Brasile, è la solita storia

di Adelio Pistelli

18/07/2014

Bernardinho durante un time outBernardinho durante un time out
Bernardinho durante un time out
Difficile entrare nella testa delle persone. Impossibile farlo per quella di Bernardo Rezende detto Bernardinho. Quanto abbiamo visto all’inizio e durante la delicata sfida del Brasile con l’Iran potrebbe diventare materiale di studio per i psicologi più preparati. Alle corte: il Brasile si complica fortemente la vita nel giorno in cui avrebbe avuto la grande possibilità di vincere il girone ed evitare la pericolosa semifinale contro l’Italia. Tutto nasce da una evidente e iniziale volontà di giocare, intanto, per eliminare la Russia. Alla vigilia della sfida tra i sudamericani e gli iraniani la classifica recitava: Brasile (una partita giocata) punti tre, Russia (due partite giocate) punti due, Iran (una partita giocata) punti uno. Al Brasile poteva bastare anche una sconfitta per 3-2 che gli avrebbe comunque garantito il primo posto del girone, oltre a raggiungere l’obiettivo di spedire a casa i campioni in carica della World League. Ma quanto accade alle 17,30 è già molto significativo sulla impossibilità di capire ciò che gironzola nella testa del coach brasiliano. Lascia in panchina il centralone Sidao e lo schiacciatore Murilo per lasciare spazio al terzo centrale Eder e, soprattutto il ventitreenne esordiente Lucas Eduardo, schiacciatore mai o quasi impegnato in tutta l’attuale World League. Evidenti segnali di stravolgere il reale svolgimento di un match e mettere in serio pericolo il primo posto. Iran, intanto, straordinariamente efficace a livello agonistico ed emotivo, chiude il cerchio con giocate tecniche (nei primi due set) che lasciano il segno e, soprattutto, regalano alla Kovac band il momentaneo primo posto del girone. Brasile sempre più discontinuo ma con una sopita voglia di provarci ancora. Il terzo set è una passerella sudamericana ma nel quarto, Bernardinho confeziona, forse la sua perla (si fa per dire) migliore. Intanto dall’inizio del parziale aveva cambiato la diagonale (fuori il figlio Bruno e Wollace e dentro Raphael e Vissotto) e sul 23-23 a due punti dal primo posto, inserisce il diciannovenne Souza Douglas ed il ventitreenne Araujo che per tutta l’estate hanno tranquillamente riscaldato la panchina. Il motivo? Solo Bernardo Rezende può dare una risposta ma quella vera, non quella rilanciata in mix zone dopo la sconfitta ai vantaggi (giusta) contro una eccellente Iran che festegia con i suo tanti tifosi un record senza precedenti: la semifinale (intanto) della World League). E Bernardo, invece, davanti impreparati giornalisti brasiliani diceva: "Murilo e Sidao non possono giocare quattro gare consecutivamente – ha detto il coach -, ho dovuto fare queste scelte". Bravo Bernardo…
E’ proprio vero: c’è sempre una motivazione, a prescindere. Però, almeno una considerazione va fatta: se due indizi fanno pensare, tre diventano una prova: Atene 2004 (strana partita con gli Stati Uniti), Ancona 2010 (vergognosa performance con la Bulgaria) con annesse le motivazioni di rito, ecco la giustificazione sulla indecifrabile passerella fiorentina che regala amarezza e che si porta dietro i dubbi di almeno un decennio che accompagnano una tra le più forti squadre del Pianeta. Che domani l’Italvolley si ritroverà sottorete per la sfida che varrà la finale. Agli azzurri il compito di cancellare intanto le ultime due sberle di Bologna e Milano e far disperare Bernardo su ciò che poteva essere e non è stato. Anche per sua colpa.
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