Ritorno al futuro

di Luciano Pedullà

19/11/2010

Luciano PedullàLuciano Pedullà
Luciano Pedullà
Ci apprestiamo a vivere la sesta giornata di campionato di A2, l’ultima da principale protagonista prima che, Domenica 28 p.v. inizi la serie A1. Se escludiamo la trasferta di Parma a Giaveno, contro la squadra torinese in salute e che si vuole attestare quale outsider del torneo, sarà un turno senza grande pathos. Questa situazione mi da modo di aprire una finestra sulle polemiche che sono nate dopo il quinto posto mondiale, della squadra seniores femminile, meritato, non deludente per il nostro movimento, ma, sicuramente, non soddisfacente per chi ha lavorato tutta l’estate con obbiettivo medaglia. Si è parlato, da più fonti, delle prospettive di un gruppo che ha mostrato poche forze fresche per il futuro: Europei in Italia nel 2011, nel 2012 Olimpiadi e prima le relative qualificazioni, prossimi mondiali nel nostro paese. E’ un susseguirsi di eventi che sembra non voler dare tregua all’attività e alla programmazione del tecnico della Nazionale. Massimo ha correttamente spiegato che, a suo modo di vedere, non ci sono giocatrici “giovani o esperte. Esistono giocatrici più o meno forti”; penso che questo sia proprio il nocciolo della questione! Il movimento di base femminile non produce più giocatrici che possano inserirsi facilmente in campionati di serie A, oppure, le società, nei campionati di massima serie, non hanno il coraggio di fare delle scelte in tal senso. Manca programmazione, dalla testa alla coda: la Federazione concede un’attività estiva di qualificazione alla squadra cadette di soli trenta o quaranta giorni; i club, finito il campionato, abbandonano l’attività con le giocatrici, affidando al beach o al green volley ed ai Camp la possibilità di qualificazione tecnica, in un periodo nel quale le giovani potrebbero dedicarsi anima e corpo alla pallavolo Mancano tecnici che conoscano la tecnica di base e abbiano voglia di rimanere in palestra, tanto tempo, per insegnare gli elementi più noiosi della pallavolo, il bagher, la difesa, la ricezione, i fondamentali degli umili, ma che hanno fatto acquisire qualità ed espressione di gioco alle azzurre che, ancora nel mondiale recentemente concluso, hanno fatto vedere che, nelle tecniche di seconda linea, siamo tra le primissime scuole al mondo. Le giovani ci sono, hanno voglia di imparare, di realizzare se stesse con un’attività sana, bella e spettacolare; vogliono essere protagoniste per quello che sono e non perché vogliono apparire; molte volte però ci si scontra con l’indisponibilità delle famiglie, delle società e, a volte, degli stessi tecnici. Tre anni fa, a margine di un convegni sull’attività giovanile a Volley Land, proposi un Club Italia rinnovato, una scuola di pallavolo che fosse per i tecnici, non per le giocatrici, che facessero apprendistato per conoscere metodo, tecnica e didattica, che possono essere imparate, soprattutto, quando si rimane per tanto tempo a lavorare insieme a grandi allenatori (io ho avuto grandissimi maestri), portando alla base non il prodotto già finito, la giocatrice, ma lo specialista che lo prepara: l’allenatore. In un periodo in cui si parla tanto di investire sulla ricerca e sul futuro del nostro paese, io lancio la mia proposta: investiamo sui giovani tecnici, le giocatrici giovani ci sono e sono pronte per lavorare in palestra.
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