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Gli atti del convegno su "La Pallavolo maschile uno sport da promuovere tra le giovani generazioni"
Gli atti del convegno su "La Pallavolo maschile uno sport da promuovere tra le giovani generazioni"
21/03/2012
Come promesso siamo a pubblicare gli atti, davvero interessantissimi, del convegno su "
LA PALLAVOLO MASCHILE UNO SPORT DA PROMUOVERE TRA LE GIOVANI GENERAZIONI
" tenutosi sabato 17 marzo presso la Sala conferenze dell'Università degli Studi di Bergamo, in piazzale S.Agostino, 2. A seguire la condivisione dei risultati della ricerca-azione “Le rappresentazioni della pallavolo maschile: verso nuovi codici, stili di cura educativa e responsabilità sociali del mondo sportivo” promossa dal
Comitato Provinciale FIPAV.
Ricerca-azione
LE RAPPRESENTAZIONI DELLA PALLAVOLO MASCHILE
-Report-prima fase-
Progettazione e supervisione scientifica: Prof. Ivo Lizzola, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione
Gestione e coordinamento: Giulio Caio
Ricercatori: Paola Salvioni, Marco Locatelli,
Tirocinante di Scienze dell’Educazione: Alice Carminati
1. INTRODUZIONE
Il report presenta la sintesi dei primi risultati emersi dal percorso di ricerca- azione avviato a febbraio del 2011, grazie ad una significativa collaborazione tra l’Università degli Studi di Bergamo ed il Comitato provinciale FIPAV di Bergamo, collaborazione che ha permesso di aprire un importante spazio di riflessione e riprogettazione nell’ambito della pallavolo maschile. In questa prima parte è presentato l’impianto e lo sviluppo del percorso, nelle parti successive vengono richiamati alcuni elementi emersi attraverso le attività svolte. Concluderemo con alcune considerazioni e ipotesi di rilancio, elaborate sulla base di quanto raccolto ed analizzato.
Le ipotesi di partenza
L’esperienza della pallavolo rappresenta per molti giovani atleti un’occasione unica e preziosa di crescita umana, importante non solo sul piano dello sviluppo psico-motorio, ma della socializzazione e della formazione ai valori etici e civili della convivenza e del gioco organizzato. Lo diamo forse troppo per scontato. E’ importante nelle società sportive aderenti alla FIPAV riconoscere e rilanciare queste dimensioni per essere più consapevoli del patrimonio di valori che vengono trasmessi e scoperti attraverso le pratiche sportive ed educative della pallavolo tra i ragazzi, in particolare tra i maschi. Un fattore decisivo che incide sulle rappresentazioni della pallavolo viene esercitato dalle relazioni che si possono creare a livello locale tra i ragazzi che la praticano in modo positivo e soddisfacente e coloro che, per diverse ragioni, ne hanno un’immagine poco elaborata o distorta. Un ruolo centrale di orientamento e sostegno è svolto naturalmente anche dagli adulti: sia dai dirigenti e allenatori, sia da genitori, insegnanti ed educatori che operano sul territorio. Le loro convinzioni e percezioni, i loro stili e strumenti di comunicazione e di relazione influiscono sulle scelte o sulle non-scelte che i bambini, i pre-adolescenti e giovani compiono, più o meno consapevolmente e coerentemente con le loro attitudini, potenzialità e desideri.
La finalità del progetto
La scelta di esplorare rappresentazioni e percezioni della pallavolo è nata a partire dall’esigenza di arricchire le collaborazioni interne ed esterne alla federazione, con l’attenzione a valorizzare le forme e gli strumenti che facilitano l’affiliazione degli atleti lungo l’arco della vita. La pallavolo non è per i maschi solo l’ultima spiaggia dopo essere stati scartati
dagli sport di massa, ma piuttosto un’opportunità unica di apprendimento, di life-skill (competenze di vita). Quando parliamo di immagine non ci riferiamo a qualcosa di superficiale o di apparente, l’immagine non è semplicemente il look, ma l’insieme di rappresentazioni, saperi e valori che influenzano i comportamenti delle persone e delle organizzazioni. L’obiettivo di lavorare sull’immagine e sulle rappresentazioni non si limita semplicemente a realizzare forme di marketing o di mera pubblicità, ma ad attivare un processo strategico di promozione della filosofia e della cultura pallavolistica intesa come servizio importante a favore delle giovani generazioni.
La scelta della metodologia della ricerca-azione
La ricerca-azione implica lo sviluppo di percorsi, che coinvolgono la partecipazione attiva di chi condivide i problemi posti e diventa risorsa per trovare forme e modi per affrontarli. I fenomeni di cui ci occupiamo non si possono afferrare con una sorta di fotografia, perché sono in continuo cambiamento. Ci sono parsi insufficienti i dati statistici raccolti, per poter analizzare in profondità le questioni critiche sulle quali si è ritenuto importante porre l’attenzione. Per questa ragione sono stati coinvolti gli staff delle società della pallavolo maschile aderenti alla FIPAV mediante un processo di scambio e confronto sulle difficoltà e le opportunità presenti per la promozione delle pratiche pallavolistiche. La ricerca-azione parte dall’assunto che la conoscenza influisce fortemente sull’azione e il cambiamento dei comportamenti quotidiani. Le forme di intervento operativo a loro volta quando condivise e sperimentate in modo consapevole possono produrre un sapere e competenze molto utili per sviluppare progetti efficaci e migliorare la qualità dei nostri servizi sportivi. La consulenza dell’Universit{ non sostituisce l’impegno di ogni società a ripensarsi, rappresenta caso mai uno stimolo a valorizzare e innovare quanto già di significativo viene realizzato.
Le azioni realizzate nella prima fase
1. Costituzione di un GRUPPO DI LAVORO PROVINCIALE per la definizione dell’impianto del percorso e per il monitoraggio del progetto (riunioni mensili).
2. Costituzione di un GRUPPO DI RICERCA OPERATIVO di ricercatori per la realizzazione delle interviste individuali e di gruppo (riunioni quindicinali)
3. PRESENTAZIONE della ricerca, condivisione obiettivi e modalità ai diversi livelli della federazione (segreteria e assemblee)
4. 1 SEMINARIO E 3 FOCUS-GROUP CON I DIRIGENTI delle società provinciali . I focus group sono stati condotti da ricercatori e formatori dell’Università e hanno visto la presenza ognuno dei gruppi di 12-15 DIRIGENTI
5. 10 INTERVISTE INDIVIDUALI AD ALLENATORI E 1 UN’INTERVISTA DI GRUPPO a 8 allenatori
6. COLLOQUI/INTERVISTE CON GENITORI (circa 50, differenziati sulla base dell’ età dei figli) ED INSEGNANTI (2 scuole medie e 2 superiori)
7. FOCUS-GROUP CON 12 SQUADRE distribuite nelle varie zone della provincia ( in totale 150 atleti: 60 U14 – 80 U16 – 10 U18)
8. ELABORAZIONE e discussione materiali raccolti, documentazione e stesura report
9. RESTITUZIONE DEI RISULTATI attraverso riunioni e convegno, per il rilancio dei temi e problemi individuati
10. RIPROGETTAZIONE INTERVENTI della seconda fase della ricerca-azione.
I temi affrontati
Dirigenti, allenatori, insegnanti e genitori sono stati, insieme ai giovani atleti, gli interlocutori privilegiati della ricerca-azione pensati come i principali attori competenti del problema. I materiali e le indicazioni raccolte sono molti, qui di seguito illustreremo solamente le indicazioni principali e più ricorrenti, a partire dai temi che abbiamo deciso di esplorare in modo prioritario.
Gli interrogativi da cui siamo partiti, condivisi con i diversi interlocutori, non avevano lo scopo di cercare risposte definitive, ma di raccogliere punti di vista diversi sulle questioni poste. I temi toccati riguardano le modalità attraverso le quali i ragazzi avvicinano la pallavolo, le ragioni che portano ad abbandonarla, il ruolo della scuola rispetto all’avviamento alla pratica sportiva in generale e nello specifico alla pallavolo, i rapporti che intercorrono fra i membri delle società sportive e fra i dirigenti, gli allenatori, gli atleti ed i loro genitori.
Il fine di tutto questo lavoro di ascolto è stato quello di raccogliere spunti e chiavi di lettura diverse del fenomeno pallavolistico considerando soprattutto coloro che più di ogni altro ne sono coinvolti, e attraverso ciò aiutare coloro che fanno parte di questo settore ad agire in modo più strategico ed incisivo, sia per quanto riguarda la promozione di questo sport sia per una maggiore consapevolezza e condivisione dei tanti aspetti arricchenti e critici delle esperienze incontrate.
Prenderemo in considerazione in primo luogo il punto di vista dei ragazzi ed in un secondo momento quello dei vari adulti incontrati.
2. IL PUNTO DI VISTA DEI GIOVANI
Consideriamo innanzitutto le immagini della pallavolo emerse dagli atleti, raccolte mediante lo strumento delle interviste e focus group, durante i quali è stato chiesto ai ragazzi di parlare e scrivere riguardo a:
a) il loro percorso di avvicinamento alla pallavolo;
b) gli elementi positivi e negativi che riscontrano nella pratica di questo sport (attraverso l’utilizzo di immagini/metafore positive/negative);
c) la percezione dell’impatto della pallavolo maschile tra i ragazzi;
d) la posizione della scuola nei confronti di questo sport;
e) eventuali proposte per rilanciare e pubblicizzare maggiormente la pallavolo maschile.
Nei momenti di confronto e discussione con i ragazzi si sono potuti evidenziare, all’interno delle diversità esperienziali di ognuno, forti elementi di continuità tra le varie esperienze societarie e personali dei giovani atleti. Ci pare importante presentare alcuni aspetti ricorrenti che sono emersi in maniera chiara nell’analisi dei dati raccolti.
I ragazzi avvicinano la pallavolo attraverso le relazioni primarie
I canali di avvicinamento alla pallavolo, anche considerando diverse età, storie personali e contesti territoriali , si possono ricondurre, per la quasi totalità dei ragazzi a:
1) la passione per la pallavolo coltivata in famiglia da genitori e/o fratelli-sorelle
2) il passa-parola che avviene tra amici, non necessariamente coetanei.
Le risposte più frequenti alla domanda “Come siete arrivati alla pallavolo?” sono state infatti: “attraverso qualcuno della mia famiglia che pratica o ha praticato questo sport” e “ attraverso amici che mi hanno suggerito di provare”.
Ad un secondo livello risulta essere fondamentale, nell’avvicinamento alla pallavolo, l’esperienza fallimentare o negativa in altri sport (soprattutto calcio e basket). A volte sono proprio i genitori stessi ad indirizzare i figli alla pallavolo proprio per la ricerca di uno sport altro dal calcio, considerato troppo esasperante e poco educativo.
Altro canale privilegiato e molto importante di avvicinamento, raccontato dagli atleti, è stata la scuola. Spesso si tratta di corsi pubblicizzati nelle ore di educazione fisica da allenatori di società pallavolistiche e/o attività ludico/sportive promosse da allenatori o insegnanti di educazione fisica nelle ore extra-scolastiche. Molti ragazzi hanno sottolineato questi momenti come prima fonte di conoscenza e curiosità verso questo sport. Il passo successivo è stato contattare la società sportiva del territorio. All’interno della scuola è soprattutto la figura dell’insegnante di educazione fisica ad agire un ruolo fondamentale nel far conoscere ai ragazzi la pallavolo e magari farla anche praticare (sopratutto quando capita che l’insegnante sia anche allenatore).
Infine gli avvicinamenti più personali e particolari sono avvenuti per pochi ragazzi attraverso fattori casuali (non c’era la squadra giusta dello sport che si voleva praticare, anche per questioni d’età, e ci si è re-indirizzati sulla pallavolo), attraverso la scoperta dello sport tramite tornei di beach volley, attraverso curiosità personale maturata guardando le partite in tv.
