Gli atleti d'elite saranno i nuovi pionieri dell'era genomica?

Dr Cristani Alessandro Azienda ospedaliero-universitaria Policlinico di Modena

06/07/2010

Lo stadio di AteneLo stadio di Atene
Lo stadio di Atene
Sin dai tempi più remoti l’obiettivo principale dell’uomo è stato quello di garantire la sopravvivenza della specie cercando, con innovative scoperte, di salvaguardare e migliorare le proprie condizioni di vita; inoltre, almeno a partire dalla Grecia antica, gli uomini si sono dimostrati assai interessati a quanto poteva incrementare le loro prestazioni fisiche e mentali, al fine di migliorare sè stessi sia come individui che come collettività.
La storia delle pratiche (antropotecnologie) che nel tempo sono state proposte con questo scopo è di grande interesse (1). Queste sono tecniche (complesso di norme su cui si fonda l’esercizio pratico di una determinata attività fisica, intellettuale od artistica) applicate all’uomo, con il proposito di aumentarne le capacità prestazionali. Storicamente il loro utilizzo può essere fatto risalire al 360 A.C. nell’Accademia di Platone, nella quale i giovani venivano educati con un tipo di allenamento (paideia) basato su esercizi spirituali, mentali e fisici. Il modello formativo era basato sul concetto che l’istruzione dei giovani dovesse avvenire secondo due percorsi paralleli: la paideia fisica, cura del corpo e del suo rafforzamento e la paideia psichica, ossia all’interiorizzazione di quei valori universali che costituivano l’ethos (costume, norma) del popolo. Un vero e proprio “Training Center” dedicato all’atletica ed alla filosofia, alla ginnastica fisica e mentale e perfino all’ interazione allenatore-atleta.
L’atletica e le altre attività fisiche (pugilato, lotta) praticati nella Grecia antica nacquero con la mitologia, furono perfezionati e codificati durante le guerre ed infine riconosciuti come eventi competitivi. Fu Omero, nell’ottavo secolo A.C., a proporre che l’attività atletica fosse parte integrante della educazione militare, garantendo così il passaggio da sport solo collegato alla mitologia alla pratica attuazione. La prima Olimpiade si svolse nell’anno 776 A.C. ed era costituita da un singolo evento: lo stadion, una corsa a piedi di 192 metri; scrittori greci e romani (2) ci hanno lasciato delle note sulle tecniche di allenamento e di alimentazione seguite dagli atleti ellenici. Informazioni che variano dalle distanza e velocità con cui si preparavano i corridori, all’utilità di correre sulla sabbia, alla raccomandazione di utilizzare la palla per ottenere un buon allenamento per il corpo e la vista ed i pesi per migliorare la forza. Durante il periodo di preparazione invernale Filostrato raccomandava ai corridori di lunghe distanze di praticare la corsa campestre. La antropotecnolgia ai tempi più in voga si chiamava “tetrade”: era infatti costituita da cicli di allenamento della durata di 4 giorni nella quale ogni giorno era dedicato ad una differente attività. Per quanto riguarda i regimi dietetici Diogene Laerzio scrive che gli atleti greci si alimentavano con fichi secchi, carne e formaggi molli; Epitecto ci informa che i vincitori ad Olimpia tralasciavano qualsiasi genere di dolci, non utilizzavano l’acqua calda e raramente bevevano vino. Infine, ancora Filostrato, riteneva errata la dieta degli atleti del suo tempo composta da carne bianca cosparsa con semi di papavero e pesce.
La conquista romana della Grecia avvenuta nel 146 A.C. favorì l’universalità della partecipazione olimpica con atleti che provenivano da tutto il mondo allora conosciuto; tuttavia nei secoli successivi si verificò un progressivo impoverimento dell’idea olimpica, sostituita da quella romana assai più incline allo spettacolo cruento. Al posto degli stadi si costruirono arene, la figura dell’atleta fu sostituita da quella del gladiatore. L’ultima edizione dei Giochi risale al 393 D.C.; a decretarne la fine, dopo oltre 1000 anni di vita, fu l’imperatore Teodosio I in quanto ritenuti una pratica pagana.
