Il monitoraggio dei CPK nei giocatori di pallavolo di alto livello: una procedura utile?

Dr Cristani Alessandro Azienda ospedaliero-universitaria Policlinico di Modena

01/03/2011

Il monitoraggio dei CPK nei giocatori di pallavolo di alto livello: una procedura utile?
Allo scopo di informare al meglio i lettori sullo stato delle conoscenze che riguardano il tema, suddivido l’articolo in vari settori, iniziando con:

“AREA di COLLOCAZIONE STORICA”: il primo riscontro di un aumento enzimatico dopo attività fisica, risale al 1958, anno in cui, per la prima volta, fu determinato il valore delle creatinfosfochinasi (CPK) nel siero. Da allora, nel tentativo di definire quali-quantitivamente un qualsivoglia problema muscolare, sono stati studiati diversi enzimi (1) tra i quali le lattico-deidrogenasi (LDH), le aspartato amino-trasferasi (AST). Più recentemente sono state valutate altre proteine, quali la mioglobinna (Mb), la troponina (sTnI) e la miosina a catene pesanti (MHC). Sebbene i valori di tutti i test citati aumentino dopo un danno muscolare, la determinazione delle CPK plasmatiche ha ottenuto, nel tempo, una maggiore attenzione e conseguentemente un elevato numero di ricerche. Questo è forse accaduto per l’ampiezza dell’ aumento delle CPK, se comparato agli altri test, ma certamente per la semplicità del metodo che consente la loro facile determinazione, con modesto costo.

“AREA di CONSENSO GENERALE”: i livelli di CPK dipendono dall’età, la razza, la massa muscolare, le condizioni climatiche e dall’ entità ed intensità dell’attività fisica svolta; in senso fisiologico l’intenso esercizio può creare un danno sia a livello dell’unità contrattile del tessuto muscolare striato sia sulla integrità strutturale della menbrana cellulare, determinando un rilascio più o meno elevato delle CPK intracellulari in circolo. (2). Si può dunque affermare che lo stress meccanico sia il fattore che maggiormente contribuisce a determinare un danno strutturale muscolare. La misurazione dell’attività delle CPK è un test che è stato ampiamente usato come marcatore dell’entità del danno (3), ma si è visto che la loro ampiezza non riflette necessariamente l’entità dello stesso.

“AREA di ESPERIEZA PERSONALE”: negli sport di squadra, il ruolo svolto dal giocatore va inserito tra le variabili sopra segnalate. A supporto di questa osservazione, riferisco alcuni riscontri relativi alla attività agonistica svolta agli ultimi 5 anni da giocatori di Pallavolo Modena, squadra impegnata nel campionato italiano di serie A1 e che, ovviamente, ogni anno varia il suo organico. Il controllo delle CPK è stato eseguito sempre al martedì, dopo un tempo di riposo dalla partita di almeno 36 ore. La frequenza del riscontro è stata di 4 volte per ogni campionato (primo controllo all’inizio della preparazione, ultimo tre settimane prima dell’inizio dei play-off). Quindi in totale sono stati eseguiti 240 controlli ematochimici generali con determinazione anche delle CPK in un totale di 65 giocatori, numericamente suddivisi in: 6 alzatori, 35 schiacciatori, 19 centrali e 5 liberi.
Livelli di CPK non superiori a 400 (da considerare fisiologici) furono rilevati nell’8% dei giocatori; maggiormente interessati gli schiacciatori, quindi i centrali, da ultimi i liberi e i palleggiatori. Valori superiori a 400 (rilievo massimo a 820) si sono rilevati in 8 giocatori (3%) 6 dei quali schiacciatori, 1 centrale ed 1 libero. La liberazione delle CPK è dovuta alle forti contrazioni muscolari (quadricipite) di tipo eccentrico che si realizzano con il salto e l’atterraggio nell’attacco; queste rappresentano l’elemento che discrimina gli schiacciatori dal libero e dal palleggiatore. Pertanto i primi meritano, da parte del medico e del preparatore atletico, una attenzione particolare durante la stagione agonistica.

“AREA dei RISCONTRI in LETTERATURA”: sul tema, negli ultimi 50 anni, oltre 800 studi sono stati pubblicati. In sintesi: livelli molto elevati di CPK negli atleti sono stati riscontrati dopo attività prolungate (maratoneti e mezzofondisti) od intense (sollevatori di pesi). L’incremento delle CPK è elevato nelle prime 24 ore, in particolar modo se l’attività si è svolta in condizioni climatiche caldo-umide; con il riposo queste gradatamente ritornano ai livelli basali. Tuttavia va ricordato che: a) negli atleti alti livelli di CPK, dopo riposo assoluto per qualche giorno, pongono la necessità di fare una diagnosi in tempi brevi per sospetta miopatia; b) assai alti livelli di CPK riscontrati dopo una attività prolungata ed intensa, può causare una clinicamente significativa rabdomiolisi. Essa è la patologia più comunemente responsabile della mioglobinuria acuta da esercizio, temibile malattia da cui può derivare un danno funzionale renale (4).

