Brasile-Cuba, volley stellare. Il commento di Bernardinho

di Lanfranco Dallari

29/09/2010

Bernardo Roca de Rezende detto Bernardinho, il c.t. del BrasileBernardo Roca de Rezende detto Bernardinho, il c.t. del Brasile
Bernardo Roca de Rezende detto Bernardinho, il c.t. del Brasile
Ieri sera mi sono recato al PalaOlimpia di Verona, una sfida classica di tutte le manifestazioni pallavolistiche internazionali , Cuba-Brasile, da sempre considerata una gara dallo spettacolo assicurato, dove è vietato mancare, confermo che ancora una volta questo match ha rispettato le grandi attese, seppur entrambe le formazioni avessero già conquistato la qualificazione alla seconda fase di questi Mondiali 2010 di scena finalmente in Italia.
Il Brasile è da molti considerata la squadra da battere, non è a caso alla ricerca del suo terzo successo consecutivo ai Campionati del Mondo (vuole allungare la striscia iniziata nel 2002 a Buenos Aires e nel 2006 a Tokio), è una squadra compatta, completa in tutti i reparti; ero curioso di vedere all’opera una delle poche incognite della corazzata verdeoro, il regista “Bruno” de Rezende (figlio d’arte di Bernardinho e Vera Mossa, pertanto dotato di cromosomi vincenti), contro Cuba ha disputato una prova a mio avviso superlativa, con distribuzione del gioco impeccabile, che non ha fatto sentire l’assenza dell’infortunato regista Marlon. Il ventiquattrenne carioca ha grandi mani ed ottima personalità, grinta da vendere, chissà da chi avrà preso? Del Brasile rimane sempre impressionante constatare il rispetto e considerazione che tutti i giocatori brasiliani provano verso Giba, il vero leader del gruppo (e non solo perché da anni è il loro capitano), lo si nota costantemente, nei time out, nel riscaldamento tra un set e l’altro: ogni compagno che gli si avvicina lo guarda e lo abbraccia come fosse a contatto con un Dio, lo ascoltano, cercano di incrociare il suo sguardo in ogni occasione per ricevere consigli o anche soli gesti di approvazione a qualsiasi singola loro giocata, situazione a dir poco toccante, non è stato un caso il boato del numerosissimo pubblico che ha accompagnato il suo ingresso in campo nel finale del quarto set, e lui si è presentato con un ace che ha portato le 2 squadre in parità a quota 21: poi Cuba ha messo a segno 4 punti consecutivi che le sono valsi la conquista del tie break, vinto dal team di Blackwood 15 a 12 (decisivo l’opposto mancino Hernandez, best scorer della gara con 28 punti pressoché inarrestabile nei momenti caldi dell’incontro, seguito dai 24 di un formidabile Leon, al pari dei 24 di Murilo, il più incisivo degli attaccanti campioni del Mondo in carica). Curioso è stato vedere Bernardo spesso seduto in panchina relegato alla sua postazione post operazione al tendine d’achille del piede sinistro, era come vedere una belva ferita in gabbia, in più occasioni è scattato in campo aiutato dalle stampelle, i suoi giocatori in diversi scambi persi penso abbiano temuto reazioni alla Enrico Toti, lui da sempre è l’ultimo ad arrendersi.
Cuba ha giocatori giovanissimi, con mezzi atletici impressionanti, una squadra che solitamente sopperisce ad una tattica spesso poco attenta con esecuzioni bomba, diciamo che l’attacco e il muro sono da sempre i fondamentali preferiti, indipendentemente da quale sestetto venga messo in campo, qui il turnover degli organici è spesso stato obbligato a causa di fughe varie di più giocatori non appena ne avevano l’occasione con successiva automatica richiesta di asilo politico(Portuondo e Poey ad esempio); impressiona vedere che, sempre e comunque Cuba riesce ad allestire formazioni a dir poco competitive, e che possono sempre puntare al gradino più alto del podio, inserendo sì giocatori nuovi ma addirittura sempre più giovani (il diciassettenne schiacciatore Leon attacca con potenza inaudita, anche dai 9 metri, e gioca con una serenità e convinzione da veterano).
Al termine dell’incontro ho avuto l’occasione di abbracciare Bernardinho, un vecchio amico, prima della conferenza stampa gli ho fatto alcune domande sulla sua squadra, lui sa meglio di qualsiasi altro che il suo Brasile è forte però intelligentemente cerca di togliere pressione ai suoi giocatori predicando umiltà, ben sapendo che questo Mondiale sarà durissimo. “Vogliamo arrivare a Roma, non sarà impresa minimamente semplice, dovremo affrontare squadre fortissime e sappiamo dove dobbiamo lavorare e migliorarci per poter raggiungere il nostro obiettivo. Contro Cuba abbiamo giocato una buona partita, ci siamo espressi ad un livello nettamente superiore rispetto alle due precedenti gare giocate contro Spagna e Tunisia. Cuba ha disputato una grande gara, è una squadra dotata di mezzi fisici incredibili, ha sfruttato bene la battuta mettendoci più volte in difficoltà in ricezione, sono stati bravi a variare molto il gioco, mi sono piaciuti molto anche per questo, nei momenti decisivi hanno rimesso in gioco il loro opposto Hernandez che alla fine è risultato decisivo. Mi chiedi come giudico la prova di Bruno? Ha giocato benino – sorride orgoglioso -…. Come squadra speriamo di crescere ancora molto, dobbiamo arrivare alla fase finale di Roma, poi si vedrà cosa succede.
Ci sono tante squadre forti, Italia e Russia di primissimo livello, attenzione anche a Francia, Stati Uniti e Polonia, difficile dire adesso chi arriverà fino in fondo, tutti i giochi sono ancora da fare. L’Italia è davvero forte, ha una squadra esperta con buonissime possibilità di arrivare in fondo, non cado nella trappola di giudicare la difficoltà dei vari gironi, penso che l’Italia sia completa in tutti i reparti, e giocando in casa avrà un grandissimo apporto dal pubblico. Aspettiamo di vedere cosa succede, il Brasile farà di tutto per poter essere presente da protagonista il 10 Ottobre nella vostra capitale”. 
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