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From Budva with love...
From Budva with love...
di Marco Falaschi
10/02/2014
Ho pensato e ripensato molto a cosa scrivere questo mese. Sono successe molte cose dall'ultima volta che vi avevo aggiornato dal Montenegro, era Natale (cattolico) e alle porte c'era un gennaio che mi ha regalato molte emozioni dal punto di vista sportivo ma in particolar modo sotto il profilo umano; iniziamo dall'argomento pallavolo che sicuramente mi resta più semplice.
Il sorteggio ci ha dato l'avversario peggiore da affrontare, una squadra che non ha bisogno di grandi presentazioni e ritenuta da molti addetti ai lavori la grande favorita per la vittoria finale: il Belogorie Belgorod. Un roster con 16/17 giocatori tutti di livello internazionale, un budget 20 volte superiore al nostro, un aereo privato ed inoltre la sudditanza psicologica che creano al loro ingresso in campo negli avversari per altezza e prestanza fisica (di bellezza proprio no perchè come tutti i russi non primeggiano affatto su questo aspetto). Sul piatto della nostra bilancia, noi potevamo mettere invece la nostra fluidità di gioco e quella dose di “pazzia” che ci ha contraddistinto per tutta la Champions portandoci ad ottenere una qualificazione storica ai playoff 12. La partita di andata si è svolta nel nostro angusto palazzetto colmo di gente, di tifo e di curiosità nel vedere se potevamo reggere l'urto della corazzata dell'est: siamo partiti decisi ma soprattutto tranquilli in quanto non avevamo niente da perdere e in men che non si dica ci siamo aggiudicati, nello stupore generale, il primo set annichilendo gli avversari. Prontamente è arrivata la reazione ospite, un secondo parziale giocato da entrambe le formazioni ad un livello molto alto per potenza e tecnica che ci ha visto soccombere per 26-24 dopo essere stati avanti per 21-20. Accusiamo il colpo per essere stati ad un passo dal doppio vantaggio e veniamo letteralmente “ribaltati” dal servizio di Muserskiy che in poco più di venti minuti ci manda al cambio campo sotto per due set a uno. Qualunque squadra avrebbe deposto le armi in quel momento: avevano affermato, nel parziale precedente, la propria supremazia in maniera lampante con una dimostrazione di forza indescrivibile. In quel preciso istante poco prima di rientrare ecco venir fuori la nostra “pazzia”: ci stringiamo attorno, una parola in inglese, una in serbo, una in italiano e via di nuovo per iniziare la nostra battaglia. Spingiamo con il servizio, siamo precisi con la ricezione, usiamo la testa in attacco insomma giochiamo da grande squadra per altri due set. La partita verrà decisa al tie-break da un turno di uno di quei giocatori che sono soprannominati campioni (Grozer), si perchè restano nell'ombra tutta la partita, vengono murati, difesi a volte pure sbeffeggiati dalla squadra avversaria che letteralmente gli toglie il fiato e poi sul 10-10 del set decisivo si presentano in battuta e lanciano 5 “frigoriferi” nel campo avversario chiudendo il match.
Pochi giorni dopo abbiamo avuto il ritorno ma questa è stata tutta un'altra storia: ci siamo presentati in condizioni fisiche non ottimali ma soprattutto dovevamo fare un miracolo per ribaltare la situazione a nostro favore. Ci abbiamo provato, siamo stati in partita per due set e mezzo, di più non potevamo fare onestamente ed in una fredda notte russa è giunto al capolinea la mia, la nostra avventura in Champions che mi ha fatto sognare ma soprattutto sentirmi orgoglioso della “mia” squadra.
Già la SQUADRA: era tanto che volevo scrivere sui miei compagni, cercherò di essere sintetico ma allo stesso tempo spero di farvi capire quanto siano stati importanti per me. Sono passati oramai quasi sei mesi dal giorno in cui sono atterrato in una nuova nazione con una lingua ed una cultura differente dalla mia, ho cercato fin da subito di capire ed integrarmi nei loro modi e costumi, essendo l'unico straniero ho pensato che questo fosse la cosa più importante da fare. Condivido ogni santo giorno della settimana con i miei compagni, dalla mattina alla sera e tutto ciò non mi è mai pesato né mi pesa tuttora. Sono arrivato a costruire frasi nella loro lingua, ascolto canzoni serbe e nello spogliatoio sono il primo a cantarle sotto la doccia per il divertimento di tutti gli altri. Assumo una quantità di caffeina al giorno fuori dalla norma ma qui usa così quindi mi sono adeguato, mi diletto a leggere i giornali a voce alta e loro da veri insegnanti mi correggono sulla pronuncia. Adoro il loro essere nazionalisti ed amo il loro carattere che viene fuori ogni qualvolta si mettono in gioco. Mi hanno accolto in casa loro come un fratello, uno di questi ragazzi un giorno mi ha detto: “...abbiamo avuto cubani, lettoni e tanti altri stranieri ma mai nessuno in così poco tempo è riuscito a entrare nei nostri cuori come lo hai fatto tu...”.
Vorrei chiudere con quest'ultima frase perchè credo racchiuda lo spirito ed il motivo che mi rende orgoglioso di loro.
A breve cominceremo i playoff per il campionato ma di questo ve ne parlerò la prossima volta...
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