L’allenatore, un mestiere difficile

di Fabio Vullo

01/11/2010

Fabio VulloFabio Vullo
Fabio Vullo
Quando si incontrano Modena e Treviso lo spettacolo è garantito. Strategie e filosofie diverse con l'obiettivo comune di fare risultato. Due allenatori a confronto: da una parte Silvano Prandi, il decano dei tecnici, dall'altra Roberto Piazza, “il secondo” allenatore per eccellenza che da un paio di anni guida da primo pilota una formula uno come quella trevigiana.
Scorro i risultati e noto con sorpresa (ma non troppa, in verità!) che Latina ha vinto nettamente in trasferta il primo scontro salvezza contro Castellana Grotte. Leggo il tabellino e alla voce allenatore trovo da una parte “Mister allegria” Lattari, affermato allenatore brasiliano, e dall'altra Gianpaolo Medei, un altro “secondo” doc nato pallavolisticamente a Macerata e affermatosi come capo allenatore nella squadra laziale.
Molti giocatori della generazione di fenomeni hanno scelto la strada della panchina con alterne fortune. Anastasi, De Giorgi e Giani per citare alcuni dei più fortunati si sono affermati in breve tempo, Bernardi e Cantagalli sono stati rimandati.
Una riflessione a questo punto è d'obbligo. E' giusto puntare direttamente sul carisma e le competenze tecniche dei grandi campioni del recente passato o sarebbe più corretto prevedere un percorso completo anche per questi grandi personaggi? Il cuore mi dice che rischiare di perdere un patrimonio di esperienza e conoscenza così importante per le future generazioni sarebbe un peccato, ma la ragione mi fa capire che forse studiare un percorso ad hoc per aiutare a trasferire agli altri ciò che indubbiamente ti appartiene sarebbe meglio.
Come Delegato allo Sport del Comune di Massa la mia scelta l'ho già fatta mettendo a disposizione dei bimbi della scuola primaria, per le ore di attività motoria, laureati in Scienze Motorie o diplomati ISEF che hanno di fatto sostituito gli “esperti qualificati” provenienti dalle associazioni sportive.
Alla prossima,
Fabio Vullo
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