L’età di avvicinamento alla pallavolo è generalmente alta rispetto agli altri sport. Nei focus group condotti con i ragazzi sono emerse diverse storie personali e di gruppo: alcuni praticano la pallavolo dalla quarta/quinta elementare, altri dalle medie (prima, seconda o terza), qualcuno (pochi) dalle superiori. Pochissimi hanno comunque iniziato a giocare a pallavolo prima della terza elementare.
Un mondo di emozioni, divertimento, scoperta di sé e amicizia
Nei diversi focus group si è chiesto agli atleti di esprimere, in forma scritta e orale, gli elementi positivi e negativi vissuti nel praticare questo sport: sono numerosissimi i punti di contatto tra i vari gruppi di atleti. Ecco in sintesi quanto emerso in positivo:
Nel suo complesso, per quanto difficile da praticare, la pallavolo è molto divertente e fa provare tanta soddisfazione e forti emozioni trasmettendo grande passione.
Tale soddisfazione e profondità dei vissuti emotivi è sicuramente legata al fatto che la pallavolo è uno sport altamente tecnico, che nel perseguire anche il minimo obiettivo comporta impegno e costanza, producendo un continuo lavoro su di sé che aiuta la crescita umana, personale, caratteriale e perfino cognitiva. Alcuni ragazzi parlando della pallavolo hanno associato la sua rapidità d’esecuzione con miglioramenti nella loro rapidità di pensiero che ha avuto ripercussioni anche a livello scolastico. Tanti anni di pallavolo sembrano influire significativamente sulla mentalità e la visione della vita che i ragazzi sviluppano.
A differenza di molti altri sport, la pallavolo è realmente uno sport di squadra, che non lascia spazio a troppi egoismi ed individualismi favorendo la socializzazione. Oltre al gesto tecnico, è l’aiuto per i compagni, il lavorare insieme per lo stesso obiettivo, il mettersi in gioco costantemente nelle relazioni con gli altri che diventa oggetto reale di apprendimento in palestra giorno dopo giorno.
Questa forte componente di squadra fa nascere importanti amicizie che vengono coltivate dai ragazzi anche fuori dalla palestra, generando legami intensi e profondi e permettendo così la condivisione dei problemi legati all’età ed il consolidarsi di importanti valori come la solidarietà, la condivisione e la convivenza, la responsabilità per sé e per gli altri, il rispetto, l’onestà, il sacrificio e la fatica.
Come nella pratica degli altri sport, dove il corpo è in movimento, è messa in risalto la dimensione di una cura per la propria salute intesa come benessere fisico e mentale e soprattutto come spazio di uno sfogo dalle tensioni quotidiane ed il recupero di certi equilibri interni e di relazione con l’esterno.
La complessità della tecnica individuale e la delicatezza delle dinamiche di gruppo
Nello sviluppo degli incontri sono emerse anche alcune criticità nel rapporto con l’esperienza pallavolistica che è interessante cogliere per le specificità che vengono evidenziate:
Trattandosi di uno sport molto tecnico è, rispetto ad altri, più difficile da imparare e praticare; ciò rende più difficoltoso sia il primo approccio a livello individuale sia l’inserimento nella squadra.
La centralità della dimensione del “gruppo” si ripercuote in negativo nel fatto che l’errore individuale ricade inevitabilmente sul gioco di tutti e questo aumenta la pressione emotiva sui singoli e sul gruppo stesso.
Anche la pallavolo comporta molto impegno sia sul piano dello stress psico-fisico (con il rischio di infortuni) sia in termini di tempo da dedicare che richiede una capacità di organizzazione anche di tutti gli altri impegni personali. In realtà il lavoro sul fisico è molto apprezzato dai ragazzi più grandi perché a differenza di altri sport, la pallavolo permette un modellamento e potenziamento migliore e più armonico del proprio corpo.
Alcuni ragazzi (pochi per la verità) soffrono nella pratica di questo sport la mancanza di contatto fisico. Qualche allenatore lo tiene presente negli allenamenti, dove si possono invece vivere e sperimentare anche altre forme di interazione più corporee.
Le ragioni del minore appeal tra i maschi
Secondo la percezione dei ragazzi che praticano la pallavolo i principali motivi per i quali essa non riscuote il successo che ci si aspetterebbe sono:
Il mito del calcio: la cultura popolare e i media, specialmente in Italia, ne sono fortemente condizionati. Già da piccoli (se non piccolissimi) i maschi vengono direttamente ed indirettamente indirizzati al calcio che ha comunque una maggiore immediatezza.
La diffusione della pallavolo femminile qualche volta influenza l’immaginario tra alcuni ragazzi che la considerano uno sport meno “maschio”. Pregiudizio che molti intervistati hanno subito smontato evidenziando gli aspetti di forza, freddezza, tenacia, agonismo, strategia e tecnicità che questo sport richiede.
L’esiguo numero di società maschili non agevola sicuramente la vita ai ragazzi che decidono di praticare questo sport, che si ritrovano per tanti anni inseriti in squadre miste con le ragazze e che si trovano ad affrontare trasferimenti a volte impegnativi e costosi per poter giocare.
Una dimensione ludica da sperimentare a scuola
Secondo i giovani atleti intervistati, per provare a rilanciare e pubblicizzare maggiormente la pallavolo maschile sarebbe necessario farla conoscere e sperimentare soprattutto ai bambini piccoli. Come è emerso dalle loro storie personali, il primo incontro con la pallavolo difficilmente avviene prima della terza/quarta elementare. Generalmente è più facile incontrare questo sport alle medie. Le scuole elementari diventano secondo i giovani atleti un nodo fondamentale per avvicinare i maschi alla pallavolo. Pur consapevoli del fatto che nella seconda infanzia bisogna ricorrere ad attività/giochi propedeutici e che solo crescendo si può arrivare alla pallavolo vera e propria, i ragazzi hanno sottolineato a più riprese ed in maniera evidente come sia necessario che questo sport e le società che lo praticano trovino dei canali per “entrare a scuola” (tramite allenatori che propongano corsi e/o attività, coinvolgendo i ragazzi stessi…). In questo modo si potrebbero sensibilizzare anche molti genitori, che spesso non pensano alla pallavolo come sport praticabile dai loro figli maschi. Nella visione dei ragazzi, l’allenatore assume questa nuova funzione di tramite e mediatore tra società sportiva e mondo della scuola che si deve muovere su più fronti.
Il territorio come risorsa
Oltre alla scuola, anche il più vasto e complesso contesto del territorio in cui la società sportiva è radicata viene visto dai ragazzi come possibile nodo critico per pubblicizzare maggiormente la pallavolo maschile. Troppo poche le manifestazioni ed i tornei (solo per il maschile) che vengono proposti nei vari paesi. Anche in questo caso si propone di entrare in quei contesti ricchi di bambini/ragazzi come i vari C.R.E. o G.R.EST. per far conoscere la pallavolo e farla sperimentare.
Altro stimolo interno alle società potrebbe essere invece quello di aprire gli allenamenti ai ragazzi curiosi che volessero assistere anche solo per saperne di più.
In molte squadre intervistate si nota che c’è poi tutto un problema di visibilità e pubblicità legato ai mass media. Né giornali né televisione danno molto spazio alla pallavolo e questo limita e vincola moltissimo la conoscenza di questo sport ai soli “addetti ai lavori”. In questo senso un rilancio della visibilità della pallavolo maschile mediante una maggiore presenza a livello mediatico potrebbe servirsi di squadre e giocatori famosi di serie A, come funziona anche per il calcio e per altri sport.
Il punto di vista di studenti che non praticano la pallavolo
E’ interessante considerare le immagini della pallavolo che sono emerse da alcune classi di un liceo scientifico. Le risposte ambivalenti mettono in luce in particolare il fatto che è molto scarsa la conoscenza e la pratica di questo sport tra i ragazzi e che pertanto è percepito come uno sport elitario e selettivo, comunque poco considerato tra gli adolescenti. Gli incontri con queste classi sono stati molto interessanti ed utili per comprendere il punto di vista sulla pallavolo non solo di chi fa sport, ma anche di chi non lo pratica. L’ottica, infatti, è spesso diversa da quella degli atleti e alcuni elementi emersi hanno contribuito ad arricchire ulteriormente la comprensione di alcuni problemi.
Tra gli studenti sono state raccontate diverse storie di abbandono dovute ad incomprensioni e conflitti con l’allenatore.
Problematico è il fatto che spesso mancano strutture per poter praticare alcune discipline sportive: nel caso della pallavolo, ad esempio, ci sono poche squadre per il maschile ed i ragazzi, anche se interessati ad essa, vi rinunciano perché dovrebbero spostarsi anche di molti
chilometri e spesso non ne hanno la possibilità. Secondo i ragazzi la promozione sportiva dovrebbe partire dalle amministrazioni comunali, che insieme alle società sportive stesse potrebbero organizzare delle manifestazioni in cui alcuni giocatori professionisti mostrano il gioco della pallavolo.
3. IL PUNTO DI VISTA DEGLI ADULTI
Ci pare importante enucleare i principali problemi che sono stati richiamati attraverso le interviste individuali e di gruppo realizzate con le figure adulte: dirigenti, allenatori e genitori che ruotano attorno all’esperienza pallavolistica.
Il calo di adesioni e l’incremento degli abbandoni
Il problema è percepito: i maschi che praticano la pallavolo sono in netta minoranza rispetto alle femmine; i dati delle iscrizioni ai campionati maschili confermano che, negli ultimi anni, questo numero rischia di essere ulteriormente in diminuzione. Ci sono meno bambini che si iscrivono al minivolley o ai campionati giovanili e a preoccupare è soprattutto il fatto che alcuni dei ragazzi che giocano a pallavolo già da qualche anno, decidono di abbandonarla. Vengono considerati diversi fattori critici, alcuni strutturali legati alla natura dello sport, regole e caratteristiche logistiche, alcuni di tipo organizzativo e culturale, ma allo stesso tempo secondo alcuni è importante capire che cosa effettivamente funziona e che cosa ci possono insegnare le esperienze valide diffuse sul territorio. L’idea di ricerca-azione ha trovato un terreno fertile nella convinzione che sia fondamentale l’intreccio tra la conoscenza e l’operatività.
Le connessioni con le iniziative locali
In generale i dirigenti sentono la necessità di un incremento e di un ripensamento delle modalità di reclutamento dei ragazzi che potrebbero essere interessati a questo sport. I dati raccolti dalla Federazione mostrerebbero che il circuito del Minivolley, le iniziative nelle scuole Medie, le manifestazioni provinciali, sembrano insufficienti a reggere la sfida. In alcuni paesi, sottolineano alcuni, si cerca durante le manifestazioni pubbliche a carattere più o meno sportivo e durante le sagre popolari di proporre la pallavolo, ma sono situazioni che non sembrano essere molto coinvolgenti per i ragazzi e non sempre li stimolano a provare a giocare. Occorre, si dice, ripensare attività e metodi di coinvolgimento.
Per altri versi, come già evidenziato dagli atleti intervistati, alcuni allenatori propongono che sia anticipata l’età del reclutamento e che vengano maggiormente estese le occasioni di presentazione e sensibilizzazione, proponendo ai bambini delle attività principalmente ludiche ed in misura minore a carattere tecnico. A volte si tratta di inserirsi in occasioni già esistenti organizzate dai Comuni o attraverso i Centri ricreativi estivi degli oratori e di organizzare tornei in cui i ragazzi si possano sperimentare divertendosi. Quando ciò è stato sperimentato, infatti, dicono alcuni, i risultati si sono visti.
Valorizzare le azioni messe in campo
Ci sono iniziative che si stanno mettendo in campo. Positiva è stata per esempio l’esperienza in cui un comune, durante la “Settimana dello Sport”, si è impegnato ad allestire, per i bambini del minivolley, dei campetti di pallavolo “dove i piccoli giocatori hanno potuto giocare ed anche i bambini non pallavolisti hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con una disciplina sportiva fino a quel momento poco conosciuta o della quale non avevano mai avuto esperienza“. Alcuni hanno fatto notare che, per sostenere queste iniziative oggi, anche le società sportive risentono delle difficoltà economiche che investono tutta la società più in generale e che occorre uno sforzo di maggiore inventiva e nuove alleanze con gli altri attori ed agenzie educative di un territorio. Se oggi risulta più problematico trovare sponsor significativi allora il lavoro di marketing deve essere arricchito. Qualche volta si è costretti a chiedere ai ragazzi e famiglie un contributo economico più consistente. Potrebbe essere una forma di responsabilizzazione, ma anche di condivisione maggiore delle difficoltà che attraversano le realtà sportive.
