Lorenzo Dallari "Reggio in the Sky"

07/08/2008

Lorenzo Dallari sulla copertina di If, Reporter MeseLorenzo Dallari sulla copertina di If, Reporter Mese
Lorenzo Dallari sulla copertina di If, Reporter Mese
Reggio in the Sky

Lorenzo Dallari, reggianissimo vice direttore della sezione sportiva della tv satellitare, e una storia fatta di buone occasioni e dolorose rinunce. Per arrivare ad essere una delle voci più attendibili dello sport italiano... purché non sia calcio...


di Diego Oneda 



Alle prese con il surreale gioco di dare alla pallavolo italiana un volto, forse qualcuno opterebbe per Andrea Zorzi, qualcuno per Lorenzo Bernardi, qualcuno per Andrea Lucchetta, qualcuno perfino per Julio Velasco. Se dovessimo dare alla pallavolo italiana una voce, saremmo invece tutti d’accordo: Lorenzo Dallari.
Oltre 1300 telecronache, una vita trascorsa nei palazzetti di mezzo mondo al seguito della nazionale italiana e delle varie squadre di club, ma soprattutto una carriera folgorante nel mondo del giornalismo sportivo che da Retemilia81 lo ha portato a diventare vice direttore di Sky Sport, con la responsabilità di tutti gli sport che non siano calcio...
“Sono moderatamente interista – ammette Dallari – ma in realtà il calcio mi ha sempre annoiato. Fin dalla tenerissima età ‘divoravo’ tutto di sport, leggevo giornali e riviste e mi appassionavo di tutto. Tutto a parte il calcio”.
Incontriamo Lorenzo Dallari, nato a Modena nel ’58 ma reggianissimo (di San Martino in Rio), in un assolato pomeriggio di giugno. Accompagnato da uno dei due figli, Eddy (15 anni e la stessa passione del padre per lo sport, calcio incluso però...), il giornalista reggiano ci racconta la sua storia, fatta di sacrifici, voglia di emergere, un pizzico di fortuna e l’impagabile abilità nel mettersi continuamente in gioco che fa di un buon giornalista un vero e proprio talento.
L’ATLETA
Forse non tutti sanno che... prima di essere un ottimo cronista, Dallari è stato un buon giocatore. Di che sport? Di volley, naturalmente. “La passione per la pallavolo è nata alle scuole media – spiega l’attuale vice direttore di Sky Sport -, a San Martino avevo un professore di ginnastica, Pechillo, che mi ha fatto conoscere questo meraviglioso sport. Dopo le medie sono cresciuto molto in altezza e ho cominciato a giocare a buoni livelli a Correggio”. A quel punto, arriva la chiamata nel volley che conta. “Nel 1975 a Reggio, la Gramsci – che allora disputava il campionato di serie B – fece una selezione di giovani nella provincia, per svecchiare la squadra. Tra i selezionati, pochi, c’ero anch’io. Quasi contemporaneamente al mio approdo, arrivò a Reggio, nella Nelsen femminile, la forte giocatrice canadese Valeria Campbell. Con lei arrivò anche il fidanzato, l’allora giovane e sconosciuto Stelio De Rocco, che venne aggregato a noi... Grazie soprattutto a lui, ottenemmo una storica promozione in A2 dove, sponsorizzati Transcoop, disputammo alcuni buoni campionati. In breve però la Transcoop mollò e la squadra si ridimensionò”. Breve ma intensa, dunque, la carriera da giocatore di Dallari che ha modo in questi anni di conoscere da vicino uno sport che rimarrà nella sua vita. Raccontarlo, dopo averlo giocato, diventerà il suo lavoro.
IL GIORNALISTA LOCALE
Giornalista, senza forse esserne perfettamente consapevole, Dallari lo era sempre stato. Fin da quando, da giocatore, andava ospite nelle tv locali, tra cui Tele Reggio, dimostrando (come raramente capita agli atleti di ogni sport) una certa disinvoltura davanti alla telecamera. Dallari ci prende gusto e capisce, gradualmente, che la strada intrapresa iscrivendosi alla facoltà di medicina forse non è la sua. “La svolta a livello professionale l’ho vissuta nel 1981 – racconta – quando nacque Retemilia81, diretta da Pier Paolo Cattozzi. Partecipai alla selezione, molto seria, che organizzarono in tutta Italia, e fui scelto per occuparmi di sport. All’epoca, studiavo medicina ma capii presto che la mia strada non era quella. Al classico bivio, scelsi di fare il giornalista. I miei la presero male, tanto che mio padre, fino alla fine dei suoi anni, mi ha sempre chiesto di laurearmi”.
È nella palestra di Retemilia81 che si forma il Dallari giornalista. Amante dello sport in genere, commenta tutto il commentabile per quanto riguarda lo sport reggiano, dimostrando di avere indubbie capacità. “La prima telecronaca – ricorda – fu una partita storica della Pallacanestro Reggiana. Parliamo della stagione 1981-82 e della mitica sfida promozione che ha portato le Riunite in A2, allenatore era Gianni Zappi, la partita contro la Necchi Pavia disputata a Udine”.
A Retemilia81 Dallari rimane alcuni anni, dedicandosi a tutto quello che era lo sport a Reggio, con un occhio di riguardo per basket e pallavolo. “Dopo Retemilia – prosegue – mi chiamò Antenna1 a Modena. Per un anno, infatti, quella tv acquistò i diritti di trasmissione delle partite della Pallacanestro Reggiana e scelsero me per le telecronache”. Modena, però, si apprestava a diventare la capitale italiana della pallavolo, occasione che il ‘pallavolista’ Dallari non si fece scappare. “Da Antenna1 cominciai a commentare la Panini Modena negli anni d’oro – sorride – quando, dall’86 all’89, vinse quattro campionati consecutivi. Fu allora che cominciammo a proporre televisivamente la pallavolo in modo innovativo, come cerchiamo – con mezzi tecnici superiori – di fare anche adesso a Sky. Insomma, fu allora che la pallavolo diventò il mio vero e proprio primo lavoro”.
La consacrazione in un piccolo network era arrivata, ora mancava il salto di qualità. L’occasione arriva quando nell’88 Silvio Berlusconi prende in gestione Tele Capodistria, con l’obiettivo di trasmettere eventi in diretta, vietato se lo si faceva dal territorio italiano. Tele Capodistria diventa l’unica emittente a trasmettere in Italia 24 ore su 24 di sport, motivo per cui divenne necessario implementare la redazione. “Allora a Milano c’era una squadra, la Gonzaga, che commentavo io quando giocava contro la Panini Modena – rivela il nostro concittadino –, a Milano ascoltarono le mie telecronache, evidentemente gli piacquero, così mi chiamarano e mi chiesero di prendere parte al progetto Tele Capodistria. Io pensai subito ad uno scherzo ma non lo era, andai a Capodistria nel maggio dell’88. In quel periodo lavoravo a Reggio e a Modena, loro mi chiamarono per seguire i play off di volley”. La carriera di Dallari era definitivamente decollata.

