Maranesi, coach di Milano, tra attualità e nostalgia

di Adelio Pistelli

22/11/2014

Marco MaranesiMarco Maranesi
Marco Maranesi
La classifica è impietosa ma, probabilmente, a Milano, recriminano solo per la sconfitta di Molfetta. Era la prima in A1, in assoluto, della neo promossa formazione lombarda e, forse, se quella trasferta al Sud fosse finita in maniera diversa, avrebbe agevolato il successivo pesantissimo calendario del team allenato da Marco Maranesi. E così la sfida di domani a Padova, diventa adesso più delicata e difficile perché è sfida alla pari dopo ultime gare contro avversari inavvicinabili.
"La qualità principale del team veneto - spiega l'allenatore di Milano - è il sistema di gioco solido e collaudato: non a caso, sei giocatori su sette erano insieme anche nella scorsa stagione in A2. L'altra faccia della medaglia è però l'inesperienza in questa categoria sulla quale dovremo puntare. E' vero, ci portiamo dietro il carico psicologico delle cinque sconfitte subite, ma Padova è occasione troppo importante".
Maranesi e l'attualità, dunque. Ma dietro la sfida di domani, dietro quelle che verranno sono anche nascoste filosofia e nostalgia che sono le vere compagne di viaggio del tecnico lombardo. Un allenatore che stima Velasco, che preferirebbe insegnare volley, piuttosto che allenare al volley e, che sta viaggiando nei meandri della Superlega con tanta curiosità. "Come la squadra - ricorda - anche per me è la prima volta. Sì, sono curioso e felice. Dopo oltre venticinque anni su panchine di seconda fascia, potermi confrontare con colleghi esperti ed importanti è qualcosa di speciale".
Le parole del tecnico di Milano sono avamposti di un viaggio nel pianeta pallavolo da parte di un sognatore. Come Maranesi si definisce. "Ho la sensazione, affrontando questo o quel problema volley, di essere fuori dal mio posto. Considerato che sono appena arrivato ai grandi livelli quello che sto per dire può dare fastidio ma il concetto lo esprimo lo stesso: nel nostro sport ci sarà una vera svolta se si tornerà ai grandi insegnanti di pallavolo".
Questo cinquantenne (compleanno lo scorso 8 novembre) fa della pallavolo una missione perché, fondamentalmente, Maranesi, per parte della giornata è lontano da schiacciate e muri. Dal 1993 è titolare, con la moglie Cristina (sposata nello stesso anno), di una palestra a Muggiò, tre chilometri dal PalaDesio. "L’attività primaria che mi regala soddisfazione e da vivere. Perché, lo ripeto spesso anche ai miei giocatori: tutti voi avete un contratto, io no e sono nelle condizioni migliori per gestire la mia esperienza da coach. Ed il presidente sa bene che, se domani non dovesse più apprezzare il mio lavoro, per l’addio basterà una telefonata e, amici come prima. Vivo in un altro mondo? Forse, chissà ma la sera, quando torno a casa, ai miei figli Valeria (17 anni,ndr) a Silvia (15) e Daniele (13), posso dire loro: papà perde ma a voi non mancherà mai nulla, a prescindere". Il suo presidente. Carlos Rasores, lo conosce e lo apprezza da oltre dieci anni, da quando gli fece da ‘secondo’ a Concorazzo, in serie B da dove nasce, forse, la favola della nuova Milano di A1. "Ha scommesso su di me- continua Maranesi -, lasciandomi guidare la squadra anche nel torneo più delicato e difficile. Conosce il modo di fare volley, la mia passione, la determinazione. Sa che mi prenderò sempre le mie responsabilità come ripeto ai miei giocatori. Ai quali, al via del campionato ho sottolineato: non ho bisogno di elemosinare il vostro consenso ma, dovrà essere sempre il contrario". Poi, chiude ribadendo: "La tecnica deve tornare a fare la differenza, con l’obiettivo di poter sempre migliorare un giocatore attraverso l’insegnamento, il cardine di una qualsiasi esperienza sportiva".
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