Oltre la sporadicità delle azioni promozionali sul territorio
Non è facile per gli adulti capire che cosa stia cambiando nelle giovani generazioni, le nuove attese, linguaggi, limiti e potenzialità, lo confessano alcuni presidenti di società. Come capire con quali linguaggi, su quali messaggi e con quali strumenti operare? E’ facile essere vittime di stereotipi per cui c’è la curiosità di vedere che cosa una ricerca come questa può aiutare a far emergere anche per poter sviluppare in modo più consapevole delle attività promozionali più mirate. Lavorare sull’immagine significa interrogarsi su come si è visti non solo dalle altre agenzie del territorio, ma dagli stessi ragazzi, e dalle loro famiglie. Molto importante è l’esempio che i giocatori più grandi possono dare ai più piccoli: essi possono suscitare interesse e voglia di mettersi in gioco. Il passaparola fra i ragazzi risulta, infatti, essere il mezzo privilegiato di diffusione e alla base c’è un’ esperienza di identificazione positiva che a quest’ età è decisiva sia tra coetanei e soprattutto con i più adulti.
La collaborazione con le scuole non è scontata
Per quanto riguarda il contesto scolastico, vi sono insegnanti che promuovono lo sport della pallavolo (a volte sono anche allenatori!), ed organizzano tornei intra-scolastici ed extra-scolastici, ma anche questo avviene in modo sporadico e sulla spinta di sensibilità specifiche. All’interno di questa istituzione è fondamentale l’immagine che gli insegnanti, in particolare di educazione fisica, promuovono di questo sport. In relazione ai rapporti con le scuole, all’interno delle societ{ coinvolte, sono emerse esperienze molto diverse fra loro, più o meno efficaci. I momenti di scambio hanno fatto emergere alcuni casi che hanno avuto una ricaduta interessante. Richiamiamo alcune esperienze emblematiche:
1) Significativa è l’esperienza di una società che attraverso un professore-allenatore ha stretto rapporti con una scuola sia a livello di scuola elementare che di scuola media e si è venuto a creare un vero e proprio gruppo sportivo scolastico, che organizza anche tornei con altre scuole.
2) In un'altra società è risultato molto importante per il reclutamento dei ragazzi, il ruolo del Comitato genitori della scuola che a inizio anno organizza corsi di diversi sport (fra cui quelli di pallavolo), mentre la società si preoccupa di fornire il supporto tecnico necessario.
3) Sempre attraverso l’intermediazione della scuola, una società pallavolistica ha proposto un mese gratis di pratica sportiva per permettere ai ragazzi di provare a giocare a pallavolo.
4) Un’altra associazione sportiva ha organizzato all’interno dell’istituzione scolastica, corsi di pallavolo gestiti da due ex giocatrici. Infine all’interno di un altro istituto scolastico, in occasione della giornata dello sport sono stati invitati a partecipare alla manifestazione due giocatori, la cui presenza ha favorito un cambiamento dell’immagine della pallavolo (comunemente considerata un’attività sportiva femminile) ed un successivo incremento delle iscrizioni nella successiva stagione sportiva.
Sono venuti alla luce, però, anche casi in cui la scuola non è vista come un’interlocutrice privilegiata delle società sportive che si occupano di pallavolo. Qualcuno lamenta che le scuole spesso, all’interno della loro proposta formativa, non propongono tale sport, ma ne privilegiano altri quali il basket, il rugby, ecc… A volte nemmeno le proposte più articolate come la promozione di mille ore di pallavolo nelle scuole produce effetti positivi, in quanto fra le varie difficoltà vi sono quelle di trovare persone che abbiano una certa estroversione verso i ragazzi e li facciano divertire; inoltre non è immediato avvalersi di risorse di personale disponibile, sempre più schiacciato dalle molteplici mansioni e procedure richieste.
Le organizzazioni sportive: servono maggiori sinergie
I momenti di scambio hanno fatto emergere una maggiore consapevolezza sulla necessità di una più fattiva collaborazione tra le società. Non è automatico far coincidere l’interesse per la pallavolo e l’attivazione di una squadra. A volte l’autoreferenzialità di alcune società non aiuta a creare le condizioni indispensabili. Le collaborazioni, dove non sono già presenti, dovrebbero crearsi, a parere di alcuni dirigenti e allenatori, anche fra le diverse società sportive maschili e non del territorio, in quanto ciò potrebbe ovviare non solo al problema della mancanza di numeri per la creazione delle squadre (che molto spesso si verificano a livello maschile), ma anche alla mancanza di strutture adeguate (palestre e attrezzature), in cui praticare questo sport. Questa ipotesi tuttavia non viene sostenuta dai fatti, perché è difficile uscire dalla logica dell’appartenenza alla propria società o gestire in modo coordinato lo spostamento degli atleti, a ciò si aggiunge la mentalità campanilistica dei paesi e delle amministrazioni comunali. Secondo alcuni servirebbero criteri più chiari e una regia super partes che supporti questi percorsi di maggiore sinergia. La relazione fra i membri principali delle società sportive, cioè i dirigenti ed i tecnici (che dovrebbero condividere gli stessi fini, obiettivi e mirare agli stessi traguardi), non sembra essere sempre positiva. Può accadere che le funzioni a cui queste diverse figure professionali devono adempiere, si confondano e sovrappongano con una conseguente mole di lavoro in più che, di solito, sembra gravare sugli allenatori. In questa direzione le società sportive avvertono la necessità di un incremento delle risorse umane, in particolare giovani, disponibili a spendere un po’ del loro tempo per la crescita sportiva ed umana dei ragazzi.
Il ruolo determinante degli allenatori
I dirigenti e, in particolare, i genitori hanno sottolineato l’importanza della figura dell’allenatore: “il tecnico deve essere una persona seria, competente, equilibrata e valorizzante verso i ragazzi” ha affermato un dirigente. La figura dell’allenatore è considerata indispensabile nel motivare i giovani atleti a proseguire in questa attività sportiva e deve relazionarsi con ogni ragazzo in modo rispettoso e sensibile della loro personalità. “In base alle caratteristiche ed alle peculiarità di ogni ragazzo si cerca di trovare la scintilla che farà tornare il ragazzo in palestra anche una seconda volta.” E’ un aspetto che è già emerso con forza considerando il punto di vista dei giovani atleti. “Il primo obiettivo in palestra è creare un clima sereno. Se c’è quello abbiamo già un buonissimo punto di partenza“. “Star bene in palestra”- sottolinea un allenatore all’opera e aggiunge - “Fino alla seconda media è difficile farli giocare a pallavolo, come succede invece fin da subito con il calcio ed il basket. L’obiettivo iniziale per un allenatore diventa quindi tenerli in palestra con attività ludico/competitive, non ultra-specializzanti e che li renda partecipi”. Tuttavia, ci dicono alcuni allenatori, “non sempre è presente l’attenzione tra i nostri colleghi a spiegare ai ragazzi le scelte che compiono, devono solo obbedire e sottomettersi”.
L’importanza dei fattori relazionali
Incomprensioni e rapporti negativi con l’allenatore sono fra le principali cause di abbandono dell’attività sportiva nei ragazzi. Un tasto dolente, che emerge per esempio già a livello giovanile, è quello della panchina: essa è vissuta dai bambini e dai ragazzi come luogo emarginante, soprattutto quando non vengono spiegati loro i motivi che hanno portato l’allenatore a compiere quella decisione e non si cerca di chiarire il ruolo che in quel momento l’atleta riveste all’interno della sua squadra. Per altri versi gli allenatori si sentono a volte abbandonati dalle società e poco curati sono gli spazi di confronto, scambio e condivisione. Il ruolo degli allenatori, così come viene descritto da alcuni di loro, non è soltanto tecnico, ma è anche quello di essere educatori, alleati e coerenti con la “linea educativa” che seguono i genitori e tutte le agenzie formative (formali e non), che si occupano dell’educazione di questi ragazzi. Al riguardo, gli allenatori hanno sollevato la necessità di una formazione attenta ai bisogni e alle criticità dell’età evolutiva. Come affermano diversi esperti in proposito allenare è educare, le due dimensioni coincidono, anche se non è automatico che poi l’allenamento sia effettivamente educativo. L’allenatore è in questo un protagonista attivo di esperienze formative non frustranti dei ragazzi che gli si affidano. Soprattutto nei settori giovanili c’è bisogno di imparare giocando e divertendosi, in un clima gratificante e stimolante in cui l’istruttore diventa “modello comportamentale da seguire” .
I genitori e i rischi del fanatismo
I genitori dei ragazzi hanno sottolineato gli aspetti che ritengono positivi della pallavolo: il fatto che si svolga in un ambiente protetto che è formativo per i ragazzi perché, attraverso il rispetto, la fatica, lo spirito di sacrificio, li prepara a far fronte alle situazioni della vita; il rispetto delle regole, dei compagni di gioco e degli avversari, la promozione di stili di vita sani, sono i principali aspetti che rassicurano i genitori nel ritenere la pallavolo uno sport valido e proponibile. Vi sono intere famiglie, lo confessano gli stessi genitori, che non partecipano affatto all’esperienza sportiva dei loro figli e spetta ad altre figure educative, prendersi cura di loro. La posizione dei genitori tende ad essere ambivalente: da una parte c’è una preoccupazione reale perché il figlio faccia una buona esperienza, dall’altra emergono logiche di delega, “lavorando entrambe non abbiamo molto tempo per seguirli, ci fidiamo della società”, dall’altra ancora logiche esasperanti “il problema è la gestione delle panchine, mio figlio dovrebbe giocare di più”, logiche che vengono confermate dalla descrizione di alcuni comportamenti aggressivi che, come da più parti ci è stato sottolineato, sono abbastanza diffusi sugli spalti durante le partite.
L’ambivalenza delle famiglie
Il rapporto che i genitori dei ragazzi pallavolisti hanno con le società sportive e quindi con i dirigenti e gli allenatori, non è sempre facile e a volte possono sorgere incomprensioni riguardo alle richieste che sono poste ai loro figli, mentre altre volte “non è possibile mantenere il corretto distacco e la giusta dose di freddezza dinnanzi ad alcuni avvenimenti.” A volte, la sensazione è quella che giocatori, genitori e membri delle società sportive siano metaforicamente lontani fra loro e non riescano a comprendere le esigenze ed i desideri che ognuno porta con sé.
Società sportive e genitori sentono l’esigenza di incontrarsi con più frequenza e non soltanto durante feste ed occasioni particolari (inizio e fine anno sportivo, Natale e Pasqua dello sportivo), al fine di parlare di eventuali problemi, disagi o semplicemente per viaggiare sulla stessa “lunghezza d’onda”. Il modo in cui i genitori si pongono nei confronti dello sport che praticano i loro figli ha naturalmente ripercussioni più o meno positive sulla loro esperienza: se da una parte è importante che i genitori li sostengano e li valorizzino, dall’altra serve un equilibrio nel sapersi de-identificare rispetto alle proprie attese di successo e di prestazione. Alcuni genitori, ad esempio, si pongono in modo troppo severo ed esigente verso i loro figli e possono generare in loro una disaffezione verso la pallavolo. In effetti, i genitori possono trasformarsi da antagonisti a buoni alleati non solo dei ragazzi e degli allenatori, ma della società sportiva stessa. Naturalmente ciò implica il fatto che la comunicazione con le mamme e/o i papà ed il loro coinvolgimento possa essere considerato un aspetto per il quale investire tempo, attenzioni e competenze. Ne va del clima delle palestre e delle partite, e di conseguenza è in gioco anche il significato stesso e il valore educativo della proposta pallavolistica.