“AREA COMPORTAMENTALE”: Fino ad un recente passato i livelli di CPK sono stati comunemente usati come un indicatore di danno delle fibre muscolari negli atleti (5). Il riscontro di livelli elevati di CPK (oltre 400) dopo un dolore insorto acutamente in un punto preciso di un muscolo o, per solito, di una giunzione muscolo-tendinea, portava alla diagnosi di infortunio muscolare e obbligava ad fermare l’atleta. A partire dagli anni 90 la diffusione dell’esame ecografico ha modificato sostanzialmente questo percorso diagnostico. Da allora, nel sospetto di danno muscolare, fatta la valutazione obiettiva, l’iter diagnostico inizia con la esecuzione, a 24-48 ore di distanza dall’infortunio, di un esame ecografico e si tralascia il dosaggio delle CPK. La determinazione è poco o per nulla utilizzata anche in senso prognostico; infatti solo l’attenta palpazione per 3 settimane e le tecniche di imaging eseguite durante le prime 4\5 settimane possono essere vantaggiosamente utilizzate per definire il tempo giusto in cui l’atleta può ritornare a fornire prestazioni uguali a quelle pre-infortunio (6). Solo in caso di sintomatologia ed obiettività indicativa per lesione muscolare ma con ecografia negativa può essere utile, ai fini comportamentali immediati (stop o meno), la determinazione del valore delle CPK.
Se invece, dopo un controllo bioumorale generale, si rilevano valori di CPK maggiori di 400 va condotta una indagine atta a rilevare se l’atleta accusa qualche fastidio muscolare.. La eventuale positività dell’inchiesta deve portare a considerare questi elementi raccolti come indicatori di una stanchezza muscolare subclinica. Ricordo che questa condizione si accompagna ad un rischio aumentato di incorrere in un infortunio muscolare e pertanto ne deriva l’indicazione al riposo per i giorni necessari al rientro nella norma delle CPK.

“AREA per lo SVILUPPO della RICERCA” : i valori delle CPK mostrano una grande variabilità negli atleti testati. In particolare si è visto che alcuni atleti sono da ritenere a ridotta capacità di risposta all’allenamento intenso poichè presentano persistenti bassi valori di CPK, altri invece sono altamente responsivi, con valori cronicamente elevati. Appare evidente la necessità che nuovi studi siano avviati per verificare la relazione tra livelli di allenamento, volume muscolare, tipo di fibre ed il rilascio di CPK. Inoltre sembra opportuno individuare, negli sportivi, nuovi e più specifici marcatori di danno muscolare legato allo stress ossidativo. Proprio per assolvere a questa finalità al Policlinico di Modena, sotto la direzione del professor Andrea Cossarizza ( Direttore della Scuola di Specializzazione in Patologia Clinica, Dipartimento di Scienze Biomedicali) si è avviato all’inizio della scorsa stagione agonistica uno studio sui giocatori di Pallavolo Modena, che ha lo scopo di quantificare il DNA mitocondriale circolante nel plasma e che proseguirà quest’anno con la determinazione delle citochine proinfiammatorie (TNF-alfa, IL-1, IL-6) presenti in circolo.

“ AREA delle CONCLUSIONI”: Ricordato che:
a) il livello delle CPK è influenzato da numerosi fattori
b) il loro incremento non correla con l’entità della lesione muscolare e
non riveste alcun significato prognostico
c) la concentrazione ematica delle CPK è in funzione di ciò che viene
prodotto dal muscolo e dalla capacità di clearence renale (7).
Ne consegue che, nella pratica clinica attuale, l’utilizzo della determinazione delle CPK è scomparso dall’iter diagnostico di lesione muscolare.
La determinazione delle CPK rimane pertanto confinata dentro agli screening generali (vedi Area dei Riscontri in Letteratura) da eseguire periodicamente (ogni 5-6 settimane). L’ AMIV (Associazione Medici Italiani Volley) nel definire il modello di cartella Clinica che a breve verrà introdotta nel Campionato di serie A1, pone l’esame tra quelli da eseguire facoltativamente, ma altamente consigliabile e da fare con almeno 24-36 ore di riposo da carichi muscolari. Questo comportamento appare raccomandabile in quanto potrà essere di aiuto al Medico dello Sport per evitare interpretazioni errate di alti valori di CPK ma anche per aiutare l’allenatore ed il preparatore ad ottimizzare l’allenamento.

BIBLIOGRAFIA

1) Sorichter S, Puscendorf B, Mair J. Skeletal muscle injury induced by eccentric muscle action:
muscle proteins as markers of muscle fiber injury. Exerc Immunol Rew 1999;5:5-21.
2) Brancaccio P, Maffulli M, Limongelli FM. Creatine kinase monitoring in sport medicine. Br
Med Bull. 2007;81-82:209-30.
3) Kuipers H. Exsercise-induced muscle damage. Int J Sports Med 1994;15(3):132-5.
4) Patel DR, Gyamfi R, Torres A. Exertional rhabdomyolysis and acute kidney injury. Phys
Sportsmed. 2009;37(1):71-9.
5) Mougios V. Reference intervals for serum creatine kinase in athletes. Br J Sports Med 2007;
41(10):674-8.
6) Askling CM, Tengvar M. Acute first-time hamstring during high-speed running:a longitudi-
nal study including clinical and magnetic resonance imaging findings. Am J Sports Med
2007;35(2):197-206.
7) Clarkson PM, Ebbeling C. Investigation of serum creatine kinase variability after muscle-
damaging exercise. Clin Sci 1988;75(3):257-61.
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