IL GIORNALISTA NAZIONALE
Nel 1988 Dallari diventa un giornalista di Tele Capodistria a tutti gli effetti e viene subito messo alla prova. “Nell’ottobre ‘88 seguimmo le Olimpiadi di Seoul, la più bella esperienza della mia vita – riconosce – nella quale mi fu utilissima tutta la palestra che avevo fatto. Commentai il commentabile, dalla pallamano femminile ai tuffi”. Tele Capodistria trasmette fino al ’91 quando nasce Tele+ e le precedenti imposizioni sugli eventi live vengono annullate. La nuova tv trasmette in chiaro per un anno, prima di diventare pay-tv dall’anno successivo. “A tele+ andammo solo in 4 di Capodistria: io, Luca Corsolini, Alessandra Ferrari e Rino Tommasi. Per il resto si tenne una selezione da nord a sud, da cui vennero fuori alcuni dei più bravi giornalisti di oggi – Fabio Caressa, Giorgio Porrà o Massimo Tecca per dirne alcuni – che lavoravano nelle tv locali delle rispettive città. I primi anni furono meravigliosi, soprattutto perché potevi sperimentare... In quegli anni per quanto mi riguarda inventai dal nulla alcune importanti trasmissioni tv, tra cui Super Volley, e ‘costruii’ personaggi come Lucchetta e Zorzi, che sarebbero diventati molto famosi anche grazie alla televisione”.
C’è tanta dedizione nel lavoro di Dallari di quegli anni, un lavoro che porta a risultati concreti in pochissimo tempo. “Noi cambiammo il modo di far la pallavolo in televisione – ammette con una punta d’orgoglio -, provammo a inserire nuove telecamere e prendemmo spunto dalla tv giapponese e da quella brasiliana. Il giappone aveva mezzi tecnici e metodologia di lavoro, i brasiliani la cultura pallavolistica e la fantasia. Noi abbiamo aggiunto l’estro italiano”.
All’inventiva del giornalista reggiano dobbiamo anche l’introduzione del commento tecnico negli eventi sportivi, la cosiddetta “seconda voce”. “Ebbi l’intuizione che solo un giornalista non era sufficiente per dare qualità al prodotto – spiega – ed oggi abbiamo una squadra clamorosa nel senso della qulità con Zorzi, Vullo, Cantagalli, Anastasi, Barbolini, Cacciatori e... dall’anno prossimo Lorenzo Bernardi”.
Cosa distingue Sky da qualsiasi altra compagnia televisiva? Naturalmente il metodo. “Per quanto riguarda il mio settore – puntualizza – posso dire che la nostra grande fortuna è che lo staff è fatto di gente brava, con spirito di squadra, disponibile a crescere, a studiare e a mettersi continuamente in discussione. Noi facciamo sedute in cui guardiamo le partite, rilevando pregi e difetti dei commenti, organizziamo corsi con arbitri internazionali per studiare le casistiche che potremmo trovarci a commentare. Insomma, non lasciamo nulla al caso e cerchiamo di migliorarci sempre. Forse sarà per questo che nel 2005, in occasione della finale di World League, Sky ha ricevuto il premio come migliore televisione al mondo che propone pallavolo”.

