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L'etica sportiva
L'etica sportiva
Dr Alessandro Cristani Azienda ospedaliero-universitaria di Modena
08/05/2007
Per concludere la parte riguardante il ruolo del team medico nelle Società Sportive, è opportuno porsi la domanda : “
il dovere del team è di salvaguardare la squadra o gli atleti” ?
In molti casi l’interesse coincide. Generalmente il bene dell’atleta è il bene della sua squadra. Tuttavia situazioni controverse possono nascere quando vi sono benefici di breve durata per la squadra ma che possono andare a detrimento della salute dell’atleta:
il dovere del team medico è di tenere conto innanzitutto della salute dell’atleta.
Pertanto è necessario dare una corretta informazione all’atleta riguardo alla natura dell’infortunio, alla sua gravità, chiarendo bene il percorso riabilitativo in accordo con il preparatore atletico ed infine specificando bene le eventuali conseguenze per la sua carriera (7). Nel caso in cui il benessere dell’atleta risultasse in conflitto con una terza parte, questo va sempre privilegiato.
L’allenatore, il preparatore atletico, il fisioterapista o qualsiasi altro dirigente devono sapere che spetta al team medico, dopo avere vagliato attentamente i pareri dello staff tecnico, prendere l’ultima decisione su se e quando un atleta può ritornare in campo.
Se si insiste a contravvenire alle indicazioni date dal team, va richiesto all’atleta od ai suoi familiari se è minorenne, di firmare una “liberatoria”.
Prendiamo ora in considerazione le 6 aree di possibile conflitto:
1) Il CONFLITTO di INTERESSI e LINEE GUIDA per la sua RISOLUZIONE
l principale obiettivo del team medico è quello di aiutare l’atleta e quindi la Società Sportiva o la Nazionale a raggiungere il risultato desiderato, mantenendo il rispetto dei codici professionali ed etici.
Un lavoro non semplice poichè le decisioni cliniche da prendere, durante lunghe stagioni agonistiche, possono essere influenzate da diverse sollecitazioni provenienti dagli stessi giocatori che, solitamente molto motivati, finiscono per amore della partecipazione, del successo nelle competizioni ed anche per considerazioni economiche, per sottovalutare l’importanza degli infortuni subiti (9). Ma pressioni e decisioni improprie possono venire anche dall’allenatore e dai dirigenti, a volte con la minaccia di togliere la fiducia al team, altre volte ricorrendo, a sua insaputa, a pareri esterni.
La somma delle pressioni ricevute e la oggettiva difficoltà a fare capire alla dirigenza le scelte fatte sui percorsi clinici in quanto il confronto avviene quasi sempre con esperienze personali o di conoscenti o con buone referenze di specialisti o pseudotali inevitabilmente legate ad una sola articolazione (la spalla, il ginocchio, il gomito etc...), apre spesso la strada a litigi tra gli staff che possono portare anche a contenziosi giuridici.
Un altro pericolo per medici impreparati è la cosidetta “fan syndrome”: il sintomo principale consiste nella distorsione del giudizio clinico per il desiderio di vedere la squadra vincere.
Le
Linee Guida
a cui attenersi per la risoluzione del conflitto di interessi si basano sui seguenti principi:
- la salute del giocatore è di capitale importanza
- perseguire una totale chiarezza nel rapporto medico/atleta
- utilizzo della “dichiarazione discolpatoria”
- stesura del contratto del team medico
- stesura del contratto del giocatore
- ottenere sempre il
consenso informato
nella gestione dei percorsi. Il principio è di importanza vitale in tutta la medicina, in particolare alla luce dei problemi etici e legali che possono sorgere. Il consenso informato rappresenta “
l’adesione volontaria ad una proposta diagnostico-terapeutica ottenuta dopo una adeguata informazione fornita al paziente \ atleta, in cui siano specificati i potenziali rischi e benefici e le eventuali opzioni alternative”.
Il contesto in cui la procedura si realizza ha per solito aspetti particolari in quanto l’atleta infortunato è sotto pressione da parte dell’allenatore, dei dirigenti, dei procuratori per “fare ciò che è meglio per la squadra” . Se avviene il contrario rischia di essere emarginato in quanto potrebbe venire ritenuto indifferente agli obiettivi della Società di appartenenza.
Inoltre l’atleta riceve abitualmente indicazioni sul che fare da numerose figure all’interno ed all’esterno della società, invariabilmente legate ad episodi anedottici o desunte da Internet dove, sfortunatamente, non ha la possibilità di distinguere le informazioni non scientificamente provate da quelle basate su una buona evidenza scientifica.
Per questi motivi il colloquio per ottenere il consenso, deve avvenire in una atmosfera distesa, senza alcuna fretta, curando anche i dettagli ed infine va specificato che l’atleta può sentire un secondo parere Il percorso di questa attività deve essere sempre perfettamente documentato sulla cartella clinica personale. Occasionalmente l’atleta può fare riferimento ad una figura esterna e comportarsi nella cura in maniera contraria a quella suggerita dal medico sociale; anche in tal caso è essenziale che il tutto sia documentato.
- cautela nel rapporto con i media: per comunicare bisogna avere sempre il consenso dell’atleta e qualche volta, se si ritiene opportuno, della dirigenza. Infine è consigliabile non comunicare direttamente ma lasciare il compito all’addetto stampa.
Continua nei prossimi articoli.
BIBLIOGRAFIA
7) Gallup EM. Low and the team physician. Champaign,IL: Human Kinetics,1995.
8) Crossman J, Iamieson J, Hume K. Perception of athletic jniuries by athletes, coaches, and medic
and medical professionals. Percept Mot Skills 1990;71:848-50.
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