Novanta minuti alla fine

di Simone Serafini

31/03/2012

Novanta minuti alla fine
Faticosamente tornati alla normalità, il fine settimana di fine marzo ci regala la fine della stagione regolare. I giornalisti seri di calcio direbbero che mancano novanta minuti alla fine. La giornata finale prima degli “strani” playoff di quest’anno deciderà moltissimo. Innanzi tutto in coda. Padova, che sembrava spacciatissima, domenica si è meritata, andando a battere San Giustino sul suo campo, un’altra possibilità. E ora sulla carta è quella che ha l’impegno più “facile”, in casa contro una Roma salva che non ha da chiedere nulla a quest’ultima partita di regular season. Verona invece va a Macerata e San Giustino a Piacenza, sulla carta trasferte proibitive. Ma siccome la carta non è il campo, tutti i discorsi che si possono fare a novanta minuti dalla fine sono inutili. Le classiche chiacchiere da bar. Quello demotivato, quell’altro vince facile, quell’altro ancora eccetera…Potrei suffragare questa mia convinzione con mille esempi. Chi ha giocato a qualunque sport a livello agonistico può confermarlo. Quante volte ho messo i bastoni tra le ruote di chi si stava giocando qualcosa di importante per la stagione, e quante volte li hanno messi a me chi invece, apparentemente, non aveva nulla da chiedere. Perché deve nascere qualcuno che entra in campo per non vincere. Perché quando sei in campo, l’arbitro fischia l’inizio del match, il resto del mondo è fuori. Lontano. Appannato, sfumato. Ci sono solo un pallone, la rete, un quadrato da difendere, uno da assaltare, cinque giocatori con la tua stessa maglia, sei dall’altra parte con altri colori. E basta. Che sia la finale scudetto o un’amichevole contro una Prima Divisione. Insegui un pallone, cerchi di non farlo cadere, di tenerlo vivo in aria. Il resto, appena l’arbitro fischia, non esiste.
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