in quanto a rischio di stress ossidativo inerente alla qualità e quantità del lavoro svolto; in tali condizioni ci si chiede se le normali difese anti ossidanti di atleti allenati ai massimi livelli e nutriti correttamente possano essere sufficienti a contrastare i ripetuti sovraccarichi di specie ossidanti. In condizioni estreme di endurance la letteratura ci mostra come lo stress ossidativo possa compromettere la capacità anti ossidante dell’organismo (5) per periodi molto prolungati (fino ad 1 mese) durante i quali l’atleta è maggiormente soggetto a potenziali danni da ROS; una situazione simile potrebbe verificarsi in atleti sottoposti a numerose competizioni ravvicinate. Solo in tali condizioni potrebbe essere necessario che il medico sportivo, una volta verificata la congruità della dieta prendesse in considerazione l’integrazione della normale dieta con anti ossidanti.
BIBLIOGRAFIA
1. Powers SK, Ji LL. Exercise training-induced alteration in skeletal muscle antioxidant capacity: a brief review. Med Sci Sports Exerc. 1999;31(7):987-9.
2. Chevion S, Moran DS. Plasma antioxidant status and cell injury after severe physical exsercise. Proc Natl Acad Sci USA 2003.
3. Brancaccio P, Lippi G. Biochemical markers of muscolar damage. Clin Chem Lab Med. 2000;48(6): 757-67.
4. Gomez-Cabrera MC. Moderate exercise is an antioxidant: upregulation of antioxidant genes by training. Free Radic Biol Med. 2008;44(2):126-31.
5. Turner JE et al Prolonged depletion of antioxidant capacity after ultraendurance exercise Med Sci Sports Exerc. 2011 Sep;43(9):1770-6.
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