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Cose da turchi
Cose da turchi
di Luciano Pedullà
07/05/2012
L'esultanza delle atlete turche per la conquista del pass per Londra 2012
L'esultanza delle atlete turche per la conquista del pass per Londra 2012
La prima qualificazione alle Olimpiadi di pallavolo della
Turchia femminile
deve far riflettere. E’ la vittoria del lavoro, senza retorica, di una nazione che sta costruendo sull’operosità il proprio futuro. Ho avuto la fortuna di girare in lungo e in largo questa splendida nazione lo scorso anno, un paese in grande sviluppo che sta ammodernando strade, ampliando città con molto riguardo all’accoglienza dei turisti, realizzando opere sportive incredibili: a Trazbon piscine e palazzetti per i Campionati Olimpici giovanili sono prodotti cresciuti con razionalità. Ad Ankara e Istanbul le palestre costruite dalle Federazioni per le loro attività hanno una costituzione lungimirante lasciando la faraonicità a quanti progettano gli impianti solo per farsi ricordare senza pensare a funzionalità e mantenimento dello stesso. La Turchia cresce con la mano d’opera della sua popolazione che è capace di notevoli sforzi per arrivare a traguardi importanti: nel campo sportivo l’obiettivo è avere la disputa delle Olimpiadi 2020 a Istanbul cosa che la nazione asiatica europea meriterebbe. Potrebbe per noi essere un esempio importante in un momento nel quale siamo circondati da problemi soprattutto economici, discussioni inutili, quelle tra la Lega Femminile i suoi consorziati e non solo, proprio quando sarebbe il momento di fare squadra come ormai si raccomanda in ogni azienda di primo livello. La fuga dei “cervelli” ha contagiato anche la pallavolo femminile e il passaggio dei migliori tecnici in terra straniera, oltre che delle più grandi giocatrici, è un segnale che deve dare una pronta reazione al movimento se non vuole soccombere alla scalata verso il potere tecnico che le altre nazioni stanno facendo. Gli allenatori italiani vincono i campionati all’estero, quest’anno sono stati capaci Miceli e Chiappini, guidano le nazionali europee ed extra continente, sono contattati per realizzare progetti di crescita di società che mirano a guardare dall’alto verso il basso il panorama internazionale. Senza dimenticare che tutti i più grandi preparatori del femminile sono passati dai lidi italiani per accrescere la loro cultura pallavolistica ma anche per lasciare il proprio segno:
da Motta a Swiderek,
che hanno giocato la finale di qualificazione alle Olimpiadi in Turchia,
da Ze Roberto a Lang Ping
questi ultimi probabilmente i più grandi tecnici nel mondo del volley rosa. L’attuale situazione generale che l’Italia sta affrontando non favorisce investimenti e le difficoltà sono palesi anche in tutte le altre discipline sportive: le Olimpiadi di quest’anno potrebbero essere per i colori azzurri le più difficili sia per successi che partecipazione. Nonostante questo la stella della nazionale femminile continua a splendere grazie al sudore di un gruppo di ragazze che iniziarono a seminare le loro performance più di quindici anni fa con i primi successi giovanili internazionali, con le rivoluzioni copernicane di
Motta
e
Velasco,
culminate con il Mondiale più bello, quello che nel 2002 diede alla squadra di
Bonitta
il gradino più alto del podio. Le giocatrici italiane seppero esprimersi in mezzo alle migliori del mondo guadagnandosi posto in squadra e capacità agonistica: lo facevano Gioli a Reggio Calabria, Piccinini a Bergamo o Lo Bianco, una delle poche palleggiatrici italiane in campo allora insieme a Cacciatori. Adesso dobbiamo stare attenti perché le atlete straniere che arriveranno in Italia non saranno più quelle di primo livello e non verranno “a insegnarci”, quanto piuttosto per carpire i segreti che hanno fatto grande la pallavolo nazionale, che vanta i migliori tecnici al mondo come qualità media, pareggiata solo dal Brasile, e per capacità tattica. Giocatrici che sfruttano l’esperienza italiana per migliorare la cultura del proprio paese o, giustamente, anche per il proprio ingaggio: parliamo delle giovani. Havelkova, Hodge, Kozuch tanto per fare alcuni piccoli esempi, senza citare le anonime giocatrici che hanno soltanto occupato delle zone in campo portando via il posto alle italiane. Il prossimo campionato di A1, in questo senso si presenta ricco di punti interrogativi e lo dimostra il fatto che a quasi un mese dal successo di Busto ancora non sono state ufficializzati acquisti dalle prime quattro squadre arrivate. C’è difficoltà a reperire le forze economiche per far fronte ad un impegno in Italia e in Europa che vorrebbe essere di alto livello ma che non si concilia facilmente con le proprie possibilità, dimenticando forse che quelle più importanti sono la mano d’opera dei tecnici e le risorse naturali, ovvero i talenti che le nostre giovanili continuano a sfornare. Poi ci vuole pazienza, la stessa che una grande casa automobilistica come la Mercedes ha avuto per tornare al successo in F1 oppure quella che ha avuto la signora del calcio per riconquistare lo scudetto dopo il purgatorio della serie B o, senza guardare in casa d’altri, lo scudetto di Busto dopo otto stagioni di costruzione con lo stesso tecnico. Programmare il proprio futuro e le proprie squadre intorno a atlete come Caterina Bosetti, Serena Ortolani, Letizia Camera per citare alcuni esempi, affidandole al sapiente lavoro di tecnici che hanno ancora il piacere di andare in palestra perché il bello del proprio lavoro e la crescita della squadra. Questa deve essere la forza motrice del nostro movimento che potrà trovare slancio ancora per qualche anno dai successi che le azzurre sapranno portare in Italia e che il Mondiale del 2014 dovrà regalarci. E’ il momento di costruire le fondamenta, il lavoro che nessuno vede ma che permette alle costruzioni monumentali di essere ammirate a lungo.
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