Trento, ovvero la perfezione

di Adelio Pistelli

16/05/2011

Trento, ovvero la perfezione
La legge dei grandi numeri? No. Semplicemente una sfida che non c'è stata. Trento padrone, mattatore, imperioso nella sua cattiva determinazione di arrivare dove Cuneo gli aveva vietato di arrivare negli ultimi dodici mesi. Giù il cappello a un team che ha sfiorato la perfezione per come ha iniziato, portato avanti e concluso il match delle tante rivincite. Dopo tre sconfitte consecutive in altrettante manifestazioni, è scattata la legge dei grandi numeri? No, in questo particolare occasione la ferrea regola matematica che prevede un cambio di rotta dopo tanta continuità negativa, va lasciata tranquillamente in archivio. Stavolta è l'eccezione che conferma la regola: solo meriti costruiti sul campo, solo applausi a chi ha stravolto ogni amarcord, prendendosi uno scudetto ricco di meriti, maturato proprio negli ultimi dodici mesi. Senza freni in campionato, la Stoytchev-band ha giornalmente coltivato il grande sogno di ricucirsi il tricolore, il trofeo più importante. A prescindere. Vittoria nel mondo, vittoria in Europa ma lo scudetto ha il suo fascino particolare. Bastava guardare gli occhi, il viso dei nuovi campioni d'Italia per avere conferme di una tesi globalizzata nell'ambiente del grande volley.
"Trento quasi perfetto con testa e muscoli in sinergia per un successo bello, bellissimo". Parole e musica del presidente Diego Mosna mentre intorno i suoi alfieri ripartivano da dove si erano fermati dodici mesi fa. "Noi bravi ma Cuneo non ha giocato". Radostin Stoytchev, il tecnico che (dicono) non abbia tabelle e orario in palestra, chiedendo sempre, a chiunque (magazzinieri compresi) di arrivare sempre oltre il massimo. Bene, questo coach venuto dall'Est, stavolta ha scelto la strada della tranquilla esternazione di una gioia, comunque, senza confini. E si gode il ritrovato trionfo tricolore raccogliendo anche i complimenti del connazionale Nikolov. Già, l'opposto di Cuneo, alla sua ultima passerella con il team piemontese, passa la mano ma dice la sua. "Stavo bene, stavamo bene ma, non abbiamo giocato. Mai entrati in partita e anche ne secondo set non eravamo la vera Cuneo. Mi spiace anche aver visto il nostro tecnico come nascondersi subito dopo la fine del match. Mi spiace ma si vince e si perde insieme". A proposito di Alberto Giuliani: gli sono scese le lacrime naturale conseguenza di situazioni tecniche e psicologiche che negli ultimi tempi hanno minato il lavoro di gruppo. Abbracciando suo figlio, il suo primo tifoso regala pillole di concretezza: "Nessuna fuga, ho parlato con chi mi ha cercato. La partita? Le nostre condizioni erano sotto gli occhi di tutti. Nessuna scusante e onore al merito". Trento uber alles, dunque. Ha lasciato l'impronta, strappando via il tricolore dalle maglie sbiadite di un avversario che ha perso, forse, prima di andare sottorete. Ha dettato le condizioni, infierendo senza soluzione di continuità su una squadra che non era più squadra. La gente si è divertita comunque; dal parterre sino all'ultimo anello del PalaLottomatica, nessuno ha perso un solo pallone di una sfida che, però, non c'è mai stata. Sì, le circa novemilacinquecento persone avrebbero meritato una partita vera. Chi era al palasport però sa con chi prendersela: colpa di Trento. Ha concesso un'oretta di passerella assoluta e poi via a festeggiare insieme ai circa millecinquecento tifosi arrivati dal Trentino. E festeggiavano anche quelli di Cuneo, consapevoli di una serata senza storia che non cancella i successi in Supercoppa e Coppa Italia (contro Trento). Però chi urlava ancora e comunque "Il cielo è sempre più blu", come succedeva dodici mesi fa a Bologna, sa bene che il passato non conta. E' tempo di guardare al futuro. Il presente è di nuovo a Trento, tornato padrone nella città Eterna.
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