Circa 15 secoli dopo, in Francia, per merito dello storico e pedagogo barone Pierre de Coubertin vennero recuperati alcuni dei valori legati all’atletismo, propri della civiltà greca antica. Egli nel 1883, ventenne, visita l’Inghilterra e si ferma nella città di Rugby per studiare il ruolo che ha lo sport nella scuola di quel paese. Da allora l’inclusione della educazione fisica nelle scuole francesi diventa un suo obiettivo, convinto che lo sport organizzato produca forza morale e sociale e, a tal fine, recupera l’dea del modello di ginnasio ateniese. Sfortunatamente la sua proposta non trova applicazione pratica nelle scuole francesi. L’avverbio usato è giustificato dal senno di poi: un recente grande studio di popolazione condotto in Svezia ha rilevato che fare attività aerobica regolare a 18 anni migliora l’intelligenza ed i risultati scolastici degli studenti negli anni successivi (3).
Il barone, superato lo sconforto iniziale, coltiva una nuova idea che lo affascina: propone un revival dei vecchi Giochi Olimpici organizzando un festival dell’atletismo internazionale (4). La forza di questa idea rievocativa gli permette, questa volta, di raggiunge l’obiettivo; infatti si realizza il Rinascimento dell’atleta, inteso come figura che bene rappresenta la società in cui vive e che vuole migliorarsi. A questo si aggiunge la Rinascita dello stadio, quale luogo attrezzato per allenarsi e svolgervi le competizioni, davanti a numerosi spettatori. Dopo questo intenso periodo preparativo i primi Giochi Olimpici moderni vengono inaugurati nel 1896 ad Atene, stadio Kalimarmaro, capienza 70.000 spettatori, in gara 311 atleti e 13 nazioni rappresentate.
Da quella Olimpiade, lo sport si è caratterizzato sempre più come una attività che porta al continuo miglioramento di chi la pratica, un processo che avviene attraverso l’utilizzo di antropotecnologie considerate lecite (schede di allenamento personalizzate, attività svolta in altura, diete speciali, integrazione, tecniche adatte alla prevenzione dagli infortuni, stretching... etc) oggi applicate dagli atleti di tutto il mondo (Olimpiade di Pechino 2008, stadio Nazionale, capienza 91.000 spettatori, 10.903 atleti partecipanti e 204 nazioni rappresentate) ed altre considerate illecite (doping per utilizzo di sostanze e metodi considerati proibiti).
Circa un secolo dopo, la mattina del 26 giugno 2000, alla Casa Bianca, fu tenuta una famosa conferenza stampa dall’allora presidente degli USA Bill Clinton e dall’allora Primo Ministro britannico Tony Blair. Questi, assieme al genetista F.Collins e al biologo J.Craig Venter, annunciarono al mondo che il progetto GENOMA UMANO era stato completato con la realizzazione di una prima bozza della sua struttura. L’obiettivo di determinare la sequenza delle coppie di basi azotate che formano il DNA e di identificare e mappare i circa 24.000 geni presenti sia dal punto di vista fisico che funzionale, era stato raggiunto. Il genoma di qualsiasi individuo (tranne i gemelli omozigoti) è una struttura unica, in grado di garantire l’informazione ereditabile, insomma una specie di libretto delle istruzioni, contenente le informazioni necessarie alla costruzione dell’organismo e, conseguentemente, delle sue capacità fisiche e mentali. Tre anni dopo avviene l’annuncio del completamento della decriptazione del genoma. Infine, nel 2005 sulla prestigiosa rivista Nature (5), comparse la notizia che la sequenza dell’ultimo cromosoma umano era stata decifrata.
Il percorso da noi intrapreso nella storia delle antropotecnologie ha così raggiunto l’ultima tappa! Da quel giorno gli studiosi si ritrovano con una pletora di nuove informazioni utilizzabili nei più svariati campi della scienza, ovviamente anche nel campo che a noi interessa maggiormente, quello delle tecnologie applicabili all’uomo. Ha inizio per l’umanità un nuovo viaggio, questa volta verso il futuro, ricco di criticità ma garantito dall’abilità dei moderni ricercatori nel condurre gli studi e dalla certezza che il loro agire avverrà nel rispetto dell’etica e delle leggi degli Stati in cui operano.

