Vincenzo Di Pinto e la panchina che non c'è

di Adelio Pistelli

14/11/2009

Vincenzo Di PintoVincenzo Di Pinto
Vincenzo Di Pinto
Ha aperto recentemente il terzo Bed&Breakfast. Insomma, fa l’imprenditore. Almeno per il momento. Vincenzo Di Pinto, da Turi (Bari), dove è nato cinquantuno anni fa, solo qualche mese fa era sulla panchina di A1 del Perugia, adesso (a Gioia del Colle) passa da un locale all’altro per spiegare ai suoi continui clienti il perché di questa personale metamorfosi professionale. "Sono indaffarato. Non credevo davvero di essere tanto coinvolto ma, sono contento. Sono molto impegnato, mi sento un imprenditore gratificato e, del resto, mi riesce bene considerato che ho da sempre l’abitudine e la capacità ad organizzare nel mio mondo. Sì, perché ero e resto uomo-volley e non credo non valga la pena ricordarlo anche se momentaneamente suono lontano da una rete da pallavolo".
Già, al via il nuovo campionato non ha ritrovato chi, da più di ventanni, ha allenato ai primi livelli e a più riprese, soprattutto lungo la fascia Adriatica (Castellana Grotte, Gioia del Colle, Macerata, Taranto). Però
Vincenzo Di Pinto, ha una sua idea del perché è diventato, magari temporaneamente, un imprenditore. "Ormai si va avanti solo per raccomandazione e per immagine, non si guarda quasi più a chi ha esperienza ed effettiva capacità, ovvero le naturali conseguenze di anni e anni di panchina".
E non allenare le manca, vero?
"Assolutamente sì. Manca l’abitudine a programmare, costruire gente e, per uno come me sempre impegnato in una palestra, è dura. Mi dispiace non poter preparare e sviluppare un progetto vincente, da sempre il mio obiettivo come quello che volevo portare avanti a Perugia dopo l’ultima stagione sicuramente molto positiva per la società umbra".
Dove invece non è stato riconfermato
"Sono troppo bravo, dove vado vinco: forse a Perugia non volevano vincere e mi hanno messo da parte. Scherzo, ma sicuramente sulla mia uscita di scena ci sono stati soprattutto motivi aziendali. Volevano e dovevano fare altre scelte. Una decisione che mi ha amareggiato, ovviamente. In questi ultimi tempi però mi
sono arrivate delle telefonate, anche da oltre Oceano e, non so cosa succederà ma so che tornerò presto. Ho voglia andare in palestra, anche per lavorare su un bel progetto e magari scoprire qualche giovane".

A proposito: come vede la nuova generazione del volley?
"Siamo messi male, paghiamo le poche idee di partenza, i modesti concetti tecnici da sviluppare. Vero, adesso c’è Blu College, una iniziativa federale molto valida ma è troppo poco sperando poi che abbia continuità. Intanto però, a braccetto di questa novità, sarebbe necessario tornare concretamente nelle scuole e andare alla ricerca di talenti con maggiore attenzione lungo tutta la Penisola. S’è perso tempo prezioso, conseguenza del ridotto lavoro di veri tecnici, quelli che lo hanno sempre fatto per professione quindi più preparati, al contrario di chi ieri sera giocava e la mattina successiva lo vedi allenare".
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