Natasa Osmokrovic a tu per tu con Pedullà

di Luciano Pedullà

15/03/2012

Osmokrovic Osmokrovic
Osmokrovic
Raccontare di Osmokrovic è facile per chi l’ha allenata per circa quattro anni. Grandissima atleta e giocatrice, ma soprattutto grandissima persona e professionista, con notevole attaccamento alla squadra, alla maglia e al lavoro. Diventa difficile ricordare un allenamento nel quale Natasa non ha reso al massimo e ancora più complicato pensare ad una partita dove la schiacciatrice croata non sia stata protagonista. Le lacrime che l’hanno accompagnata dopo l’ultima sua esibizione in Italia con Novara, l’affetto verso i tifosi, compagne, staff e società hanno sicuramente lasciato un segno particolare alle persone che le sono state vicine e che possono solamente volerle bene. Per questo motivo, dopo averla vista impegnata con il Rabita Baku nel quarto di finale di Champions League, ho pensato interessante chiederle un’intervista che vi ripropongo come lei stessa me l’ha inviata, ringraziandola per la grossa disponibilità dimostrata anche in questa occasione.
Come ti trovi pallavolisticamente e personalmente a Baku? "Mi trovo bene, la mia società ci garantisce condizioni di lavoro ottime, abbiamo la nostra palestra per l’allenamento all’interno della quale si trova anche la sala pesi solo per la nostra squadra, in tal modo lo staff può programmare liberamente l’attività. Ci stiamo allenando molto e non abbiamo tanto tempo libero, così la città di Baku non e stata completamente scoperta da parte mia, la cultura della vita è diversa e c’è voluto del tempo per abituarsi, ma ora la mia organizzazione personale è migliorata. La gente e gentile e curiosa, la pallavolo femminile è molto famosa e per questo motivo ci viene riservato un trattamento speciale. La città è in continua evoluzione con nuove costruzioni e un giorno sicuramente diventerà una delle più belle zone dell’est Europa e dell’Asia. Tu hai giocato in Giappone, Brasile, Turchia, Azerbaijan e in Croazia naturalmente, che differenza c’è tra i vari campionati? Ho giocato in tanti campionati differenti e posso dire che ogni paese ha un proprio modo di concepire la pallavolo, ovviamente dipende dall’allenatore e dalle compagne, ma mi hanno dato una grande esperienza con la quale continuo a giocare con tanto piacere nonostante il grande sacrificio".
Qual è la differenza tra gli stili di vita nei vari paesi? "La risposta a questa domanda per me è molto profonda. Tutto dipende dalla cultura e dalla storia del paese, ogni nazione e ogni città sono speciali e di ciascuno potrei scriverne un libro. Mi sono trovata bene in quasi tutte le città, credo che questo dipende dalla gente che ti accoglie favorevolmente, dalla società e logicamente dai successi che ottieni con il team. Ogni luogo ha un posto nel mio cuore, tutte mi ricordano i diversi periodi della mia vita e le cose che ho potuto apprezzare della loro terra".
A Baku hai interamente sulle tue spalle la responsabilità della ricezione, quanto può incidere sul tuo livello di gioco? Giochi anche come schiacciatrice vicino alla palleggiatrice (S1) come ti trovi in questa posizione? "Direi che non solo a Baku avevo questa responsabilità, il mio livello è cresciuto con l’esperienza diretta, in alcuni casi per merito degli allenatori in altri per il fatto che stavo in campo. Questo ruolo mi è sempre piaciuto perche, in un certo modo, mi da un “controllo” sul gioco . Così mi diverto di più, anche se non sempre è facile. Quest’anno parto vicino alla palleggiatrice e direi che è divertente, ma ho dovuto cambiare le impostazioni nella mia testa, attaccare dalla zona 2 non così facile dopo che per tutta la vita l’ho fatto solo da zona 4, ma sono riuscita ad abituarmi anche a questo".
Ze Roberto e Gajic: ci dici le differenze nel lavoro? "Logicamente esistono differenze, hanno le proprie idee che cercano di sviluppare in allenamento; entrambi hanno avuto successo e ne hanno ancora, e a ognuno di loro piace lavorare tanto. La cosa che hanno in comune è che vogliono avvicinare la pallavolo femminile a quella maschile. E’ stato un onore averli avuti in palestra perché sono due grandi tecnici. In queste stagioni ho fatto un’esperienza che mi ha migliorato come giocatrice e non solo, tutti gli allenatori che ho avuto mi hanno dato qualche piccola cosa che con il tempo mi ha reso più completa in tutti i sensi; se posso prendo l’occasione per ringraziarli e con loro anche tutti quelli che si ricordano di me". Quale ritieni sia stata la stagione più bella ed emozionante della tua carriera? "E’ difficile rispondere a questa domanda, magari perché ho disputato tante stagioni e tutte sono state piene di emozioni diverse e per motivi differenti. Una delle vittorie che più mi sta vicino al cuore è quella delle finali agli ultimi Mondiali per Club a Doha, mi sono divertita alla grande (in quell’occasione vinse Mondiale e il premio come MVP)". Segui ancora la pallavolo italiana e come ritieni l’attuale livello? "Purtroppo non seguo più tanto la pallavolo italiana, per via dei vari impegni che ho nella vita, ma la ricordo con tanto piacere. Credo che il livello sia cambiato perché ci sono tante giovani che devono ancora lavorare molto, ma anche perché alcune giocatrici sono andate a giocare all’estero. Penso che il motivo del cambiamento possa anche essere dipeso dalla situazione economica generale dell’Italia. Però è bello che nel vostro paese si ami ancora la pallavolo femminile e sicuramente ci sono le condizioni affinché il livello possa rimanere sempre alto. Io non credo che tornerò a giocare in Italia, però posso dire che qui ho trascorso i miei migliori anni di pallavolo e per questo ne sono felice". Quali sono gli obiettivi sportivi che ancora ti poni nella tua carriera? "I miei obiettivi sportivi sono sempre stati alti e voglio mantenerli tali fino alla fine della mia carriera. Io vivo ogni mia stagione al massimo del successo, cercando di vincere tutto e sempre, dalle partite amichevoli sino alle finali della Champions League anche se non sempre è successo come desideravo. Non credo che un giorno rimarrò nell’ambiente dove ho passato tanti anni, per questo una volta che ho finito di giocare, mi piacerebbe imparare a fare qualcosa di diverso. Ma, mai dire mai …".
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