Per capire dove questo viaggio potrà portarci cercheremo di rispondere alle seguenti 3 domande.

A) le nuove conoscenze genomiche possono aiutarci a spostare ulteriormente in avanti i confini delle nostre performance fisiche e mentali? credo si possa rispondere con un sì! In un prossimo futuro, collocabile all’incirca nel periodo 2020-2025, all’inizio della propria vita gli individui verranno sottoposti, da parte dei famigliari, ad una mappatura genomica (1). Le conoscenze acquisite potranno essere utilizzate per ricerche sulla salute pubblica ma anche a favore dell’individuo testato; infatti la mappa verrà “immagazzinata” in giganteschi data-bases e potrà essere utilizzata dai medici per costruire indicazioni di vita quali diete personalizzate, risoluzione di problemi di salute, scelta di carriera, scelte riproduttive e così via. Gli interventi “di correzione” eventualmente eseguiti porterebbero ad un indubbio miglioramento delle capacità prestazionali dell’individuo su cui si è intervenuti.

B) l’uso delle bioinformazioni genomiche da parte degli atleti di elite, configura due scenari o tre se i primi due si mischiano. Come si possono delineare? Il primo prevede che “atleti normali” si trovino a competere con “superatleti geneticamente modificati” (Gene Doping), con quest’ ultimi sempre più dominanti sui primi e gli organismi sportivi aggrappati alla speranza che il timore dei controlli possa limitare o sconfiggere questa pratica illecita. Lo sport professionistico ne risulterebbe rivoluzionato in quanto la ricerca sugli animali ha dimostrato che il genoma è manipolabile e che alcuni parametri, come la taglia fisica o la forza muscolare, possono essere fortemente aumentati. Tuttavia è ipotizzabile che rimanga aperta la questione su come sia possibile estendere queste tecniche alla popolazione, stante le restrizioni biologiche ed etiche esistenti.
Nel secondo scenario le informazioni genomiche vengono primariamente utilizzate per comprendere la predisposizione di un atleta alle malattie ed agli infortuni. Le antropotecnologie esistenti non diverrebbero di colpo obsolete e quindi sostituite, bensì integrate con le nuove conoscenze; così l’atleta di elite, geneticamente immodificato, con a disposizione un supporto economico adeguato ed un team di esperti che lavora con lui e per lui (allenatore, medico, preparatore atletico) potranno applicare le informazioni genetiche acquisite per ottimizzare le tecniche di allenamento e lo stile di vita. Verosimilmente sarà destinato a superare, in termini di prestazioni fisiche, gli altri atleti e forse anche a superare le capacità intellettuali di quelli non allenati da questo percorso.

C) l’ultimo quesito a cui rispondere è se, disgraziatamente, l’atleta sarà utilizzato come una cavia, sulla cui esperienza proporre pratiche capaci di diffondere una “epidemia tecnologica” a tutti gli uomini? Credo di no. Gli atleti di elite non saranno “animali da laboratorio”, soggetti passivi e meri bersagli delle nuove tecniche ma atleti di alto livello (in senso fisico, intellettuale, artistico) gestori di sè stessi, liberi di decidere sull’uso o meno delle informazioni genomiche.
Saranno, per rispondere alla domanda insita del titolo, una specie di avanguardia, di pionieri che indicheranno la via su come fare per trasferire le informazioni genomiche ottenute in concrete opzioni per migliorare se stessi e gli altri e, più in generale, favorevolmente condizionare gli stili di vita e lo stato di salute di tutti gli uomini.

BIBLIOGRAFIA

1) Zwart H. From utopia to science: challenges of personalised genomics informations for health management and health enhancement. Med Stud 2009;1(2):155-66.
2) Louis E. From Olympia to Atlanta: a cultural-historical perspective on diet and athletic training. J Nutr 1997;127:860S-o60S.
3) Aberg MA, Pedersen ML, Toren K. Cardiovascular fitness is associated with cognition in young adulthood. Proc Natl Acad Sci USA 2009;Nov30:
4) Pierre de Coubertin. The Olimpic idea.Discourses and Essays. Editions Internationales Olym-
Piques, Lausanne, 1970.
5) Rogers YH, Venter JC. Genomics: massively parallel sequencing. Nature 2005;437(7057):
326-7.
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