4. ELABORAZIONE DEGLI ELEMENTI EMERSI
La pallavolo: un’esperienza formativa da valorizzare e diffondere tra le giovani generazioni
Dai preziosissimi incontri con gli adulti ed in particolare con i ragazzi che praticano lo sport della pallavolo emergono valori importanti che la caratterizzano. Essi riguardano diverse dimensioni della vita umana fondamentali nella crescita di adolescenti e pre-adolescenti. La pallavolo per i minori emerge innanzitutto come ambito di:
scoperta e gestione delle emozioni;
rapporto consapevole con il corpo;
relazione e interazione con l’altro;
percezione dell’ambiente, dello spazio, del proprio territorio;
sviluppo del pensiero, anche inteso come pensiero di gruppo;
confronto e scambio con l’adulto.
Essa può diventare allora lo spazio in cui l’adolescente scopre le emozioni nuove che lo abitano, e con la mediazione dell’adulto impara a riconoscerle, a darle un nome, a gestirle in rapporto a se stesso e soprattutto agli altri. Analizziamo questi aspetti più in profondità.
Spazio prezioso di socializzazione
In quanto fatto sociale totale, la pallavolo rappresenta uno strumento ed un contesto importante per contrastare le tendenze che muovono verso un’individualizzazione e frammentazione esasperate dei singoli individui nella società attuale.
Contro la logica dell’individualizzazione, questo sport promuove una riscoperta del gruppo come risorsa per la propria crescita atletica e soprattutto personale. Proprio attraverso la vita nel gruppo, ciascun ragazzo può riuscire a valorizzare maggiormente se stesso e di conseguenza l’altro, a riscoprire una propria dimensione sociale.
Contro la logica della frammentazione, questo sport promuove una visione integrale dell’individuo che favorisce un’ottica olistica, capace di rimettere insieme i diversi aspetti della persona, con una logica di interconnessione e non di separazione/separatezza, ma di aiuto a ricomporre corpo, mente e relazioni.
Un luogo educativo per accompagnare le età di transizione
La pratica pallavolistica, anche per come l’hanno presentata i ragazzi, può quindi aiutare a contrastare tendenze sociali pericolose diventando anche un fattore educativo, un dispositivo pedagogico fondamentale. La sua valenza educativa, che non è di per sé caratteristica propria dello sport in quanto tale, emerge in maniera forte e necessaria proprio quando incontra soprattutto gli adolescenti, che per definizione sono in una fase cruciale del loro divenire.
Si possono in sostanza delineare alcune fondamentali dimensioni pedagogiche che emergono all’interno della pratica sportiva pallavolistica. In primis, essa è caratterizzata nella sua essenza dalla dimensione della materialità: il corpo è al centro anche se si serve poi per la sua attuazione di una rete, di una palla, di un campo, un buon paio di scarpe e soprattutto del corpo degli altri che interagiscono come compagni o avversari. Nell’evento sportivo sia il corpo che tutti questi oggetti e strumenti non sono solo mere entità materiali, ma diventano qualcosa di diverso e rimandano a “qualcosa in più” rispetto alla loro normale valenza quotidiana. Essi entrano appunto a far parte di una ritualità magica propria dello sport che fa acquisire diversi significati a tutto ciò che coinvolge. Questo processo di ridefinizione dell’identit{ delle cose materiali, del resto, è proprio anche dell’educazione.
Terreno importante di iniziazione
La pallavolo è un rito iniziatico per molti, e rappresenta un vero e proprio “cerchio magico” quello che viene tracciato intorno alla partita. La pallavolo per i ragazzi diviene altro dalla vita, ma non in senso di fuga, ma di riappropriazione: la sua dimensione rituale altera la percezione del reale perché ridefinisce e riorganizza gli oggetti ed i soggetti che contiene, ridefinendone anche i rapporti. In questo sta anche la sua valenza educativa: nella gestione, nel contenimento e nella rielaborazione di emozioni ed affetti nel proprio spazio magico, che è uno spazio “di confine”, di realtà e non realtà ad un tempo, e proprio per questo pedagogicamente significativo.
Delimitando questo spazio contenitivo, la pallavolo permette di sperimentare, affrontare, rielaborare, gestire e conoscere un ampio spettro di emozioni, positive e negative. In questo senso tale sport può e dovrebbe essere un’importante “palestra di relazioni ed affetti” che possa creare nei ragazzi competenze che poi saranno loro sommamente utili anche nella vita reale.
Dispositivo per l’elaborazione della crescita a supporto delle famiglie .
Questo sport può quindi essere interpretato come «dispositivo di elaborazione della crescita». L’adolescenza è infatti un fenomeno complesso che non riguarda solo gli individui che la vivono in prima persona, cioè gli adolescenti, ma anche e soprattutto gli adulti che gli stanno intorno, tant’ è vero che è possibile considerarla in definitiva un’impresa evolutiva congiunta che oltre ai figli e a tutto il sistema familiare coinvolge il sistema sociale nel quale la famiglia è a sua volta inserita.
È proprio a questo livello che la pallavolo irrompe sulla scena e può giocare un ruolo significativo nella crescita dei numerosi ragazzi e ragazze che lo praticano nelle sue variegatissime forme e discipline. Le famiglie possono sentirsi sostenute e accompagnate nel difficile processo definito di “desatellizzazione” dei propri figli.
E’ uno sport che diventa un’esperienza antropologica e culturale, un’occasione di apprendimento esperienziale condiviso, uno spazio di ri-appropriazione del proprio corpo con altri, un luogo di esperienza sociale, relazionale ed emotiva, una proiezione di futuri possibili che anche i genitori possono riconoscere.
Saper fare squadra, una sfida culturale aperta
La forte valenza socializzante della pallavolo è stata evidenziata in maniera chiara e significativa dai ragazzi. Se i fenomeni della frammentazione e dell’individualizzazione sono purtroppo tappe obbligatorie per capire ed interpretare l’epoca in cui viviamo, non è possibile indagare il macro-contesto delle pratiche sportive intese come luoghi potenzialmente educativi e di crescita personale senza porre alcune considerazioni su come questi processi negativi si siano inseriti anche nello sport.
Anche nello sport in generale è infatti chiaramente visibile una tendenza sempre più esasperante di individualizzazione dell’atleta che si esprime anche come: ricerca sfrenata di giovani talenti; logica del risultato, sempre più attribuito ad eccellenze individuali piuttosto che capacità collettive; leggi dei numeri, dell’efficienza e della prestazione; spettacolarizzazione e mercificazione della pratica sportiva, a discapito dell’aspetto ludico, che rimane sempre e comunque parte fondante di ogni sport.
L’atleta, così esasperato nel suo dover emergere come individualità eccellente tra altre individualità, è sempre più immerso in una settorializzazione e specializzazione della pratica sportiva che gli impedisce di leggersi come individuo complesso, multi-identitario, come nodo di una rete relazionale che è proprio alla base della sua costruzione identitaria.
Un gioco che richiama l’esigenza di nuova convivenza civile
A frammentarsi oggi nei contesti sportivi non sono solo gli atleti, ma anche il nucleo primario attraverso cui gran parte della pratica sportiva trova espressione, ovvero il gruppo/squadra, che rappresenta anche il nucleo da cui possono scaturire le potenzialità e attenzioni educative dello sport. E tutto questo è ancor più vero e problematico soprattutto quando gli atleti sono adolescenti.
La pallavolo permette invece di compiere un primo passo per scoprire attraverso lo sport un profondo senso civico: l’importanza di questa valenza pedagogica consiste nel superare l’idea erronea che si è insinuata nella società e di riflesso anche nello sport. Il gruppo non solo non è un ostacolo ed una limitazione per l’espressione individuale, ma ne costituisce la condizione primaria. E questo i ragazzi giocando a pallavolo lo percepiscono chiaramente.
Quindi si oltrepassa il dualismo che vede gruppo ed individuo come due estremi o due entità nettamente separate secondo una logica per cui una deve prevalere necessariamente sull’altra. Giocare insieme significa invece pensare gruppo ed individui come complementari, reciprocamente necessari l’uno all’altro in un’ottica di sistematicità complessa.
Esperienza importante verso la costruzione di un’identità adulta
Nella pratica sportiva, nel vivere all’interno del proprio gruppo/squadra, il giovane atleta sperimenta se stesso, e lo fa misurandosi con altri giovani atleti, simili ma diversi da lui. Il gruppo nella pallavolo rispetta diversità di ruoli, posizioni, competenze, richiede accordi istantanei ma anche strategici.
È in questa arricchente esperienza di gruppo non fusionale, ma che accoglie le diversità e misura le identità, che i giovani possono affrontare il fenomeno psicologico e sociale della transizione della propria esperienza identitaria e culturale. Evidente è la difficoltà di dare un senso unitario, una struttura coerente di significazione ai vari episodi che intessono la propria esperienza di vita. Questa frammentazione si esprime anche nella difficoltà che i giovani manifestano nel vivere in modo significativo la loro partecipazione alla vita del cosiddetto sistema sociale. Vivere situazioni di agonismo, partecipare ad esperienze organizzate con regole istituzionalizzate diventa occasione per misurarsi con la propria adultità. I giovani infatti possono scoprire nel gruppo un luogo in cui è possibile in qualche modo ricostruire un’unità della loro esperienza e fondare nello stesso tempo il processo di definizione della loro identità sociale.
Competenti nella competizione
La presenza di altri adolescenti nel gruppo di allenamento o nella squadra favorisce l’altro elemento caratterizzante l’adolescenza: la ricerca del gruppo e il confronto con il proprio simile. Il fatto che ci sia una certa omogeneità nell’età e nei tornei e che questa non sia interpretata in modo troppo rigido, favorisce uno scambio molto interessante. Il gruppo dei pari permette all’adolescente di trovare sicurezza ed equilibrio nello spirito di competizione. In quest’ottica, per l’adolescente il gruppo sportivo può rappresentare un’occasione privilegiata di azione collettiva, in cui la competizione è ammessa anche se sublimata dalle regole del gioco. I comportamenti intergruppi favoriscono sia i sentimenti di antagonismo nei confronti degli avversari sia la coesione al gruppo di appartenenza. Queste forme ritualizzate e simboliche di collaborazione e competizione dello sport “agito” possono dunque contribuire a migliorare il comportamento sociale dei giovani.
Tra responsabilità, gratuità e generosità
La pratica pallavolistica aiuta dunque la costruzione dell’identità personale, del senso di responsabilità per sé e per gli altri richiesto dal giocare dentro ruoli e con compiti definiti. Ciò permette lo sviluppo della coscienza di sé e dei limiti personali e sociali, ma anche il senso di dedizione per la squadra, un senso di generosità e di gratuità: in quanto gioco è un’attività che ha valore in sé, e insegna ad affrontare responsabilmente con altri l’esperienza di vincere e di perdere, la capacità di fare i conti con il successo e l’ insuccesso, il desiderio di perfezione e la misura della propria finitudine, nel gestire il fallimento, la sconfitta e la capacità di riprendere ogni nuovo inizio. E’ interessante che questa dimensione di gratuità si possa tradurre anche come occasione per consegnare responsabilmente la propria passione e le proprie competenze ai più piccoli: già tra gli adolescenti è possibile cogliere la predisposizione di chi può diventare un riferimento e una risorsa per le squadre minori.
Tra salute e gioco
Consapevoli del disagio fisico e psicologico che un accelerato cambiamento del corpo provoca nell’adolescente, è facile intuire il possibile ruolo della pallavolo: questa attività sportiva può essere utilizzata dall’adolescente per favorire la costruzione della struttura corporea, per migliorarla sul piano delle capacità motorie, per trovare rassicurazioni ed uscire in questo modo da una forte sensazione di inadeguatezza. Inoltre, l’attività sportiva consente di prendere coscienza della nuova identità corporea e può essere un contesto ideale dove imparare e sperimentare un’idea reale di stile di vita sano.
Tutti i ragazzi hanno evidenziato come la pallavolo rappresenti uno sfogo ed un’importante forma di divertimento e gioco. Quella del gioco è una componente fondamentale, se si vuole che lo sport sia davvero educativo e non solo addestrativo e performativo.
