Archivio Volley Story e Interviste

Tricolore: Busto sei Forte!16/04/2012

Tricolore: Busto sei Forte!

di Luciano PedullàIl 67° tricolore se lo è aggiudicato Busto, meritatamente. Ha dominato la regular season perdendo una sola gara a primo posto già acquisito, nel frattempo a fine gennaio aveva vinto la sua prima manifestazione italiana trionfando a Modena in Coppa Italia e, prima di iniziare le cinque gare della finale ha conquistato la Coppa Cev. L’ultima parte della stagione è stata meno scontata rispetto tutto il resto perché il susseguirsi di gare importanti, dieci in meno di venti giorni, insieme al valore di Villa Cortese ha fatto tremare il trono sul quale si era stabilmente accomodata la formazione bustocca. Onore alle Cortesine, dirette da Abbondanza che sono state ad un passo dalla conquista del primo scudetto dopo tre finali consecutive anche con un match point a disposizione! La vittoria di Busto è figlia di una programmazione che viene da lontano iniziata da Michele Forte proseguita con la collaborazione di Massimo Aldera e sfociata nell’ingaggio di Carlo Parisi. Ne è passato di tempo da quando Forte era solo il fisioterapista di Cislago, squadra con la quale aveva conquistato dapprima la serie A2 e poi la A1 ma precipitando, attraverso la retrocessione in uno dei suoi periodi più cupi e duri, con mancanza di risorse economiche ed abbandonata da molti ma non da Michele che si fece carico della squadra (e debiti) per cercare di risalire dal baratro. Erano i tempi di Lo Bianco, Togut, Costagrande e Barazza, una squadra proiettata nel futuro dove le citate giocatrici erano alle prime armi e non riuscirono a reggere lo sforzo di un torneo dove erano sbarcate nelle altre formazioni campionesse del calibro di Mireya e Torres, retrocedendo per la seconda volta in A2.
Bomber Giovanni Guidetti uber alles!14/04/2012

Bomber Giovanni Guidetti uber alles!

di Lanfranco DallariCORTOMETRAGGIO: Ancora adesso, quando ripenso a questo aneddoto, inizio a ridere e non riesco a fermarmi; se qualcuno dovesse vedermi potrebbe avere dubbi legittimi sulla mia sanità mentale…. Giovanni era riuscito in una mission impossible, far cantare una canzone in italiano (da lui rigorosamente scritta e composta, con tanto di riferimento ai presenti) a giocatrici russe, serbe, turche, americane, ecc. Ad ognuna di loro aveva fornito un foglio col testo della canzone dicendo che avrebbero dovuto seguirlo meticolosamente; mi aveva dato un solo compito, quello di realizzare un video con il suo telefonino, aveva affermato che questo momento storico sarebbe dovuto rimanere agli atti, mentre lui avrebbe cantato e accompagnato con la chitarra. Al termine della sua performance artistica davvero encomiabile, Giovanni, euforico per il risultato raggiunto, ha appoggiato la chitarra e si è precipitato verso di me per vedere il filmato. Mentre, soddisfatto, si sfregava le mani ansioso di vederlo per primo, ha schiacciato il tasto “play”, il filmato è partito, ma dopo ahimè pochi istanti è apparsa la scritta “the end”. Il Bomber si è incupito, e in dialetto modenese ha esclamato: “No, lè impusebil”. Ha riprovato l’operazione schiacciando nuovamente il tasto play ma il risultato è stato il medesimo. Immediato il suo commento: “D’un Dio…hai registrato solo 2 secondi?”…. in un frame ha ritrovato lucidità ed ha urlato con voce ferma e sicura in italiano, non curante delle varie nazionalità degli invitati: “Fermi tutti, nessuno si muova: del filmato non è venuto un c…. quindi concentrati, bisogna ripetere tutto subito… e tutti devono cantare!”. Poi ha ricominciato a suonare all’impazzata cantando a squarciagola, ancora più forte di prima, come se nulla fosse successo.Beh, la sua espressione quando ha preso visione del mio “cortometraggio” sono certo che non la dimenticherò facilmente.
Non dir scudetto se non l’hai sul petto12/04/2012

