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Italvolley: quanti interrogativi...
Italvolley: quanti interrogativi...
di Adelio Pistelli
06/06/2015
La curiosità, era la vera compagna di viaggio come contorno a Italia-Serbia. Appagata solo in parte e, siamo usciti dall' Arena di Pesaro soprattutto con tanti interrogativi. Piccoli grandi rebus che, magari, metà delle seimila e passa persone presenti, non hanno nemmeno preso in considerazione perché semplicemente coinvolti dalla passerella azzurra; interrogativi che, forse, hanno sfiorato e presto archiviato altra gran parte degli spettatori. Sicuramente, però, nel parterre ricco di addetti ai lavori saranno gradualmente maturate tante domande sulle quali riflettere. La prima: che Italia è quella che sta giocando la World League? Ancora: in quale fisonomia tecnico tattica va inquadrata: quella dei primi due set oppure quella del terzo e quarto parziale? Cosa realmente chiede il Ct a queste prime sfide? Le chiacchiere stanno a zero. La prima impressione è che l'Italvolley vista a Pesaro è solo una lontana parente (speriamo) della squadra che verrà. Qualche assenza (prevista) e piccoli infortuni che stanno frenando potenziali protagonisti azzurri,stanno lasciando strada ad una sorta di sperimentazioni dai dubbi risultati, anche perché molti di coloro definiti 'esordienti' , prima in Australia e, adesso, contro la Serbia, presto andranno in vacanza facendo tesoro di una esperienza che non avrà seguito.
E proprio cercando di dare una risposta alla seconda domanda sarebbe interessante capire se a queste prime partite di World League vanno inquadrate alla voce <lavori in corso>, dietro la quale nascondere evidenti lacune e difficoltà, oppure devono diventare solo e subito preziose opportunità vincenti per poi guardare alle finali di Rio del prossimo luglio con la consapevolezza di avere le credenziali giuste per centrare il successo. Contro la Serbia, tutt'altro che imbattibile ma team con un suo costante (o quasi) equilibrio tecnico-tattico, è uscita gradualmente quella confusione che sembra regnare sovrana nell'attuale Italia, squadra he ha giocato (male) due partite in una. Prima la voglia matta degli esperimenti (con successivi cambi, alcuni indecifrabili) poi il graduale e definitivo ricorso a giocatori azzurri, scontati titolari di una maglia ma inizialmente lasciati in panchina. La scelta di far entrare prima Birarelli (il vero padrone di 'posto tre') e poi Zaytsev (nel ruolo attaccante ricevitore) è sembrato l'ovvio tentativo, dopo aver chiuso nel borsone prove ed esperimenti, di provare arginare la fuga serba ed evitare una sconfitta maturata, è vero, per i tanti errori commessi soprattutto in battuta ma anche, per scelte tecniche criticabili. Una sconfitta che regala tanta amarezza e che alimenta l'ennesima domanda: perché non provare subito, contro un avversario tradizionale e importante, un sestetto molto più concreto e, perché no, più esperto, poi magari, a giochi lunghi capire dove e come intervenire tatticamente? Domani (domenica) a Bologna e sempre con la Serbia, c'è subito l'opportunità di ritrovare il sorriso magari dopo aver ritrovato un po' di chiarezza.
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