La dimensione del gioco garantisce infatti uno spazio in cui le persone possono sperimentare la propria libertà ed autonomia e, soprattutto se adolescenti, esercitare una fantasia capace di produrre un mondo nuovo e più libero: ci si libera nel gioco dalla pressione dell’attuale sistema di vita. E ciò si realizza nel gusto di sudare, di librarsi in volo, di tuffarsi, di imprimere la massima forza ad una palla, nel recuperarla in extremis, nel mettersi in sincronia con i compagni, nell’escogitare azioni offensive o difensive, nella diversità che c’è in ogni ripetizione che non è mai uguale alla precedente.
Coltivare un desiderio di libertà
Perché la pallavolo svolga funzioni sociali produttrici di libertà, anticipazione di un nuovo futuro e di un nuovo stile di vita, è necessario che possieda e dia valore alla sua insita dimensione ludica. E’ questo anche l’elemento di maggior attrazione che i ragazzi ci raccontano nella ricerca di un sano divertimento.
Altrimenti questo sport rischia di essere solo uno specchio deformante degli aspetti regressivi della società: violenza, sopraffazione, slealtà, idolatria del successo, del denaro e del potere.
La funzione educativa che la pallavolo esercita sui ragazzi che la praticano si traduce in maniera naturale in un mondo etico che questo sport riesce a trasmettere. È sufficiente rileggere le immagini positive che i ragazzi hanno espresso per rendersene conto. Attraverso la pratica di questo sport i giovani atleti sperimentano e fanno propri valori come la passione, l’onestà, il rispetto, l’aiuto reciproco, la responsabilità per sé e per gli altri, la valenza positiva del sacrificio e della fatica nel raggiungimento dei propri obiettivi. I ragazzi fanno dunque un’esperienza di mondo e di convivenza che sar{ poi il loro modo di stare nella società e di essere nuovi cittadini.
Un training per educare l’intelligenza emotiva
Sul piano dello sviluppo cognitivo la pallavolo stimola una forte carica intellettuale che viene sviluppata in termini di senso critico che si manifesta come vaglio delle tecniche di allenamento, delle strategie di gara, dei rapporti con gli allenatori,.
Molti ragazzi evidenziano come la pratica della pallavolo abbia influito positivamente sul rendimento scolastico agendo come training mentale. E’ richiesta in questo sport una consapevolezza di sé, ma anche una buona capacità reattiva e proattiva sul piano non solo emozionale, di riflessi, ma di anticipazione e visione di sé in relazione ad un oggetto (la palla) , agli altri e ad un risultato. E’ uno sviluppo cognitivo che viene rafforzato dall’ interazione con i pari e con gli adulti. Sul piano socio-affettivo e relazionale il particolare rapporto inter-generazionale adulti-ragazzi rafforza la crescita di nuovi schemi di apprendimento: la figura dell’allenatore può assumere un ruolo di guida, che si attua ascoltando, consigliando, valorizzando ed apprezzando i giovani atleti e le loro manifestazioni emotive e cognitive, convogliando la loro esuberanza verso obiettivi sportivi nuovi e appaganti, nutrendo il desiderio di cambiare e migliorare.
Maschile e femminile, oltre le contrapposizioni
Se da una parte è diffusa la consapevolezza della diversità dei ritmi e delle fasi di sviluppo tra maschi e femmine in età evolutiva, tanto da rendere molto differenziate strategie di coinvolgimento, è anche interessante cogliere molti aspetti comuni. Da quanto emerso dalla ricerca infatti possiamo affermare che in generale la pallavolo è significativa e utile agli adolescenti sotto diversi aspetti, indipendentemente dal gender maschile o femminile:
risponde all’esigenza di divertimento e offre l’occasione di utilizzare una grande carica di energia, bisogno che accomuna tutti i ragazzi e le ragazze;
permette di scaricare la tensione dovuta allo stato di stress che caratterizza questa fase di sviluppo e soprattutto le transizioni adolescenziali;
insegna a conoscere il proprio corpo, favorendo anche l’acquisizione del senso della realtà, del rapporto con le proprie forze, possibilità e limiti;
indirizza verso la gestione dello spirito di competizione incanalandolo verso obiettivi precisi e migliora così anche la tenacia nel perseguire le mete poste;
favorisce lo sviluppo dell’intuito e delle capacità cognitive, grazie anche alle richieste di rapido adattamento alle situazioni, sviluppando come conseguenza la sicurezza nelle proprie capacità;
soddisfa il bisogno di autonomia dalla famiglia consentendo nel contempo di mantenere, sia pure in una situazione diversa, un rapporto di dipendenza. Infatti da un lato nella figura dell’allenatore e dei compagni più anziani vengono ricreate le immagini rassicuranti ed idealizzate della famiglia, dall’altro, viene raggiunta la possibilità di un’alternativa affettiva nella quale sono riconosciute, rispetto alla famiglia, una maggiore indipendenza ed una più sicura identità.
Inoltre, l’attività pallavolistica in età adolescenziale assume le dimensioni di un rito con caratteristiche educative che concorrono sia per i maschi che per le femmine a ridefinire gli obiettivi specifici dell’attività sportiva stessa. Per dare peso a questa affermazione possiamo cogliere il maschile e il femminile come dimensioni oscillanti di una polarità che riattiva una dialettica tra singoli e individui.
In una disciplina di squadra come la pallavolo la funzione socializzante dello sport è più evidente, c’è un modo di fare gruppo tra maschi che è strutturalmente diverso da quello tra femmine e tuttavia la dimensione individuale in campo riporta a cogliere come sia arricchente per gli individui e per i gruppi recuperare in sé le dimensione della sessualità complementare. E in questo gioco, il gruppo diventa sinonimo di squadra soprattutto quando riesce a ricomporre queste polarità.
Le dinamiche di gruppo tra inclusione ed esclusione
Come in tutti i gruppi sportivi i nuovi arrivati sono a volte accolti con riti di iniziazione, che hanno lo scopo di sottolineare l’inferiorità dei nuovi membri e le regole collettive cui essi devono sottostare per essere ammessi a pieno titolo. Molti allenatori sono a conoscenza di queste pratiche iniziatiche, ma lasciano correre se le iniziazioni non sfociano in violenza aperta; la consapevolezza che fanno parte di un rito, permette di gestirle in modo scherzoso e di renderle utili per lo spirito di gruppo e per l’integrazione dei nuovi atleti. Per altri versi l’allontanamento di un singolo dal gruppo comporta sempre la perdita dell’identità collettiva acquisita con la partecipazione al gruppo. Ci può essere una scelta volontaria del singolo, una decisione presa dall’allenatore o dalla società sportiva per motivi disciplinari oppure di selezione, il vissuto cambia anche in base al significato che viene consciamente o inconsapevolmente dato all’evento. In alcuni casi l’adolescente esce liberamente dal gruppo dal momento che, probabilmente, quella particolare appartenenza collettiva non riveste molta importanza per lui. Le espulsioni per motivi disciplinari hanno una funzione educativa non scontata nei confronti sia del ragazzo allontanato sia dei compagni che restano; così come l’espulsione per motivi di selezione può trasmettere, invece, agli adolescenti un senso di fallimento, quando non viene gestita e accompagnata. All’interno di una squadra sportiva, l’assegnazione dei ruoli e dei posti nello spogliatoio costituisce un altro elemento importante per la differenziazione, mentre l’abbigliamento comune e le divise, sia sul campo sia durante le apparizioni di gruppo, sottolineano l’unità del gruppo e tendono ad omologare i membri. La gestione dell’equilibrio tra differenziazione intra-gruppo e omologazione nei confronti dell’out-group è rilevante per il senso di identificazione collettiva ed individuale dell’adolescente.
Attraverso miti, regole, e processi di identificazione
Come ogni disciplina sportiva la pallavolo ha le sue regole formali, regole che vietano determinati comportamenti e ne prescrivono altri con una prassi che prevede sanzioni per le trasgressioni. Ci sono poi le regole informali o non scritte, cioè i codici di comportamento interni al gruppo. Anche per la trasgressione di queste regole implicite esistono sanzioni. Gli adolescenti imparano a confrontarsi con un sistema di compiti da svolgere, altri da evitare e conseguenze da affrontare in caso di trasgressione, dentro e oltre gli schemi. Lo stile con cui vengono trattati questi aspetti è anche legato ai criteri e alla consapevolezza pedagogica degli adulti e al sistema di relazioni che vivono all’interno della società.
Se la pratica sportiva contribuisce all’idealizzazione di sé degli adolescenti, soprattutto nel contesto socioculturale odierno, che attribuisce alle stelle dello sport un livello altissimo di legittimazione e un’attenzione mai sperimentata prima, ciò sembra valere meno per la pallavolo che esalta maggiormente la squadra, pur mantenendo in alcune figure di campioni un riferimento importante soprattutto quando le squadre ottengono successi importanti. Quando il ragazzo confronta le prestazioni dei suoi idoli con le proprie, questa idealizzazione di sé rischia di essere svalutata a causa dell’ovvia differenza che intercorre tra il campione e il ragazzo. Se poi questa comparazione richiama anche gli aspetti fisici, è importante che gli allenatori non enfatizzino il senso di inadeguatezza che emerge nel confronto con modelli irraggiungibili. Anche gli insuccessi sono un potenziale bacino di apprendimento.
Se la competizione sportiva prevede, per definizione, un vincitore e un vinto e il pareggio concede solo un equilibrio precario, perché ci sarà sempre una classifica a sancire un solo vincitore, a livello giovanile è importante distinguere il successo sportivo dalla vittoria: il ragazzo che gareggia rendendo al massimo delle proprie possibilità deve vivere la gara come un successo e come uno stimolo a superare i propri limiti, non come un fallimento. È compito dell’allenatore trasmettergli questa sensazione e convinzione.
Il buon senso… del limite
La pallavolo in sostanza conferisce all’atleta il senso del proprio limite dal punto di vista fisico anche e soprattutto quando il corpo è sottoposto a sforzi per spostare questo limite. Prima o poi arriva il momento in cui il fisico non ce la fa più: è il momento di diminuire l’intensità degli allenamenti e di rispettare i ritmi dell’organismo. Il rispetto dei confini è trasmesso agli atleti in rapporto al loro sviluppo fisico, anche quando sembra che il corpo possa essere sottoposto a qualsiasi tipo di sforzo. Alcuni atleti sembrano esasperati dalle richieste di prestazione dei loro allenatori che rischiano in taluni casi con il loro atteggiamento di sfiorare i comportamenti ossessivi.
In connessione alla contrapposizione tra corpo e organismo, nel confronto con i limiti, si trova anche la considerazione del valore del gesto tecnico, che è in parte calcolabile, programmabile, ripetibile e in parte connesso anche alle dimensioni soggettive, che invece non sono computabili. Molti ragazzi dotati in età adolescenziale hanno delle rese molto altalenanti e ciò implica il fatto che possono essere considerati da taluni inadeguati e da altri giovani promesse. Il campione sembra colui che esula dagli schemi tecnici e per questo è imprevedibile ma anche ingovernabile. Questo non significa che gli allenamenti siano superflui, però gli schemi e l’insistenza sulla tecnica di gioco possono lasciare spazio all’inventiva e al “genio” dell’atleta adolescente perché egli possa sviluppare appieno tutte le proprie potenzialità.
Una rigenerazione antropologica
E’ interessante considerare tutti questi aspetti trasversali emersi attorno all’esperienza pallavolistica perché ne presentano la ricchezza delle dimensioni antropologiche in gioco, che la possono valorizzare come un terreno fertile di una rigenerazione antropologica che parte da aspetti primitivi ed ancestrali per educarli verso una cultura nuova delle relazioni. La pallavolo può essere il contesto che permette di vivere la dimensione del gioco e del successo in modo meno esasperato, patologico o spettacolarizzato di come sta avvenendo per altri sport. Si presenta piuttosto come ambito di esperienze che possono aiutare a recuperare un sano senso dell’agonismo personale e sociale oltre le facili degenerazioni. Una valenza educativa quindi da diffondere con consapevolezza tra le giovani generazioni.