Non dir scudetto se non l’hai sul petto

di Luciano Pedullà Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE /* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name:"Tabella normale"; mso-tstyle-rowband-size:0; mso-tstyle-colband-size:0; mso-style-noshow:yes; mso-style-priority:99; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:""; mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-para-margin-top:0cm; mso-para-margin-right:0cm; mso-para-margin-bottom:10.0pt; mso-para-margin-left:0cm; line-height:115%; mso-pagination:widow-orphan; font-size:11.0pt; font-family:"Calibri","sans-serif"; mso-ascii-font-family:Calibri; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:"Times New Roman"; mso-fareast-theme-font:minor-fareast; mso-hansi-font-family:Calibri; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman"; mso-bidi-theme-font:minor-bidi;} Il risultato netto di vittoria di Busto Arsizio nei confronti di Villa Cortese ottenuto in gara 3 a Monza è di quelli che lasciano il segno ma che potrebbero condizionare sia l’una che l’altra formazione. A Monza la supremazie di Busto è stata imbarazzante. Muro ben registrato, ricezione sempre precisa, attaccanti in grande spolvero e soprattutto una difesa che ha impedito a Villa Cortese di superare la soglia del 30 per cento di efficienza in attacco! Sulla sponda opposta se escludiamo la ricezione poco altro ha funzionato e il gioco di Berg ha assunto una prevedibilità incredibile. Scudetto assegnato? Assolutamente no, sempre che Villa Cortese riesca a modificare alcune situazioni che non le hanno permesso di porre in difficoltà la formazione diretta da Parisi. In queste occasioni, prima di tutto, conta molto l’atteggiamento che le squadre sanno mettere in campo: la volontà di reazione delle cortesine sarà determinante, dimenticando completamente le insicurezze della gara precedente che spesso sorgono dalla incapacità di mettere a terra la palla d’attacco o di trovarsi il muro consistente davanti. Per questo dovrà essere brava Berg, pur priva di una giocatrice importante come Guiggi, a gestire le proprie schiacciatrici mettendole in condizione prima di tutto di giocare tutti i propri colpi d’attacco, piuttosto che con il muro scomposto con palloni di difficile gestione.
Strani Playoff06/04/2012

Strani Playoff

di Simone Serafini“Dentro o fuori: la dura legge dei playoff”. Recitava così uno spot di qualche anno fa, reclamizzando l’imminente inizio degli scontri decisivi nel basket Nba. Già, gli statunitensi amano i playoff. Il dentro o fuori, chi vince avanza chi perde va a casa, non ci sono mezze misure. Non ci sono pareggi, non ci sono compromessi. Vinci, vai avanti, perdi vai a casa a leccarti le ferite, a cercare i perché. Vincere, vincere sempre o almeno una sfida in più del tuo dirimpettaio, l’unico modo per passare il turno, l’unico modo per arrivare sul tetto. Nella pallavolo italiana, è storia, i play off vennero introdotti negli anni ottanta con il chiaro intento di limitare lo strapotere di Torino (e infatti il primo scudetto dell’era playoff lo vinse Parma). Perché i playoff sono un campionato a parte, un altro campionato. Si azzera tutto, quello che è stato fatto prima non conta più nulla. Come ti sei piazzato serve solo per il fattore campo, con la possibilità di avere più partite in casa. Un vantaggio, certo, ma non decisivo. Il primo e l’ultimo della griglia partono appaiati. Io contro te, chi vince va avanti. Oltre atlantico piacciono parecchio le serie lunghe (cioè al meglio delle 5 gare, se non al meglio delle 7, cioè per passare il turno bisogna vincere 4 match), intravedo motivi economici dietro serie così (più partite uguale più incassi, più diritti tv, più spettatori ecc) senza contare i fattori emotivi di sfide dirette. Da noi i playoff sono meno amati. Sarà per fattori culturali-pallonari-popolari. Nel nostro Belpaese (?) meglio un girone di andata e uno di ritorno (se si chiama girone all’italiana un motivo ci sarà), lo scontro mors tua – vita mea non attira fino in fondo, si spera sempre nel favore altrui (vedi Perugia e la pioggia nel 2000 a discapito della Juve pro Lazio, vedi il 5 maggio di due anni dopo con il capitombolo interista all’Olimpico di Roma, e la Juve di scena a Udine ringraziò sentitamente la Lazio e Gresko). Del resto, è nel dna italiano attendere che qualcuno venga a soccorrerti, a liberarti. È innegabile però che il pathos che regalano le sfide dei playoff è irraggiungibile. Ogni partita è una finale, ogni contendente si gioca la stagione in pochi giorni, in pochi attimi. Dentro o fuori, appunto. La dura legge dei playoff.
Giovanni Guidetti, un "allenatore vincente"02/04/2012