IL REGGIANO
Oggi Dallari vive in un paese vicino ad Arcore (“non a casa di Berlusconi” ride) ma non rinnega, nemmeno per un secondo la sua reggianità. “Di Reggio mi mancano tanto la simpatia e la comunicabilità dei reggiani – risponde quando gli chiediamo un’opinione sulla nostra città -, mi mancano tanti amici che non posso più frequentare regolarmente, l’aspetto umano della città, le dimensioni piccole... Milano è infatti una città dalle mille difficoltà, nella quale la gente corre sulle scale mobili, una città che non ti concede soste, vive 24 ore al giorno, nei ritmi di lavoro ti logora, ti porta a lavorare tutto il giorno... Ma per alcune professioni, tra cui la mia, è anche la città migliore in Italia”.
Reggio Emilia o Milano, quindi? “Quando sono all’estero dico a tutti che sono reggianissimo – replica immediatamente – proprio perché qui sono a casa mia. La difficoltà arriva quando devo spiegare dov’è... In genere rispondo con un classico ‘Una piccola città vicino a Bologna’ o ‘tra Bologna e Milano’. Quando parlo con un appassionato di musica però dico che il mio paese è quello dove c’è ‘Il bar Mario’ del Liga... Sembra strano ma spesso il ‘link’ per parlare di Reggio con chi non la conosce sono i suoi cantanti...”.
Eppure c’è anche qualcosa che al reggiano Dallari non piace della sua città. “Non mi manca questo suo ‘essere un po’ provinciale e un po’ pettegola’. Un difetto che si riflette anche nello sport, dove alcune discipline hanno incontrato molte difficoltà a radicarsi nel territorio. Solo uno sport ha dato continuità alla sua esperienza reggiana ed è il basket. Il resto è stato ondivago, passando da momenti di esaltazione a momenti di disperazione. Pallavolo e calcio sono esempi eclatanti a questo proposito”.