5. LE LINEE DI LAVORO
A partire dai risultati emersi attraverso i vari momenti esplorativi ed alla luce delle considerazioni elaborate nello sviluppo della ricerca, possiamo in sintesi segnalare due criticità principali che si traducono in piste prioritarie di lavoro e che sono così riassumibili:
Idee e proposte per rafforzare l’accessibilità della pallavolo maschile
, attraverso una progettualità strategica che valorizzi soprattutto le reti di relazione che le società possono potenziare e valorizzare.
Idee e proposte per contenere gli abbandoni degli adolescenti
, attraverso un miglioramento della soddisfazione dei ragazzi, del loro rapporto con le squadre, con gli allenatori, i dirigenti e il contesto adulto, i registri con cui vengono proposte e realizzate le esperienze.
Lavorare su queste linee significa trasversalmente darsi alcune direttrici in termini di organizzazione, progettazione, e formazione.
Verso un’organizzazione che valorizza le reti: intercettare le risorse interne ed esterne
Vitale per ogni organizzazione sportiva è la sua relazione con l’ambiente esterno che non può essere casuale, ma perseguita con determinazione. Ne va delle potenzialità evolutive o involutive delle realtà locali che intendono promuovere la pallavolo come un’occasione veramente importante per le comunità locali. Ci pare interessante il fatto che la ricerca sia occasione per sviluppare alcune azioni, che possono rimettere in moto energie e idee creative per affrontare le questioni evidenziate nella prima fase esplorativa. Si tratta di pensare ad azioni che possano intrecciare i diversi livelli con cui l’immagine della pallavolo si sedimenta e può radicarsi tra i potenziali destinatari. Se prendiamo per vere alcune ipotesi emerse occorre incominciare a rappresentarsi una serie di risorse che sono già a disposizione e che potrebbero essere valorizzate anche sul piano operativo; in sintesi per sviluppare un progetto di promozione della pallavolo si tratta di attivare :
gli atleti, come i principali testimoni di passioni ed interessi tra i pari
i genitori, parenti e amici, come trasmettitori di una passione positiva per la pallavolo
gli allenatori, come punti strategici dell’ interazione con i ragazzi
i dirigenti, come responsabili di una maggiore integrazione con il territorio e le altre società
alcuni referenti di territorio informali, istituzionali e legati al mondo della comunicazione
Costruire una comunità di esperienze e passioni condivise
Le società al loro interno innanzitutto richiedono una particolare manutenzione, un riguardo alla freschezza e genuinità delle relazioni che le tengono vive e uno spazio di scambio interpersonale unico e prezioso, importante per sé stesso. L’attenzione verso i giovani atleti diventa passione da alimentare attraverso la condivisione di letture e di pratiche dotate di senso. L’idea interessante è che le organizzazioni sportive facciano in realtà vita di comunità e solo una dimensione di convivialità, di condivisione, di amicizia, permette ai membri di sentirsi parte di una famiglia allargata con le sue regole, credenze, norme, rituali e valori. Non è affatto scontato considerare il fatto che indirettamente gli atleti possono respirare il clima positivo e propulsivo di una comunità in cui si condividono valori e passioni. Affinché le organizzazioni societarie non diventino degli strumenti di potere o di auto-rispecchiamento dei pochi fondatori, o magari di sfruttamento di risorse più o meno volontarie, è importante allargare gli orizzonti e sapere apprezzare e incentivare i contributi che le varie figure possono portare per il miglioramento delle pratiche. Perfino una campagna promozionale può diventare occasione per ripensarsi, rendere leggere le procedure e manifestare prossimità ad allenatori e atleti ed alle loro esigenze. Diventano strategiche le logiche di decentramento, collaborazione, integrazione e gli investimenti in formazione dell’equipe di formatori, dei quadri dirigenti per sostenere una presenza territoriale significativa. Serve in sostanza un lavoro di ricognizione e una cura nei coinvolgimenti delle persone attorno ad azioni ed iniziative che siano stimolanti.
Riprendere il gusto di progettare a diversi livelli e su oggetti fattibili
Operare nel mondo sportivo significa a volte cadere nella trappola di un fare per il fare, di un volontariato che non pensa e che rischia di improvvisare, di lasciarsi condizionare dalla routine dei tempi e della attività, perdendo di vista il senso più profondo e formativo di tali esperienze. La crisi del settore maschile può diventare una sfida a trovare spazi di progetto. E’ questa la condizione per raggiungere dei risultati. Così con perseveranza emerge una continua sollecitazione e riflessione attorno al fatto che l’educazione non è automatica nel mondo della pallavolo agonistica, ma richiede una intenzionalità, una scelta e quindi un cambiamento effettivo che può essere perseguito solo se atteso e se ad esso corrispondono comportamenti coerenti. Fare sport senza progettare significa rinunciare alla dimensione educativa che, appunto, non è automaticamente iscritta in ciò che si fa, tanto più quando lo sport rischia di diventare il luogo di un puro addestramento tecnicistico. I molti abbandoni interrogano anche in questo senso.
Considerare la responsabilizzazione dei giovani come elemento strategico
Attraverso lo sport è importante che i ragazzi trovino spazio per conoscersi, per esprimersi, per trovare un contesto che legittima le aspettative, che fa emergere la voglia di vivere migliorandosi, che pone seriamente e con leggerezza le domande sul chi siamo e dove stiamo andando, sui propri talenti, un aiuto a trovare la propria personale missione. Progettare è lavorare sulle motivazioni, fare i conti con le proprie ombre e condizionamenti del passato, per smuovere iniziativa, imprenditorialità tra i ragazzi. E se questo non lo fanno per primi gli adulti con loro stessi, è difficile che l’incontro con le associazioni sportive possa diventare occasione di una reale crescita della personalità di giovani sportivi. Progettare per offrire progettualità non significa predefinire i percorsi e le modalità, ma creare le opportunità di un vero e profondo ascolto, una “capacità negativa”, di chi si preoccupa di dare voce a domande e dialoghi che sono importanti e costitutivi. Significa attivare una parte del Sé, quella dell’esperienza sportiva, che può legittimare l’emersione di altre parti buone, fresche, vere delle persone, attraverso l’ascolto riflessivo.
Puntare sulla pratica di un miglioramento continuo a tutti i livelli
Lo sport è gioco progettato nella misura in cui le sue pratiche sono attraversate da un’attesa densa e operativa di evoluzione, di miglioramento, che possono avvenire solo attraverso la cura di contesti che sanno stimolare e arricchire queste istanze di crescita senza assillo, ma con livelli di motivazione alta. E allora progettare non è solo una pianificazione ingegneristica delle attività, ma è soprattutto un offrire spazi di incontro, dialogo, condivisione e scambio, ben curati. E la pratica della pallavolo rende accessibile a molti questa occasione di conoscersi, grazie alla conoscenza dell’altro, e di scoprire, cioè riportare alla luce speranze e rappresentazioni positive di futuro che non sono solo aspetti celebrali o cognitivi, ma che sono iscritti nei corpi, nelle loro sensazioni, memorie emotive, schemi di interazione con l’ambiente e con gli altri. Progettare è anche dare gambe ai sogni dei ragazzi, credere nelle loro gambe e braccia, nella loro capacità di muoversi e di trovare una direzione e un cammino da percorrere non solo sui campi da gioco, ma sui terreni dell’esistenza. Progettare è farsi compagni, perché l’educazione è soprattutto un dividere qualcosa con altri, spartire esperienze e significati del vivere.
Investire sulla consapevolezza dei ruoli e competenze
Non è facile certo nella modernità accompagnare i giovani alla partita della vita; per questo servono buoni allenamenti e buoni allenatori capaci di accorgersi di chi hanno davanti, di stare con attenzione in presenza di ragazzi che stanno attraversando passaggi importanti e decisivi di maturazione, stando fianco a fianco, con la capacità di guardare avanti, sapendo che la pallavolo non è tutto e che è importante anche trovarsi per fare altro, magari anche in funzione della pallavolo stessa.. Progettare è pertanto forza realizzatrice, una forza pensosa, fatta di pratiche riflessive e di interventi consapevoli, sviluppi operativi non estemporanei, ma che nascono solo da convinzioni e valori elaborati e condivisi tra gli adulti e con gli atleti. Nelle interviste realizzate emergevano molte idee e proposte, occorre dare spazio e creare i contesti perché si prenda coscienza di alcuni percorsi possibili. Alla base è necessaria una profonda fiducia nell’operare, nella dedizione per uno sport capace di far volare non solo la palla, ma anche i desideri più veri. Ci pare allora che i tanti valori emersi in questa ricerca possano rappresentare un terreno fecondo da cui partire per ingaggiare gli stessi atleti e più in generale i gruppi giovanili in percorsi di sensibilizzazione e visibilizzazione dei valori che vengono sperimentati in modo forse troppo recintato e poco condiviso.
Rigenerare le relazioni: responsabilità formative e stili educativi diffusi
Si tratta allora di un impegno comune nel fare cultura. La pratica pallavolistica è innanzitutto cura del respiro, attenzione percettiva, coscienza motoria, corpo che parla. In questo spazio del gioco e dell’espressività organizzata, l’educazione fa leva sulla materia che pervade l’anima degli atleti. Si vivono qui gesti e ascolti, prove ripetute, esercizi, comprensioni e reinterpretazioni. Qui nasce un primo livello di cultura. Si apprende in un’atmosfera di concentrazione, ma insieme anche di festa, gioia, entusiasmo, divertimento, termini che riecheggiano tra i ragazzi in tutti i focus group. E queste dimensioni educano perché rigenerano fin dalle viscere, risanano nella carne e nel sangue, fanno risorgere dentro relazioni dense, anche conflittuali, che spingono a manifestarsi, mettersi in gioco, generare azioni e legami. Educare con la disciplina dello sport è allora un’arte generativa, che cura i tratti dei movimenti, sollecita gesti che sono segni, e, come in un’azione pittorica, li prefigura dentro un disegno, con contorni che via via prendono forma. L’esperienza sportiva della pallavolo offre il colore e gli strumenti per ridipingere azioni e relazioni nella cura dell’armonia, dell’intesa, della sincronia, dei rapporti spazio-temporali, dà sostanza all’immaginario interiore, e suggerisce capacità di visualizzazioni nuove, di prefigurazioni che poi si traducono e si riscontrano in atti realmente percepibili. Educare con lo sport significa non solo rigenerare la bellezza dei corpi, dei gesti atletici esteriori, ma conseguire anche consonanze, proporzioni e equilibri riconquistati internamente e nelle dinamiche delle relazioni interpersonali.
Costruire progettualità con i giovani protagonisti e con le scuole
A condurre questa progettualità con i giovani è un’idea importante di inclusione e di massima accessibilità delle proposte, con la peculiarità di un approccio flessibile che coglie le loro tipiche titubanze e coni d’ombra. Non basta guardare ai giovani che aderiscono alle attività proposte, occorre continuamente avere una cura a considerare a 360 gradi anche coloro che non sono in contatto con le reti sociali più vicine, e che meritano di avere altrettanta considerazione e capacità di offerta congruente con le loro caratteristiche e culture; la scuola potrebbe essere una grande alleata. C’è un protagonismo dei giovani che può essere rivalutato proprio all’interno di nuove alleanze tra agenzie educative che sviluppano percorsi mirati di coinvolgimento attivo dei giovani atleti.
