Il V-Day dell'arbitro Massimo Cinti

di Adelio Pistelli

11/05/2010

Massimo CintiMassimo Cinti
Massimo Cinti
Si dice, da sempre che l’arbitro è bravo quando non se ne parla. Forse è vero, forse. E comunque stavolta, a prescindere da tante verità, è necessario mettere il fischietto sotto i riflettori, almeno uno dei due che hanno diretto la finalissima scudetto.
Stavolta è solo e soltanto passerella per chi, dopo quattro set e circa due ore di delicatissima partita, è sceso dal seggiolone e non ci salirà più. Massimo Cinti, da Castelferretti (comune di Falconara, provincia di Ancona) ha fischiato, appunto, la sua ultima sfida tra club dopo ventisette anni di attività sottorete.
Impiegato alle Poste, ha diviso con l’attività professionale il suo grande hobby che lo ha laureato internazionale dopo i suoi dodici anni di gavetta portata avanti nelle palestre poi gradualmente nei palasport più importanti della Penisola. E adesso, eccolo protagonista della partita senza ritorno come lo era per
Cuneo e Trento a caccia del tricolore in occasione della sfida unica. E unica era l’opportunità che i massimi organi arbitrali avevano per salutare nel migliore dei modi Massimo Cinti. Ed eccolo lì prima del via premiato con un pallone (firmato dai due capitani); eccolo lì per le solite, scontate operazioni pre-gara portate avanti in questa occasione con il ligure e amico Barbero. E passava subito in secondo piano.
Dopo il successo piemontese, infatti, i giornali, i siti internet, le televisioni, le tante radio hanno inevitabilmente raccontato solo il trionfo della Lannutti, la prima volta di Cuneo tricolore, il valore di questo
successo, le tante e continue evoluzioni del popolo vincente e la disperazione sportiva di chi aveva perso.
Un copione già visto, avrà ripetuto tra se e se Massimo Cinti mentre guadagnava gli spogliatoi come era accaduto, appunto, in altre occasioni dopo una sfida diretta in Italia, in Europa, nel mondo. Un copione già visto, d’accordo, ma stavolta Massimo Cinti se lo ricorderà per sempre. Gli resta la internazionale (a novembre) con il mondiale femminile ma il V-Day di Bologna è stata la sua passerella definitiva, portata avanti (va detto e ricordato) con maestria e professionalità. Ha fischiato con oculatezza, con tempestività e competenza ed ha tranquillamente rispedito al mittente anche le poche proteste di Cuneo e Trento. Alle corte: ha diretto come avrebbe sognato e sperato di dirigere. Poi, mentre sottorete scoppiava la festa cuneese, andando verso gli spogliatoi ha stretto qualche mano, ha sorriso come ha sempre fatto in ventisette anni di attività che magari stavolta, in un secondo, gli sono passati davanti. Massimo Cinti non ci ha badato più di tanto, però. E, come sempre, anche nel suo ha lasciato velocemente il palcoscenico a chi stava festeggiando qualcosa di importante.
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