Il ct Davide Mazzanti al Politecnico di Milano

06/02/2019

Questa la sintesi del bellissimo discorso che ha tenuto il ct della nazionale femminile vicecampione del mondo Davide Mazzanti al Politecnico di Milano, intervistato dal professor Piercesare Secchi, docente di statistica del dipartimento di matematica del prestigioso ateneo lombardo.
"Lo sport, come le aziende, ha bisogno dei numeri per capire cosa hanno prodotto e come migliorare il loro prodotto. Molto spesso nello sport noi associamo un numero a un giudizio che descrive in modo grossolano quante volte si è generato un certo comportamento. I numeri possono dirci molto di più, possono descrivere quel gesto dal punto di vista qualitativo e possono risalire al perché di quel comportamento, possono aiutarci a descrivere la cosa meno definibile al mondo: un talento! Nella mia carriera ho spesso incontrato atlete non in grado di descrivere il loro talento nè da dove proviene, mentre noi allenatori cerchiamo delle generalizzazioni in grado di racchiudere la definizione del talento.
Ma chi è un campione? Secondo me uno che rispetto alla media riesce a gestire un numero di informazioni superiori e da questa elaborazione riesce a scegliere la risposta motoria più efficace: ha un volume e qualità di informazioni (big data) che riesce velocemente a trasformare in un’azione vincente (smart data). Solo raffinati modelli matematici possono aiutarmi a capire cosa legge un talento e rendere il mio campione più consapevole ed il mio avversario più leggibile.
Lo studio che abbiamo approfondito questa estate nella preparazione al mondiale ci ha riservato tante sorprese: la prima è stata scoprire che nell’esecuzione di un gesto motorio la differenza biomeccanica tra un gesto eseguito bene e uno errato è impercettibile; sono i fattori spazio-tempo che incidono maggiormente sull’esecuzione del gesto e per me che ero focalizzato sempre a correggere gli angoli e le ampiezze è stato un feedback importante. L’altro elemento interessante è che la miglior performance di ogni atleta, riportata su un simulatore indicava che ogni atleta era già molto vicina alla miglior prestazione… doveva non stravolgere ma stabilizzare la percezione della best perforamance.
Io credo che il sapere sia alla base di ogni prestazione. Ora la nostra sfida è sapere utilizzare quei dati e lo stiamo facendo generando per ogni tecnica una matrice 3X3 in grado di descrivere nella successione dei tocchi i tre fattori della tecnica: biomeccanica, spazio, tempo. I modelli matematici dovranno riempire queste matrici identificando quali comportamenti generano in ogni atleta la miglior prestazione. La sfida è riuscire ad avere questo feedback in real time.
Gli allenatori non saranno sostituiti dai numeri ma da allenatori che sapranno utilizzare meglio questi dati, magari con l’aiuto di un matematico nello staff come succede in molti sport americani. Il sapere è la base e dobbiamo spingerci ad avere sempre più dati e sempre più accurati. Dobbiamo saper leggere e analizzare questi dati per codificarli in informazioni utili. Ma qui arriva il bello: ogni atleta che esegue un movimento vincente mi ha sempre confidato che è riuscito a renderlo proprio solo quando lo ha percepito o lo ha visto… davvero curioso !!! L’ultimo passo è trasformare questo dato in una percezione per l’atleta e possiamo farlo solo credendo in quel dato… l’empatia e le emozioni, come ci insegna la neuroscienza attraverso i neuroni specchio, sono le chiavi del successo, ciò che veicolano le informazioni e guidano l’apprendimento (saper essere).
Non dobbiamo spaventarci di scoprire nuove frontiere, dobbiamo solo dare il giusto ruolo ai numeri. Chi cerca la ragione può vedere nei numeri un giudizio e spesso finisce per confondere il valore di una persona con quel numero; al contrario i numeri ci offrono una foto della realtà che è dinamica e che il valore delle persone possono modificare.
Il mio obiettivo in palestra è che ognuno riesca ad esprimere il proprio talento: se lo pensiamo in campo scolastico questa prospettiva potrebbe offrire punti di vista nuovi e differenti agli studenti che potrebbero vedersi non sono solo all’interno di un campo ma anche fuori, cercando di migliorare attraverso un modello matematico, un modello tecnico o di gioco.
E’ per questo che voglio riuscire ad inserire un matematico nel mio staff, perché ognuno ha un talento in grado di liberare energie e idee che possono allargare la base del nostro sapere e l’efficacia del nostro intervento. Dobbiamo avere una visione dinamica della realtà e dell’apprendimento, in cui il valore e il talento di una persona  può destabilizzare le nostre certezze e spostare avanti il nostro concetto di limite. Questo potrebbe essere visto come un modello sportivo o un modello aziendale ma in realtà è l’essenza dell’etimologia della parola “educare”: tirare fuori … da ognuno tutte le risorse a nostra disposizione". 
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