La formazione per educare con consapevolezza
Dalla teoria alla pratica e dalla pratica alla teoria: gli orientamenti educativi si declinano in nuove rappresentazioni dei ruoli educativi. La riflessione su questo punto è ricca di provocazioni e stimoli, che si smarcano dalla rigidità dei modelli e delle terminologie. Il ruolo degli educatori si costruisce su un canovaccio, una piattaforma che poi ciascuno deve reinterpretare sulla base delle proprie caratteristiche e delle situazioni che si hanno di fronte. Avere ruolo educativo implica una responsabilità che non si improvvisa; costruire un canovaccio per comprendere i compiti e agire ruoli congruenti è impegno che presuppone competenze, autoformazione e formazione. Il disagio di alcuni ragazzi che hanno abbandonato o cambiano squadra per il clima o il difficile rapporto con l’allenatore è naturalmente da considerare con serietà. L’educazione non può essere, in questi tempi difficili, solo un fatto retorico di cui ci si riempie la bocca nelle società sportive, quando poi i fatti reali sembrano immediatamente smentire quanto si dichiara, banalizzando un aspetto ad esempio che non è intellettualmente onesto prendere sottogamba. Vanno curati gli stili di ingaggio, la capacità di empatia, la cura delle dinamiche dei gruppi. Serve una gestione dei gruppi sportivi differenziata sulla base dell’età degli atleti, e un’attenzione particolare, tesa a favorire i processi di accoglienza, disponibilità, scoperta di sé, comunicazione reciproca, accettazione delle identità e differenze, ecc..: la cura per una reale esperienza sociale di amicizia e di partecipazione.
L’intreccio tra dimensioni tecniche e aspetti relazionali
Le attenzioni educative non sono in contrapposizione con gli aspetti tecnici, come molti tendono a pensare, al contrario. La tecnica pallavolistica è anche sensibilità che si affina attraverso processi che non sono solo esteriori e meccanici, ma interiori e soggettivi: l’educare e le sue componenti sociali sono parte integrante di ogni attività. Così non ha senso contrapporre gioco ad agonismo, o impegno a divertimento. Anzi questo sport sembra essere proprio il luogo in cui molte polarità si fondano a livello individuale e sociale. In questo evidentemente la consapevolezza aiuta a riconoscere i problemi, a vedere limiti e potenzialità, a favorire accelerazioni nei processi di crescita personale e atletica. Ciò esige un investimento continuo nell’accompagnamento, formazione, supervisione degli allenatori e nel prestare consulenza agli staff degli operatori più in generale. Senza una riflessività che accoglie e accompagna risulta difficile tenere aperta l’attenzione per i processi psico-sociali che sono meno visibili e leggibili e tuttavia decisivi nella educazione sportiva e globale degli atleti. Investire in formazione per tutti gli operatori non ha come presupposto un’idea di educazione prescrittiva, che detta regole e comportamenti, piuttosto mira ad incentivare le competenze delle tante figure impegnate nello sport affinché sappiano imparare a costruire un protagonismo nella realtà quotidiana dei giovani.
6. ALCUNE PRIME PROPOSTE OPERATIVE
Costituire un gruppo di lavoro per la diffusione della pallavolo maschile che
coordina le attività di promozione a livello provinciale
individua forme e occasioni di restituzione e rilancio delle ipotesi della ricerca a livello territoriale e regionale
supporta le azioni di sinergia tra le società che vogliono formare nuove squadre maschili
Indire “volley-spot”
un concorso a premi per adolescenti e giovani tra i 13 ed i 24 anni, l’oggetto: creare un video che tratti in modo originale l’immagine della pallavolo maschile. Una proposta da lanciare a tutti gli atleti delle società e nelle scuole. (canali ufficio scolastico, comuni: politiche giovanili, Provincia, ecc…)
Organizzare una campagna promozionale pallavolo days che
o attiva e collega iniziative a vari livelli con staff di dirigenti e giocatori disponibili, rafforza il pacchetto di proposte da spendere nei territori e li mette a disposizione delle società per intervenire nei CRE o nelle Scuole
o rilancia metodologie di animazione, attività di orientamento e psicomotricità
o sostiene eventi promozionali di tutte le società…per esempio format tipo “open-day”, “mostre interattive” o “feste di territorio” sostenute con la collaborazione delle famiglie; manifestazioni con la presenza di atleti di succeso, ecc..
Offrire opportunità formative mirate
tese in prima battuta a rilanciare l’efficacia della relazione con gli adolescenti e rafforzare i climi positivi delle squadre. In particolare si è cominciato a mettere a punto alcune proposte con gli allenatori: la metodologia laboratoriale mira ad intrecciare i temi teorici con aspetti molto pratici dell’esperienza e a far produrre strumenti utili alla gestione delle attività quotidiane;
Sperimentare azioni promozionali a livello locale
orientate ad accompagnare e sostenere progetti o iniziative specifiche a livello territoriale con lo staff dirigenziale delle società interessate ad affrontare problemi e innovazioni; la ricerca può essere il punto di partenza per mettere a fuoco oggetti di lavoro e precorsi per migliorare il rapporto con gli atleti, le agenzie del territorio, la scuola, i genitori, le politiche giovanili, le altre società sportive, ecc..
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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Moltmann J, Sul gioco, saggi sulla gioia della libertà e sul piacere del gioco, Quaeriniana, Brescia 1998
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Lizzola I., Di generazione in generazione- l’esperienza educativa tra consegna e nuovo inizio, Franco Angeli, Milano, 2009.
Pollo M., Il gruppo come luogo di comunicazione educativa, Editrice Elle Di Ci, Torino,1989.
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Speltini G (a cura di), Movimento e socializzazione nello sport, Clueb, Bologna, 1991.
FOCUS ALLENATORI
SINTESI DEI PRINCIPALI ELEMENTI EMERSI
PUNTI DI FORZA
Fattori interni:
Uno sport di gruppo
Passione che dura tutta una vita
Amicizia e valore umano
Dimensione aggregante
Fattori legati alle società
Tradizioni importanti
Squadre di successo
Buoni rapporti con la scuola
Fattori territoriali
Importanza dei genitori
Insegnanti sensibili
Fattori culturali:
Passioni ereditate dalle famiglie che contagiano i figli e il contesto locale
CRITICITA':
Livello conoscitivo:
Viene fatta conoscere poco a tutti i livelli
Genitori spesso assenti
Livello del contenuto sportivo
Serve più capacità di empatia con i ragazzi
Assenza contatto fisico
Uno sport molto tecnico, difficile far giocare prima della terza media
Da piccoli è frustrante il confronto con le ragazze
Aspetti socio-culturali
Fragilità fisica degli atleti
Problemi di sviluppo motorio diffusi
Iper-specalizzazione precoce dei ragazzi nelle varie discipline sportive
Attese eccessive dei genitori
Genitori che puntano all’opposto troppo sulla scuola
Livello organizzativo:
carenza di risorse umane
sovraccarico di ruoli a cui è sottoposto l’allenatore
PROPOSTE
Sul piano strategico:
Curare il passaggio dalla terza media alla prima superiore
Puntare sul divertimento alle elementari
I tornei estivi sono un’ottima occasione
Più formazione dei dirigenti
Valorizzare maggiormente le attenzioni educative
Sul piano operativo
E’ importante motivare per contenere gli abbandoni
Inserirsi in modo più sistematico nei CRE e nelle scuole
Sfruttare meglio le occasioni che abbiamo
Raccordare le società
Curare i rapporti con i genitori
Condividere i cambiamenti nella costituzione delle squadre
FOCUS DIRIGENTI
SINTESI DEI PRINCIPALI ELEMENTI EMERSI
PUNTI DI FORZA
Fattori interni:
Storia pluridecennale delle società anche se ora la situazione è cambiata
Allenatori molto capaci e preparati
Clima familiare delle società
Dirigenti selezionati
I successi delle squadre hanno effetto trascinatore
Dimensione di squadra e socializzazione
Fattori legati ai ragazzi
I legami di amicizia (scuola, extra-scuola e oratorio)
Interesse tra i ragazzi all’inizio dell’adolescenza, alcuni si presentano spontaneamente
Fattori territoriali
Gli insegnanti e i professori sensibili
Organizzazione di corsi presso le scuole
Eventi come: settimana dello sport, la 12 ore, giornata di mini-volley,ecc..
Sovrabbondanza di attrezzature
Fattori culturali:
Cartoni animati giapponesi
Nuovo interesse delle famiglie
CRITICITA'
Livello conoscitivo:
Difficoltà a rappresentarsi le domanda delle giovani generazioni/percezione di una distanza considerevole
Livello del contenuto sportivo
E’ uno sport senza contatto fisico, meno virile di altri
La PV uno sport molto tecnico, il calcio anticipa il reclutamento
Troppo anticipata l’attività agonistica, cala la tensione con gli adolescenti
Aspetti socio-culturali
Il calo demografico
Mancano i numero per fare le squadre
Altri interessi nelle nuove culture giovanili
I genitori giovani tendono a parcheggiare i figli e a non dare regole
Arrivano gli scarti dagli altri sport
A 18 anni se ne vanno
Il campanilismo di politici e di società
Scarsa attenzione dei media
Livello organizzativo:
Inutilità del volantinaggio
Distanze e organizzazione dei trasporti
Risorse umane disponibili tra adulti e giovani per fare promozione e proposte
Questioni logistiche, disponibilità palestre
Non facile formare squadre, servono numeri ed età omogenee
PROPOSTE
Sul piano strategico:
Rendere visibile il valore aggiunto le attenzioni educative tra gli stessi addetti ai lavori
Curare l’immagine della società tra i politici e le agenzie educative, scuole e oratorio
Valorizzare eventi ad alta socializzazione e impatto sui media, le scuole e la popolazione locale
Sul piano operativo
Maggior coinvolgimento dei genitori e dei comitati genitori
Maggior coordinamento e collaborazione tra società
Mettere insieme risorse, squadre, rapporti con le amministrazioni
FOCUS RAGAZZI
SINTESI DEI PRINCIPALI ELEMENTI EMERSI
PUNTI DI FORZA
Fattori interni:
l’esigenza di svago e divertimento
fare gruppo
Relazioni amicali
Un impegno salutare
Il piacere di migliorare
La tecnicità del gesto
Passione ed entusiasmo
Soddisfazione per i risultati
Fattori legati alle società
Clima accogliente
Buon rapporto con allenatori e dirigenza
Immagine di stabilità e di attenzione verso i ragazzi
Fattori territoriali
Famiglie appassionate
Insegnanti sensibili
Fattori culturali:
Passioni ereditate dalle famiglie che contagiano i figli e il contesto locale
CRITICITA'
Livello conoscitivo:
Poca informazione
Scarso coinvolgimento ragazzi
Difficoltà di dialogo con la società
Conflitto con l’allenatore
Livello del contenuto sportivo
Eccesso di tensione:
Esasperazione sulle attese di prestazione
Esposizione al rischio di sbagliare e mettere in gioco i risultati per la squadra
Aspetti socio-culturali
Pregiudizi verso uno sport visto soprattutto al femminile
Strapotere del calcio
Livello organizzativo:
Impegno eccessivo a livello settimanale
Tornei che si ripetono
Nessun confronto con altre regioni o paesi
Trasporti, difficile trovare squadra nel proprio paese
PROPOSTE
Sul piano strategico:
Partire dai piccoli, facendoli giocare e divertire
Coinvolgere maggiormente i comuni e le scuole inferiori e superiori
Curare un clima positivo dei gruppi-squadra, maggior affiatamento e coinvolgimento
Sul piano operativo
Proporre tornei estivi negli oratori
Prendere più spazio sui giornali, le radio e le tv locali
Far incontrare atleti di successo
Nuovi mezzi di comunicazione tra ragazzi: pagina Face-book, sito, sms, video, ecc…
ALLEGATI
L’immaginario: tra tensione, competizione, socialità, svago e avventura
Abbiamo raccolto alcune delle immagini più significative che i giovani atleti hanno scritto o raccontato per descrivere la pallavolo sia in positivo che in negativo. Ne emergono rappresentazioni molto suggestive, variegate e ricche.
Le immagini critiche tendono a sottolineare soprattutto gli aspetti di fatica e sacrificio richiesti da un impegno vissuto come fortemente agonistico e dal fatto di doversi misurare con i propri limiti, errori e sconfitte: insomma una tensione continua con sé e con gli altri.
