La fiducia è una cosa seria

di Luciano Pedullà

06/10/2012

Massimo Barbolini durante un time out dell'ItaliaMassimo Barbolini durante un time out dell'Italia
Massimo Barbolini durante un time out dell'Italia
C’è uno sketch divertente che parla di un motivatore aziendale il quale propone una prova di fiducia a due dipendenti: il primo di spalle al secondo deve lasciarsi cadere a peso morto tra le braccia dell’altro. Ma quando questo avviene la persona che avrebbe dovuto afferrare il compagno posto di schiena lo lascia cadere. Dopo essere precipitato a terra senza il sostegno del collega, il dipendente infortunato osserva che adesso si è interrotto il rapporto di fiducia; ma il coach fa presente che l’operazione dovrà essere ripetuta fino a quando non si concluderà con successo ovvero avere fiducia. Ovvio che, per comodità, colui che dovrebbe essere afferrato concluda dicendo di possederla pienamente, questo per evitare che il compagno lo lasci cadere nuovamente con peggiori conseguenze. E’ solo una divertente metafora che spesso però riassume facilmente i comportamenti che possono avvenire in posti di lavoro e tra questi non sfugge anche quello della pallavolo. Ne è un caso evidente quanto è attualmente alla ribalta tra le dichiarazioni rilasciate da Francesca Piccinini a più di due mesi dalla fine delle Olimpiadi su quello che era l’ambiente in cui si è trovata nel corso della manifestazione a cinque cerchi. Non è interessante sapere chi ha ragione o torto tra giocatrice o il D.T. Barbolini, quanto capire come la gestione del gruppo stia diventando elemento determinante nelle conoscenze che deve possedere un tecnico. Recentemente e sempre più spesso, abbiamo avuto squadre che si sono affidate a una figura esterna per aiutare o risolvere i complessi meccanismi che regolano i fattori di un gruppo. Precursore in tal senso fu Julio Velasco che si affidò alla valente dottoressa Rossi per valutare le capacità attentive delle giocatrici; fu poi la volta della Nazionale femminile di Marco Bonitta fino ad arrivare ai nostri tempi con l’utilizzo di un mental coach da parte della squadra Campione d’Italia di Busto Arsizio. Gestire le risorse del gruppo in modo efficace appartiene alla sfera della maggiore soddisfazione da parte di un allenatore e, come espresse al corso dei primi di settembre a Milano l’attuale tecnico campione d’Italia Alberto Giuliani: “… non mi priverei mai del lavoro più bello del nostro mestiere …”. Indubbiamente le dinamiche di squadra assumono sempre più un aspetto preponderante per garantire ad un atleta e, di conseguenza a maggior ragione, ad una squadra il miglior risultato. L’aiuto allora potrebbe arrivare al tecnico piuttosto che alle giocatrici. Un gestore delle risorse che possa osservare attentamente un gruppo, gli atteggiamenti e le espressività delle giocatrici e dei tecnici dello staff, nelle spiegazioni, indicazioni tecniche o tattiche, relazione in allenamento e durante il gioco. Potrebbe dare i migliori consigli d’intervento al coach della squadra affinché il suo sapere specifico venga percepito nel migliore dei modi dall’atleta o dal gruppo in questione. Un mental coach per l’allenatore, che collabori con lui perché il tecnico possa avere una comunicazione efficace, perché gli interventi possano colpire in modo positivo la motivazione della giocatrice e in qualunque situazione si possa capire con la maggiore efficacia possibile qual è il miglior momento e metodo per prendere il toro per le corna. Poi in qualunque famiglia il litigio avviene e spesso aiuta a chiarire determinati atteggiamenti e posizioni: ce l’ho ha dimostrato Guidolin con un intervento … a gamba tesa nei confronti Di Natale reo di avere mancato di rispetto al proprio tecnico. Punito dal suo allenatore per un turno in campionato, Totò è tornato diligentemente in campo e ha segnato, rilanciando in Europa la propria squadra!
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