IL PROFESSIONISTA
Della sua professione, Dallari ama tutto. Dalla telecronaca, suo primo e grande amore, agli aspetti organizzativi e manageriali con i quali si è trovato a confrontarsi negli anni. Anni in cui il nostro concittadino ne ha viste davvero di tutti i colori... “Ho fatto più di 1300 telecronache – chiarisce – e qualcuna, nonostante il mio ruolo, me la concedo ancora. Il momento più bello? Di sicuro la Final Four della World League del ’91, in particolar modo la semifinale Italia-Olanda, quando l’Italia perdeva 2 a 0 (e 14 a 10) ma ha rimontato e vinto... Finita la partita, tutto il pubblico del Forum di Assago urlava il mio nome, io non ci volevo credere ma ancora mi emoziona pensarci... S’era creato questo cordone ombelicale che legava la nazionale a me e me a loro...”.
Una carriera fatta di grandi soddisfazioni, dunque, ma anche di episodi divertenti. “Ne ricordo uno in particolare, sempre relativo alla Final Four del ’91, quando – finita la finale con Cuba – stavo per andare a intervistare Velasco. Peccato che non mi accorsi che arrivava da dietro di me Lucchetta che mi vuotò in diretta tv una bottiglia di Gatorade addosso. Feci le interviste inzuppato di Gatorade...”.
Di livello anche i personaggi incontrati da Dallari durante la sua lunga carriera. Tanti nel mondo della pallavolo. “Oggi una persona che esce dal coro come personalità e intelligenza, oltre che essere stato uno dei più grandi pallavolisti di sempre, è Andrea Zorzi – afferma Dallari –, ha profondità e cultura per non dire mai banalità. Si tratta di un ragazzo con cui ho vissuto buone esperienze televisive, tra cui la trasmissione Time Out. È uno che può parlare di tutto, non solo di pallavolo, in maniera attenta. Come allenatore, invece, credo che il migliore oggi sia Daniele Bagnoli”
Insomma una carriera professionale, quella dell’attuale vice direttore di Sky Sport, costellata di esperienza eccezionali e di incontri importanti. Una carriera che è approdata ad un ruolo oggi più organizzativo ma non per questo meno creativo. “Oggi il mio lavoro è di gestire le persone e farle crescere – si descrive – per migliorarle professionalmente e migliorare di conseguenza il prodotto”.

L’UOMO
Di tutto quello che ha fatto, non è necessario uno psicologo per capirlo, Dallari va molto fiero. Soprattutto perché è stata la tenacia e il lavoro, uniti ad una buona dose di talento, a portarlo laddove forse non avrebbe nemmeno pensato di poter arrivare. “Quello che ho fatto, poco o tanto – minimizza – l’ho fatto senza una raccomandazione né politica né di altro tipo. E non ho mai raccomandato nessuno. Ho preso tante persone a lavorare con me ma sempre perché credevo che fossero capaci, mai perché raccomandati. Sono stato avvicinato da qualcuno che mi proponeva ruoli di alto profilo, ma nella politica c’è sempre un ‘Do ut des’ e questo non mi piace”.
A conferma di queste parole, un fatto recente. Dallari era uno dei candidati ‘forti’ per la presidenza Legabasket dopo l’addio del presidente (reggiano pure lui...) Prandi, sostenuto – si diceva allora – dal presidente onorario dello stesso organismo sportivo Walter Veltroni. Bene... il giornalista reggiano ha rifiutato il ruolo, nonostante le prospettive economiche che gli si sarebbero aperte, per non mollare il lavoro che meglio gli riesce e con cui probabilmente meglio convive. “Non ho mai fatto niente per soldi – spiega la sua decisione – anche perché credo abbiano un valore relativo. Ho sempre avuto la fortuna di avere un lavoro che mi dava da vivere e questo mi basta. Sono arrivato a 50 anni con molte rinunce, tra cui quella di veder crescere i figli nella quotidianità. Questi sono i sacrifici che pesano, non altri...”.
Ciononostante Dallari rifarebbe tutto, proprio perché nella professione di giornalista trova ogni giorno stimoli e voglia di crescere ed innovare. “Ai più giovani che iniziano con questa professione – invita – dico ‘osate’ o ‘provateci’. Non è detto che sia la scelta giusta, ma non c’è sensazione peggiore di quella del rammarico per non averci provato. È importante lasciare sfogo alla passione: la fiammella che c’è dentro va alimentata, anche se ti costringe a tante rinunce. Perché? Perché è un lavoro affascinante e sempre diverso. L’amico e collega Rino Tommasi dice sempre ‘siamo pagati per fare quello che ci piace. Di che ci lamentiamo?’. Le responsabilità annichiliscono gli aspetti positivi – è vero – ma questo lavoro è forse l’unico che lascia libero spazio alla fantasia. Se ti viene in mente qualcosa la puoi sempre fare”.
L’ultima domanda la lasciamo ad Eddy, il figlio di Lorenzo che ha assistito al nostro incontro. “Come padre come sei?” la questione non proprio semplicissima... “Premuroso, attento, poco presente ma sempre preoccupato per i miei figli”. Dal sorriso di Eddy, c’è da credergli.
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