In Italia nella fascia dai 19 ai 23 anni perdiamo troppi atleti

Franco Bertoli

10/03/2008

Nella fascia tra i 19 ed i 23 anni perdiamo troppi atleti sui quali abbiamo investito tanto tempo e denaro in precedenza.
All’incirca trenta ragazzi fanno parte di un biennio dei nazionali juniores, ma solo tre o quattro di loro sono talenti già pronti per entrare titolari o quasi in squadre di A2 o A1. Spesso gli altri 26 o 27 per ogni biennio si ritrovano a militare in formazioni di B1o B2, dove in genere ci sono impianti non adeguati per giocatori che abbiano ancora necessità di formarsi fisicamente e tecnicamente. Inoltre nella maggior parte dei casi le società di serie B non possiedono preparatori fisici e tanto meno uno staff di medici che possano assistere e supportare questi ragazzi nel loro percorso. Ovviamente molti dei tecnici di serie B, allenando solo la sera negli orari del dopo lavoro possono dedicare pochissimo tempo alla formazione tecnica individuale dei giocatori, piuttosto si preoccupano molto di più di vincere le singole partite per non rischiare di essere esonerati o di essere considerati incapaci da coloro che guardano solo al risultato. Per tutti questo motivi tanti atleti che non sono fuoriclasse ma potrebbero comunque assurgere a livelli superiori per giocare in serie A, in realtà rischiano di rallentare o arrestare addirittura la loro crescita. Altro dato di fatto non trascurabile è che questi atleti giovani tra i 19 ed i 23 anni ricevono stipendi bassissimi, per cui quelli che non vengono mantenuti dalle famiglie non sono in grado di sopravvivere. A questo punto, molti preferiscono giocare vicino a casa quasi per hobby per pochissimi soldi e dedicarsi più concretamente ad un altro lavoro o agli studi, rinunciando alla carriera pallavolistica.
Prendetela come una provocazione o, quanto meno mi auguro, uno spunto di riflessione importante al fine di trovare delle soluzioni che ci consentano di non sprecare tanti atleti italiani di medio livello, che se motivati e fatti crescere nel modo corretto, chissà dove potrebbero arrivare …
Vorrei invitare tutti a riflettere su alcuni punti specifici ed in particolare:
1. In Italia il campionato di A2 è colmo di stranieri non tutti eccellenti, che potrebbero tranquillamente essere sostituiti da un maggior numero di giovani italiani;
2. I nostri diciannove/ventitreenni potrebbero andare in A1 presso squadre estere in campionati di più basso livello (vedi Francia, Germania , Polonia, Giappone, Corea o altri), dove potrebbero giocare titolari o quasi;
3. Si potrebbe costituire una nazionale B o under 23 che alleni questi atleti per i quattro mesi estivi. Questo anche per continuare la formazione del medio alto livello degli Italiani interessanti , vista sempre di più la difficoltà a trovare maschi che giocano a pallavolo ( il 74% dei tesserati FIPAV sono donne. Dato affermato a Volleyland 2008);
4. Dal momento che questi giocatori in estate sono fermi per circa quattro mesi, si potrebbe indirizzarne un grande numero verso il beach volley, rendendola un’esperienza obbligatoria a fronte del rimborso delle spese da parte della loro società di appartenenza o della FIPAV o della LEGA;
5. Poiché fino all’età di 23 anni i pallavolisti non possono svincolarsi dalla loro società si potrebbe chiedere a queste ultime di adoperarsi per garantire loro una squadra dove crescere con un contratto discreto pluriennale che consenta ad essi di scoprire dove arriveranno continuando a credere nelle carriera pallavolistica. (Pratica questa molto usata nel mondo del calcio. )
Conosco a fondo queste problematiche in quanto mio figlio Matteo 19 anni dopo aver realizzato una bella crescita nelle giovanili fino ad essere quest’ anno riserva alla Cimone Mo, ora dovrà iniziare un percorso finale di formazione da giocatore.
Grazie per l’attenzione e per lo spazio ricevuto su www.dallarivolley.com
Un cordiale saluto Franco Bertoli # 4
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