Giovanni Guidetti, un "allenatore vincente"

di Lanfranco DallariGiovanni Guidetti è l’allenatore della nazionale tedesca e del VakifBank Güneş Sigorta Spor Kulübü Istanbul, vive in Turchia, è uno dei tecnici italiani di volley femminile più apprezzati dell’intero palcoscenico internazionale, non solo perché lo scorso anno ha portato il suo Vakifbank (formazione che non partiva di certo con i favori del pronostico) sul tetto d’Europa conquistando la Champions League 2011 (in semifinale aveva battuto al tie break il Fenerbahce di Zè Roberto, che pochi giorni fa si è riscattata conquistando la Champions League 2012, tenendo ad Istanbul il prestigioso trofeo dopo che il Guidetti team aveva interrotto l’egemonia di Bergamo e Perugia, che avevano vinto le precedenti ultime 6 edizioni). Il bravo tecnico modenese si è integrato perfettamente nella popolatissima metropoli turca, può lavorare in palestra, tanto e bene, il rendimento delle sue giocatrici sta aumentando mese dopo mese, per la gioia dei suoi dirigenti, alquanto soddisfatti dell’operato del “Bomber”, Guidetti viene di diritto considerato da tutti come “un allenatore vincente”. Grande Giò…… Parliamo di Istanbul… com’è questa città?“Qui tutto si fa di fretta. E’ una città straordinaria, ti offre qualsiasi tipo di comodità; il traffico però non ti fa arrivare mai in tempo, dopo un po’ però ci si abitua, e lo si riconosce come un piccolo prezzo da pagare per avere la fortuna di vivere qua. Ho visto tante città, da Londra a Chicago, da New York a Tokyo, da Pechino a Shanghai: Istanbul ti offre tutto quello che ti offrono le grandi metropoli del mondo insieme al fatto che in questa città ci sono 6 squadre di pallavolo femminile di serie A e 4 di pallavolo maschile tra le migliori d’Europa. Non esiste città al mondo con queste caratteristiche pallavolistiche unite a una metropoli dove non c’è niente che non si possa trovare e niente che non si possa fare”.
Novanta minuti alla fine31/03/2012

Novanta minuti alla fine

di Simone Serafini Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE /* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name:"Tabella normale"; mso-tstyle-rowband-size:0; mso-tstyle-colband-size:0; mso-style-noshow:yes; mso-style-priority:99; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:""; mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-para-margin-top:0cm; mso-para-margin-right:0cm; mso-para-margin-bottom:10.0pt; mso-para-margin-left:0cm; line-height:115%; mso-pagination:widow-orphan; font-size:11.0pt; font-family:"Calibri","sans-serif"; mso-ascii-font-family:Calibri; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:"Times New Roman"; mso-fareast-theme-font:minor-fareast; mso-hansi-font-family:Calibri; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman"; mso-bidi-theme-font:minor-bidi;} Faticosamente tornati alla normalità, il fine settimana di fine marzo ci regala la fine della stagione regolare. I giornalisti seri di calcio direbbero che mancano novanta minuti alla fine. La giornata finale prima degli “strani” playoff di quest’anno deciderà moltissimo. Innanzi tutto in coda. Padova, che sembrava spacciatissima, domenica si è meritata, andando a battere San Giustino sul suo campo, un’altra possibilità. E ora sulla carta è quella che ha l’impegno più “facile”, in casa contro una Roma salva che non ha da chiedere nulla a quest’ultima partita di regular season. Verona invece va a Macerata e San Giustino a Piacenza, sulla carta trasferte proibitive. Ma siccome la carta non è il campo, tutti i discorsi che si possono fare a novanta minuti dalla fine sono inutili. Le classiche chiacchiere da bar. Quello demotivato, quell’altro vince facile, quell’altro ancora eccetera…Potrei suffragare questa mia convinzione con mille esempi. Chi ha giocato a qualunque sport a livello agonistico può confermarlo.
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