Lo richiamano le metafore raccolte. Sono moltissime le immagini positive che emergono, alcune più realistiche, mentre altre presentano una forte idealizzazione di questa esperienza che sembra richiamare i diversi miti della libertà: come liberazione dalle costrizioni (corporee, scolastiche e familiari), come apertura creativa e avventura verso il nuovo, come realizzazione di valori umani e sociali. E’ interessante cogliere la ricchezza delle tante suggestioni raccolte per comprendere il patrimonio di vissuti e di storie sportive che si intrecciano tra le giovani generazioni.
METAFORE POSITIVE DEGLI ATLETI
non sempre nelle famiglie ognuno riesce a fare il proprio dovere al meglio e tutti ne risentono;
la scuola perché si deve sempre mantenere l’impegno e bisogna migliorare;
un lavoro che richiede impegno costante;
la vita che ti presenta molte difficoltà da affrontare e superare;
una partita di calcio;
un burrone dove all’inizio non sai se buttarti; il salto in alto perché se sei basso l’astina/la rete non la superi;
una verifica a scuola perché durante la partita non puoi sbagliare altrimenti perde la tua squadra; una tempesta in cui è difficile tenere sempre alta la concentrazione;
un test di matematica perché bisogna stare troppo concentrati;
la guerra perché è un combattimento tra squadre; un grattacielo in costruzione perché se non si cresce fino ad una certa altezza non si può raggiungere i livelli più alti;
un’anguria perché è dura da vincere.
METAFORE CRITICHE DEGLI ATLETI
onestà; amicizia; passione; gioco di squadra; gioco;
una famiglia in cui ognuno fa il proprio dovere per il benessere di tutti;
un formicaio dove tutti i membri della squadra sono uniti per un solo scopo;
una famiglia allargata con legami forti; una “droga” perché non se ne può fare a meno anche per le amicizie ed i legami profondi che si creano;
una missione di astronauti perché in un’impresa spaziale gli astronauti devono lavorare in gruppo per raggiungere un obiettivo;
una sigaretta perché una volta che la provi non riesci più a smettere; un momento di svago dai problemi a casa o a scuola;
la scuola perché si sta con tante persone; un aiuto nella crescita e nella propria autostima; un mare perché è ricca di tante cose belle; un vento forte che ti spinge a continuare;
il sole e l’amicizia;
mia sorella che è complicata ma alla fine si arriva alla meta; un bersaglio perché bisogna impegnarsi per raggiungere un obiettivo; un percorso di vita perché si affrontano delle difficoltà imparando cose nuove;
l’arte dove i colori si intrecciano creandone di nuovi come noi giocatori che formiamo un gruppo dove ci intrecciamo aiutandoci l’un l’altro;
un modo per superare i problemi della nostra età;
una liberazione da tutto e tutti; la scuola perché bisogna impegnarsi; una dea che dopo un po’ che la guardi t’innamori e ne rimani incantato;
un’avventura che mi dà adrenalina e mi fa incontrare gente nuova;
la musica;
un luogo incantevole; un panorama sconfinato perché la pallavolo non ha limiti né per il divertimento né per l’amicizia; una bella ragazza;
una chiazza bianca su sfondo nero perché mi distrae dalla scuola, dagli impegni e mi fa stare con gli amici;
una spiaggia in cui ci si diverte con gli amici; un ascensore perché più sali in alto e più giochi meglio;
un cibo perché è da preparare, ammirare e gustare; tirare un calcio a tutto il mondo; libertà; una seconda famiglia;
una sfida perché ti aiuta a crescere e maturare sotto tutti i punti di vista;
la pizza perché è da gustare; una porzione di vita perché mi mancherebbe qualcosa di importante senza;
il peperoncino perché è una forza; una torta fatta di tanti ingredienti; un orologio perché se non funziona un ingranaggio non funziona bene;
un piatto di lasagne dove tutti gli ingredienti insieme formano una cosa buona così deve essere una squadra di pallavolo;
una strada in salita che ci prepara al futuro aiutandoci a migliorare.
Le immagini di adolescenti che non praticano la pallavolo
Abbiamo raggruppato le metafore suddivise tra maschi e femmine e in base agli aspetti che l’immagine scelta sottolinea in termini positivi, negativi o di ambivalenza. E’ interessante notare che solo tra i maschi emergono immagini critiche che sottolineano aspetti emotivi e affettivi di un gioco visto come freddo, meccanico, noioso, impegnativo, secondario rispetto ad altri sport, poco virile, senza contatti e chiuso. Tra le femmine prevale una lettura più articolata che ne coglie le varie sfaccettature e soprattutto la dimensione della squadra. Tra i maschi emerge invece come specifico l’aspetto dell’intelligenza e concentrazione richiesta in questo sport. Lasciamo che siano le parole stesse dei ragazzi a far emergere le tante suggestioni suggerite dalle metafore.
MASCHI
Immagini che sottolineano le criticità:
“La pallavolo è come stare SEMPRE NELLA STESSA SCATOLA, perché si pratica in palestra e il campo ha sempre le stesse dimensioni”.
“La pallavolo è come due RETTE PARALLELE: NON SI TOCCANO MAI.
Penso a questo perché secondo me nello sport ci deve essere un minimo di contatto per rendere più emozionante il gioco e secondo me è anche privo di imprevedibilità”.
“La pallavolo è come UN OROLOGIO. I giocatori e gli appassionati sono ingranaggi, senza loro l’orologio si ferma”.
“La pallavolo è COME I PROMESSI SPOSI: PALLOSA”.
“Secondo me la pallavolo è come una GOCCIA D’ACQUA nell’oceano.
È uno sport come un altro, anche se fosse fantastico, non verrebbe comunque notato”.
“La pallavolo è come L’ULTIMO OPERAIO DI UNA GRANDE AZIENDA.
Spesso non si sa che è presente, anche se lo è sempre”.
“La pallavolo è come i giocatori IN PANCHINA durante una partita di calcio, viene sempre dopo qualcos’altro. Per la pallavolo davanti c’è il calcio, per i giocatori in panchina ci sono i titolari”.
“La pallavolo è come una MACCHINA: non funziona senza avere tutte le componenti, ma soprattutto senza benzina, cioè la palla”.
“La pallavolo è come uno sport FEMMINILE fino a che non si cresce”.
“La pallavolo è come un CUBO: non è dinamica ma statica”.
Immagini che sottolineano le ambiguità
“La pallavolo è come un CUBO perché lo si può vedere da più punti di vista”.
“La pallavolo è un BALZO NEL VUOTO. La paura di cadere, meraviglia di volare”.
“Secondo me la pallavolo è come UN LIBRO, in apparenza non potrebbe piacere ma una volta che lo si apre e lo si legge si scopre un altro mondo”.
“La pallavolo è come una TORTA.
Se piace la si pratica volentieri e non si vede l’ora di andare all’allenamento; se non piace non si pratica”.
“La pallavolo è come i CARTONI GIAPPONESI, solitamente piacciono ai bambini, ma se vengono approfonditi possono piacere sempre”.
“La pallavolo è come UNA DONNA, puoi scegliere se praticarla o no”.
“La pallavolo è uno sport… TROPPO DIFFICILE per essere riassunto in una metafora”.
“La pallavolo è come la MUSICA: ha degli alti e dei bassi”.
Immagini che sottolineano le positività
“La pallavolo è come L’INGRANAGGIO DI UNA MACCHINA perché ogni componente ha un ruolo di essenziale importanza e non potrebbe funzionare senza collaborazione”.
“La pallavolo è come L’ACQUA… Indispensabile”.
“Secondo me la pallavolo è come UN TUFFO perché mi riconduce allo sport che faccio che è quello del portiere”.
“La pallavolo è come un DIVERTIMENTO PER TUTTI e rallegra lo sport”.
“La pallavolo è UN GIOCO”.
“La pallavolo è come la MATEMATICA: può appassionare, fa ragionare, è indispensabile”.
“Per me la pallavolo è come un OROLOGIO. Serve molta coordinazione e agilità per fare in modo che tutto vada bene e magari si vinca la partita”.
FEMMINE
Immagini che sottolineano le criticità:
nessuna
Immagini che si soffermano sulle ambivalenze
“La pallavolo è come LA POLENTA perchè all’inizio sembra buona ma dopo un po’ ti stanchi di mangiarla soprattutto se non ti piace”.
“La pallavolo è COME IL COMPUTER PER UN’ANZIANA, perché se lo si possiede serve, ma non è necessario, come la pallavolo: se la si pratica porta benessere ma se non la si pratica si vive anche senza”.
“La pallavolo è la SECONDA RUOTA DI SCORTA!!
Serve solo se mancano le cose essenziali, se non riuscissi più a praticare uno sport che adoro, forse, arriverei a praticarla!!”.
“La pallavolo è come le MONTAGNE RUSSE, perché è divertente, con le compagne si hanno alti e bassi e a volte fa venire un po’ di agitazione per le partite”.
“La pallavolo è come UN GELATO AL PISTACCHIO. C’è a chi piace e c’è a chi non piace”.
“La pallavolo è come LA DANZA.
Un bello sport, ma poco conosciuto e soprattutto sottovalutato e considerato solo per ragazze”.
“La pallavolo è come LA MUCCA DELLA MILKA: è brava a unire le persone anche se non serve a niente”.
“Secondo me la pallavolo è come UN DIAMANTE: migliore amico di una donna ma i pezzi prestigiosi sono destinati a pochi”.
“La pallavolo è come UNA CARD MAGNETICA… Dipende da come la guardi!
Infatti c’è qualcuno che la intende solo a livello agonistico e secondo me è uno sbaglio, io la intendo come uno sport in cui socializzare, senza puntare solo al risultato, infatti io faccio solo gli allenamenti!”.
“La pallavolo è come UNA SCATOLA DI CIOCCOLATINI; non sai mai quello che potrai trovare”.
“La pallavolo è come UN AQUILONE che non vola quando non c’è nessuno che lo sa alzare”.
“Secondo me la pallavolo è uno sport interessante e di SQUADRA che unisce persone con un comune obiettivo ma che allo stesso tempo divide a causa della competizione”.
Immagini che sottolineano le positività
“La pallavolo è come un BICCHIERE D’ACQUA PER LA VITA.
Va assaporata totalmente poiché è uno sport bello e unico che può aiutare a relazionare (di squadra) e a sfogare le proprie rabbie/frustrazioni”.
“La pallavolo è come UNA FAMIGLIA. Ti riesce a dare serenità, crescita personale, amore, relax e soddisfazioni”.
“Per me la pallavolo è come UN ALVEARE, dove tutti lavorano per ottenere qualcosa in comune, di migliore”.
“La pallavolo è RIDERE INSIEME, trionfare contenti, saper perdere, unirsi tra ragazzi e ragazze per un fine sportivo; non incolparsi a vicenda”.
“La pallavolo è PASSIONE”.
“Secondo me la pallavolo è un MONDO SENZA CONFINI”.
“La pallavolo è come LA LUCE che ci illumina l’anima, senza di essa saremo oscurati”.
“La pallavolo è come una MELODIA.
Se tutte le note stanno bene insieme la melodia è intonata.
Se tutti i giocatori lavorano bene insieme si vince la partita”.
“La pallavolo è come UN LIBRO.
Basta che manchi un capitolo, cioè un giocatore, che la storia non sta in piedi.
Ogni particolare è importante, essenziale”.
“La pallavolo è come UNO SCIAME D’API: si aiutano a vicenda e collaborano insieme per raggiungere un unico obiettivo.
Nella pallavolo infatti tutte le ragazze si aiutano a vicenda per migliorare la compagna che fa più fatica e nello stesso tempo per migliorare se stesse. Infatti, una ragazza presa da sola non è efficiente, ma insieme ad una squadra può essere d’aiuto, come uno sciame”.
“Secondo me, la pallavolo è una passione che porta emozioni e soddisfazioni.
È un gioco che crea competizione e ti porta più autostima.
È una gioia, uno sfogo di cui non potrei fare a meno. Proprio come LA NUTELLA!”.
“Secondo me la pallavolo è uno sport di GRUPPO molto interessante, bello perché da emozioni. Interessante perché si conoscono persone nuove e si sta in gruppo”.
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